«Erigere un muro tra magistratura e politica» è l'irrealistica proposta del ministro Bonafede

La riforma del Csm va meditata. Non può certo essere fatta in base ad un polverone

di Domenico Cacopardo,18.6.2019 www.italiaoggi.it

Chi conosce un avvocato, gli chieda la sua opinione sullo scandalo Giustizia che in questi giorni occupa paginate di giornale. Se è un prudente, il legale se ne uscirà con parole evasive ed eviterà di prendere posizione. Se è un imprudente, magari con un considerevole standing professionale, dirà che non c'è da stupirsi perché ciò che è stato rivelato dalle intercettazioni e che è abbastanza normale nella dinamica del potere all'interno della magistratura.

Ed è la «normalità» che si coglie nel leggere le frasi colte nelle conversazioni private tra esponenti del Consiglio superiore della magistratura a stupire gli italiani. Una normalità che indurrebbe a credere che quanto rivelato in questi giorni appartiene alla fisiologia dei rapporti tra esponenti della corporazione, riguardanti gli avanzamenti di carriera, gli incarichi direttivi in ogni distretto giudiziario e la gestione del potere.

Secondo questa visione, quindi, non solo Palamara e soci sarebbero (ed è tutto da dimostrare) «giudici deviati», ma tanti altri e in tante altre occasioni avrebbero operato in modo illegittimo o addirittura illecito nel definire accordi tra componenti il Csm e tra magistrati dello stesso distretto per l'esercizio dell'attività d'istituto.

La medesima introduzione nel telefono di Palamara del virus spia «Trojan horse», cavallo di Troia (un software che si impadronisce nello smartphone, copiando rubrica e dati, registrando le chiamate, gli sms e le chat, attivando la telecamera e accendendo il microfono) sarebbe connessa a un procedimento, acceso nei suoi confronti per presunta corruzione. Infatti, nella legge «Spazzacorrotti», introdotta dal governo giallo-verde e a suo tempo proposta dal ministro Bonafede, l'utilizzabilità del devastante strumento, prevista per i reati di mafia, era stata allargata alle ipotesi di corruzione.

«Erigere un muro tra politica e giustizia» è l'irrealistica proposta di Bonafede che non coglie, pur avendola utilizzata, la natura «politica» (non partitica) dell'attività dei magistrati. «Pubblicare tutto», esortano gli webmaster a 5Stelle, fingendo di dimenticare che, in questo caso, si dovrebbero pubblicare le conversazioni degli avversari di Palamara.

Comunque, non è chiara la ragione della presenza a qualche incontro dell'ex ministro Luca Lotti, e dell'ex viceministro Cosimo Ferri (magistrato in aspettativa per mandato parlamentare). Inopportuna certo, non necessariamente illegale pone una domanda cui qualcuno dovrebbe rispondere: cosa potevano dare i politici al magistrato in cambio di un procuratore della Repubblica amico a Roma?

Da spettatore, da magistrato in pensione, da cittadino, spero solo che il governo (il Parlamento) non legifichi subito, ma, prima di farlo, inviti i magistrati ad esprimere le loro valutazioni e le loro idee su una riforma –necessaria, ma meditata- del Csm. Le correnti (la cui degenerazione si manifestò già negli anni '80 quando fu sbarrato il passo alla nomina di Giovanni Falcone a giudice istruttore di Palermo) dovrebbero trovare una loro collocazione sistematica evitando una sindacalizzazione che, fatalmente, si riflette sulla distribuzione degli incarichi. E dovrebbe immaginarsi un meccanismo di contrasto alle cordate, fenomeno degenerativo tipico di manovre opache e contrarie ai principi di equità e buona amministrazione.

La fretta non è mai una buona consigliera. In questo caso sarebbe una pessima suggeritrice, capace di peggiorare il già critico sistema di autoamministrazione dei giudici. Del che, riprendendo lo stupore degli italiani, non ci si potrebbe più stupire.

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