Il sindaco è diventato un lavoro per ricchi e pensionati

Ovunque, in Italia, sono diminuiti gli aspiranti consiglieri e primi cittadini L’analisi del presidente di Anci Veneto, Maria Rosa Pavanello, sulla fuga dei candidati.

di Filippo Merli 15.6.2019 www.italiaoggi,it

«Candidarsi conviene ai pensionati o ai ricchi di famiglia. I sindaci, compresi quelli dei capoluoghi, hanno indennità ridicole per la mole di responsabilità che si assumono»

Roba da ricchi. «Candidarsi conviene ai pensionati o ai ricchi di famiglia. I sindaci, compresi quelli dei capoluoghi, hanno indennità ridicole per la mole di responsabilità che si assumono». Maria Rosa Pavanello conosce il mestiere dell'amministratore. Dal 2012, col Pd, è sindaco di Mirano, un centro di oltre 27 mila abitanti in provincia di Venezia. E dal 2014 è presidente della sezione veneta dell'Anci, l'Associazione nazionale dei comuni italiani. Pavanello, 50 anni, ha assistito alla fuga dei candidati a sindaco e al dimezzamento delle liste per le elezioni comunali in Veneto e nel resto d'Italia. Non è la solita storia della disaffezione dalla politica. Secondo Pavanello, i motivi del calo di aspiranti cittadini e consiglieri comunali sono altri. Più pratici.

«In molti Comuni, come Bassano, dove un tempo si candidavano in sette, ora si candidano in tre», ha spiegato il responsabile dell'Anci veneta. «In diverse realtà c'era un candidato soltanto e, più in generale, ci sono sempre meno liste, allestite con fatica. L'impegno nei Comuni, sotto tanti aspetti, è molto penalizzante. Lo Spazzacorrotti impedisce a chi diventa consigliere di continuare a fare associazionismo, dallo sport alla parrocchia. Un avvocato o un architetto che diventa assessore deve congelare la sua attività, perché entrando in giunta si finisce in un ginepraio di conflitti d'interesse, specie nei settori dell'edilizia e dell'urbanistica. A chi conviene lasciare l'azienda per stare tutto il giorno in municipio?».

C'è chi, come il 91enne Ciriaco De Mita, con alle spalle una carriera politica iniziata nel 1956 con la Dc, è stato rieletto sindaco di Nusco, in provincia di Avellino. Dalle parti di Bergamo, invece, c'è Michele Schiavi, 20 anni, che ha vinto le elezioni di Onore con Fratelli d'Italia ed è diventato il primo cittadino più giovane del nostro paese. Eccezioni. Fuori dai confini veneti e dentro quelli lombardi, a Brescia, rispetto al 2014, i candidati a sindaco alle amministrative dello scorso 26 maggio erano 80 in meno. Con 23 Comuni nei quali si è presentata una sola lista. Un piccolo record che non stupisce Pavanello. «L'attenzione si è spostata dalle idee alla tivù», ha sottolineato il sindaco di Mirano. «I partiti sfruttano l'effetto trascinamento dei leader. Ma che ne sa il leader dei problemi di un comune di 5 mila abitanti?».

Poi c'è la questione legata alla burocrazia. «So di Comuni in cui la paura di mettere una sigla nel posto sbagliato ha bloccato tutto», ha detto ancora Pavanello al Corriere del Veneto. «Spesso sono i dirigenti che si rifiutano di firmare e così i sindaci sono costretti ad assumersi ulteriori responsabilità in prima persona. Accade, per esempio, con le manifestazioni, che dopo i fatti di piazza San Carlo a Torino sono sottoposte a vincoli rigidissimi. L'alternativa? Stop a sagre e feste». Quel che porta avanti i sindaci, secondo Pavanello, è la «passione, che vale il sacrifico». Ma non certo l'aspirazione per una brillante carriera politica. «È una vox populi. Non è così. Basta dare un'occhiata alle liste per le politiche per vedere quanti ex sindaci si trovano».

© Riproduzione riservata

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata