Settis, Montanari, i 5 stelle e i danni alla Cultura della setta passatista

All’arte sono sfascisti! Guai del ministro a sua insaputa Bonisoli

di Maurizio Crippa 15 Giugno 2019    www.ilfoglio.it              

All’arte sono sfascisti! Se la piantasse di occuparsi, a parole, del ritorno del fascismo e di stare a scrutare i balconi alla ricerca di segnali inquietanti, l’opposizione politica (e culturale) di questo paese dovrebbe occuparsi della marcia sul Collegio Romano che gli sfascisti e il ministro a sua insaputa dei Beni culturali Alberto Bonisoli stanno conducendo, per disfare una delle poche riforme moderne rimaste in piedi. Quella dei grandi musei detta Franceschini. Delle mire della squadraccia (lui probabilmente nemmeno si rende conto) si è già avuto modo di parlare. Così pure della “riforma della riforma” (chiedetevi il senso) che Bonisoli con un ristrettissimo comitato da lui scelto va preparando da tempo.

Sono note però, da alcuni giorni, le pessime prime scelte del Mibac, che potrebbero essere approvate entro il 30 giugno e hanno lasciato allibiti gli addetti ai lavori, soprattutto a Firenze, prima città martire della controriforma. Quattro musei e parchi autonomi, se Bonisoli non farà dietrofront, potrebbero perdere lo status di autonomia conferitogli dalla legge Franceschini e tornare alle dipendenze dei soprintendenti. Il perché, e il vantaggio, sono ignoti. Ma la possibilità del downgrade è reale per il Parco dell’Appia antica, il Museo etrusco di Villa Giulia, il Parco del Castello di Miramare a Trieste e le Gallerie dell’Accademia a Firenze, un gioiello che ha preso a funzionare come una fuoriserie con la direzione di Cecile Hollberg (più 22 per cento di visitatori), la quale continuerebbe volentieri il suo lavoro, ma non verrà confermata in autunno. Lo stesso rischio corrono molti suoi colleghi – senza che ancora siano chiari i criteri di scelta, e del resto ai quattro “perdenti posto” nessuno ha fatto sapere niente. Ancora peggio: una nuova direzione Contratti e concessioni controllerà gli appalti più importanti anche degli altri musei che restano così solo formalmente autonomi, e sarà la famigerata Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio di Gino Famiglietti, il blocca-tutto di fedele osservanza Settis, a decidere.

Il senso di smantellare una riforma perfettibile ma che ha iniziato a produrre ottimi risultati è oscuro. Smontare tutto è un danno, persino economico per un paese che fa dell’arte uno dei suoi punti di forza nel turismo mondiale. Ed è un danno d’immagine, che allontana prestigiosi musei dagli standard di qualità delle grandi istituzioni mondiali. In nome di uno statalismo e di una concezione conservatorista che definire ottusi è poco. Giovedì il guru della setta sovietico-passatista, Salvatore Settis, se l’è presa sul Fatto con i rischi che deriverebbero al settore Beni culturali dall’autonomia regionale chiesta da alcune regioni. Il che è oggettivamente vero: ma Settis non è stato in grado di spiegare in che cosa si differenzi quel progetto di statalismo in piccolo, a misura regionale, dal suo.

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