Lettera aperta a Berlusconi: molla al più presto Salvini

Il rischio che sta correndo il nostro Paese è il populismo. Ma il rimedio non è un centrodestra guidato dal leader della Lega. Lui non c'entra nulla né con la tua storia né con il futuro dell'Italia.

GIANFRANCO ROTONDI 12.4.2019 www.lettera43.it

Caro presidente Berlusconi, Forza Italia ha 25 anni, la metà del ciclo democristiano, con tanti saluti ai colleghi Dc che nel 1994 Ti presentarono come una meteora destinata a rapida sparizione.

E l’avventura non è finita, tutt’altro. Magari la balena azzurra ha bisogno di soccorso, eventi imprevisti la spingono in acque basse, e le balene, quella bianca e quella azzurra, vogliono acque alte e mare largo. Sei stato il continuatore della Democrazia cristiana, caro Silvio, nel bene e nel male, Ti piaccia o no. Il più acuto dei democristiani, Cirino Pomicino, esaltandone la pluralità di offerte, definì la Dc «un supermercato». Coerentemente a sostituirla fu il padrone della Standa: hai allestito per 25 anni un supermercato dove gli italiani hanno trovato di tutto, destra e sinistra, moderati e anarchici, dorotei e teste calde. Proprio come la Dc.

Noi abbiamo pianto con Te in Puglia davanti alle salme dei migranti, Salvini ci ha edificato sopra un impero elettorale

Con noi democristiani festeggerai le nozze d’argento l’anno venturo, a 25 anni dalla scelta del Ppi di Rocco Buttiglione di affiancarTi nell’avventura. Dici sempre che sono l’unico dc da allora sempre rimasto al Tuo fianco. Ne sono orgoglioso, e proprio per questo ho un dovere di lealtà e sincerità. Ti segnalo oggi un rischio e un’opportunità per Fi e per il Paese. Il rischio è il populismo, e lo denunci Tu ogni giorno. Ma il rimedio non è un centrodestra guidato da Matteo Salvini, perché la nuova Lega del disegno populista è cuore e motore. Salvini è un politico intelligente e una persona perbene. Ma costruisce il consenso su parole d’ordine che non sono le nostre. Noi siamo popolari, lui populista. Noi siamo una forza nazionale, lui è diventato nazionalista. Noi abbiamo pianto con Te in Puglia davanti alle salme dei migranti, lui ci ha edificato sopra un impero elettorale. Noi siamo laici e rispettosi del magistero della Chiesa, lui vagheggia - nel personale viaggio da Pontida a Verona - un cattolicesimo alternativo, incarnando quasi una versione italiana dell’arcivescovo di Canterbury.

Tu a suo tempo hai scelto il Ppe, e Ti prepari a essere il membro più eminente e autorevole del prossimo parlamento europeo: nessuno in quel consesso avrà alle spalle il Tuo corso di onori, la Tua proiezione internazionale. Io Ti chiedo di conquistare una medaglia in più in questa campagna elettorale: il Ppe gioca in Italia la partita più difficile, perché qui l’avversario sovranista abita al governo. Il confine tra Europa e barbarie è qui, e lo puoi difendere solo Tu. Le armi per vincere sono la cultura popolare, le radici cristiane di questo Paese, il senso della solidarietà, la mitezza come identità e il dialogo come metodo, insomma quell’insieme di valori positivi che Ti hanno fatto dire un giorno che «l’amore vince sempre sull’odio». Basta rincorrere Salvini a destra. Basta invocare un centrodestra che non c’è più. Vuoi essere il regista del futuro, o il custode di un passato che peraltro il Tuo alleato ogni giorno rifiuta e denigra? Il futuro è popolare, in una autonomia né superba né velleitaria, ma doverosa e affascinante. So che è più facile rifugiarsi nelle categorie del passato, e lì coltivare qualche comodità utile a tutti, anche a me. Ma talvolta è più forte il gusto della novità e della sfida. E Tu sei ancora il più ‘nuovo’ tra di noi. Un giorno chiesi a Giulio Andreotti cosa fosse la vecchiaia e lui mi rispose: «È quando preferisci una strada sbagliata che conosci, a una giusta che non hai ancora percorso». Buona giovinezza, Presidente, per Te può ricominciare adesso.

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