Perché la galassia a sinistra del Pd è invotabile

Invece di cogliere il nuovo impegno civile che si respira, la gauche fa di ogni pensierino un partito ponendo condizioni al Pd di Zingaretti. Mondi che si credono rivoluzionari ma che sono condannati allo zero virgola.

PEPPINO CALDAROLA, 14.3.2019 www.lettera43.it

A sinistra del Pd continua la proliferazione di partiti che si considerano “centro di gravità permanente” di una nuova sinistra. Per tanti aspetti si tratta di partiti e personaggi commoventi. A me ricordano la mia infanzia politica sia quella che precedette il 68 sia quella che proseguì dopo il grande moto giovanile. Eravamo nel pieno di un tumulto che investì non solo le strutture reali della società ma soprattutto i modi di pensare, il rapporto fra le persone, molti diritti, il sogno di un cambiamento radicale.

IL RISVEGLIO DELLE NUOVE GENERAZIONI

Nei nostri giorni si sente, come avvertiva giorni fa Carlin Petrini, un risveglio in molta parte delle giovani generazioni. La ripulsa della xenofobia, la partecipazione a manifestazioni antifasciste, soprattutto lo sciopero mondiale sul clima di venerdì 15 marzo sono segnali che vengono da generazioni che non vogliono stare più ferme. Guai per i partiti di sinistra che restano ancorati ai propri temi, alle proprie risse, alle proprie nomenklature. Guai ancora più seri per quella destra sovranista e populista che si è considerata padrona del campo e che scoprirà (i cinque stelle sono già nel pieno della crisi, ora toccherà a Matteo Salvini), che il mondo non andrà inesorabilmente a destra e soprattutto non sarà risospinto verso vecchie ideologie reazionarie.

Una sinistra che abbia rispetto di sé dovrebbe cogliere questo mutare del clima civile in primo luogo accantonando l’antica abitudine di fare di ogni “pensierino” un partito. La banalità con cui i leader fanno appelli unitari trincerando il campetto in cui si sono chiusi è angosciante. E ogni gruppo dà lezioni all’altro e tutti pongono condizioni al partito maggiore che oggi ha con Nicola Zingaretti una direzione inclusiva e per nulla affascinata da revival liberisti.

Ciascun gruppo passa il tempo a demonizzare l’altro dimenticando il verso della “canzonaccia” di Ivan Della Mea che, già prima del 68, diceva: «Dare etichette è sempre da coglioni». Invece la lettura dei quotidiani fornisce di tanto in tanto le prove dell’esistenza, si fa per dire, di nuove aggregazioni. Mi è capitato di leggere oggi che dal fallimento di LeU e di Articolo 1 sono nati gli auto-convocati guidati dall’onorevole Francesco Laforgia, brava persona, del tutto ignota alle masse che dovrebbe dirigere.

PICCOLI MONDI DI SINISTRA CHE VALGONO LO ZERO VIRGOLA

Noi post sessantottini eravamo buffi quando, figli della borghesia urbana, ci proclamavamo, spesso dietro le bandiere di partiti e gruppi marxisti-leninisti avanguardia del proletariato e guida degli operai in lotta. I nostri eredi di oggi, immemori di quelle nostre cialtronerie e anche dei drammi che alcune di quelle cialtronerie provocarono lasciando spazio a illusioni armate, oggi ripropongono la stessa presunzione politica. Lo fanno in nome della identità perduta, mimando parole e gesti di movimenti e partiti che vivono una stagione di successi nel mondo britannico e americano e lo fanno con dispute violentissime e senza mai dare vita a una sola iniziativa che si svolga, scusate il linguaggio antico, “fra le masse”. Questi piccoli mondi di sinistra valgono ciascuno intorno all’1%, più spesso hanno lo 0 davanti alla virgola e forse qualche gruppo riuscirà a prendere un decimale più degli altri. Ma saranno sempre, più che rivoluzionari che guardano all’avvenire, una vera compagnia di sfigati invotabili.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata