Rdc e quota 100, fallimento annunciato

Solo 470 mila nuovi posti di lavoro a fronte di quasi 1,8 milioni di aspiranti lavoratori beneficiari del reddito di cittadinanza, ai quali andranno retribuzioni più basse della media. E i nuovi occupati serviranno a coprire i posti rimasti vacanti per effetto dei pensionamenti anticipati con Quota 100

di Michele Damiani 10.4.2019 www.italiaoggi.it

Solo 470 mila nuovi posti di lavoro a fronte di quasi 1,8 milioni di aspiranti lavoratori beneficiari del reddito di cittadinanza, ai quali andranno peraltro retribuzioni più basse della media. E i nuovi occupati serviranno a coprire i posti rimasti vacanti per effetto dei pensionamenti anticipati con Quota 100. A certificare gli (scarsi) effetti delle due misure bandiera del governo Lega-M5S sul mercato del lavoro e sull'occupazione è la bozza del Documento di economia e finanza (Def), il cui esame avrà inizio oggi in consiglio dei ministri.

Un capitolo del Def è dedicato proprio all'impatto macroeconomico delle misure presenti nel dl 4/2019 (reddito di cittadinanza e quota 100). Riportando le stime dell'Istat, il governo afferma come il numero di percettori del reddito e della pensione di cittadinanza ammonterebbe a 2 milioni e 706 mila individui, di cui 1 milione e 791 mila in età lavorativa. Tra questi, il 57% (poco più di un milione) sarebbe occupato. A fronte di questi numeri, però, viene stimato un aumento delle forze di lavoro riconducibile all'Rdc di 470 mila unità, all'incirca la metà dei percettori non occupati. Non solo. Il Documento sottolinea che «un aumento esogeno della partecipazione al mercato del lavoro induce, di norma, un incremento del tasso di disoccupazione e una riduzione delle retribuzioni medie», come confermato dalle proiezioni per i prossimi tre anni. Nell'elaborazione delle stime, viene utilizzato il modello Item (il modello ecometrico del Mef). Per i primi due anni gli stipendi sono impostati come fissi. Al terzo anno sono lasciati liberi e l'effetto è una diminuzione rispetto ai livelli originari. «La riduzione si verifica nonostante il provvedimento abbia fissato una soglia minima di retribuzione, pari a 858 euro, affinché una proposta di lavoro sia da ritenere congrua». La soluzione del governo è una speranza: «È auspicabile che, nel medio-lungo periodo, l'effetto delle politiche attive nella forma di una maggiore offerta di formazione, possa agire sulle retribuzioni portandole al di sopra dei livelli dello scenario di base».

In merito a quota 100, il tasso di sostituzione annunciato si scontra con i numeri scritti nel Def. Nel Documento viene stimata una riduzione dell'occupazione rispetto allo scenario di base di 0,3 punti percentuali nel 2019, di 0,5 nel 2020, di 0,4 nel 2021 e di 0,3 nel 2022. Per il 2019 è previsto un tasso di sostituzione del 35%, dato che la misura sarà pienamente operativa solo nel quarto trimestre. Negli anni successivi, l'incidenza del turnover risulterebbe compresa tra il 70 e l'80%, comunque di gran lunga inferiore ai tassi dichiarati via via dal governo (dagli iniziali tre assunti per pensionato all'ultimo più cauto tasso di un ingresso ogni uscita). Anche in questo caso ci si affida alla buona sorte: «è ragionevole ipotizzare», si legge nel Def, «che gli effetti del provvedimento relativo all'introduzione del reddito di cittadinanza e alla riforma dei centri per l'impiego determinino un aumento della partecipazione al mercato del lavoro, contribuendo così a colmare i posti di lavoro lasciati vacanti dai pensionamenti anticipati». L'impatto combinato delle due misure provoca un aumento dei livelli di occupazione, ma solo a partire dal 2021; per il 2019 il dl 4/2019 porterà a una riduzione del tasso di occupazione dello 0,2%, così come nel 2020. Il cambio di tendenza si avrà nel 2021, con un aumento dello 0,3%, confermato poi nel 2022, dove l'aumento dovrebbe essere dello 0,8%. Le due misure, infine, avranno un costo crescente nei prossimi anni, impiegando i governi a rifinanziarle ad ogni legge di bilancio. Per il reddito, nelle stime elaborate dal Ministero presieduto da Giovanni Tria, sono previsti costi per 7,1 mld nel 2019, 8,06 mld nel 2020, 8,32 per il 2021 e per gli anni successivi. Con quota 100, invece, si avrà un aggravio per le casse pubbliche di 3,78 mld per il 2019, di 7,86 mld nel 2020, di 8,4 mld nel 2021 e di 7,94 mld nel 2022.

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