Meno lagne sull’istruzione

Si risparmia limitando gli interessi corporativi che bloccano il rinnovamento

di Redazione 26.12. 2019 alle 19:17 lettura2’

Commenti 2

A prima vista le dimissioni di Lorenzo Fioramonti, motivate da un mancato incremento dei fondi per la scuola, l’università e la ricerca, appaiono fondate. Sicuramente sarebbe necessario un impegno e un’attenzione maggiore per queste attività, dalle quali dipende in larga misura la preparazione delle nuove generazioni, la loro possibilità di accedere in modo dignitoso al mercato del lavoro. Però è assai limitativo farne soltanto una questione di soldi. Non è vero che l’Italia spende poco, per esempio, in ricerca pubblica, è che spende male, e lo stesso vale per la scuola. Manca un principio educativo basato sulla responsabilità e la misurabilità dei risultati. Per decenni si sono predicate teorie facilistiche, in cui veniva occultata la semplice verità: studiare (e ancor più insegnare) costa fatica e richiede impegno. Basta vedere come si protesta contro ogni meccanismo di verifica dei risultati: i sistemi di valutazione vengono sempre ritenuti incongruenti e punitivi, l’idea che ci possano essere premi al merito è considerato un oltraggio alla dignità della funzione docente.

Naturalmente ci sono anche problemi economici, soprattutto per quel che riguarda l’edilizia scolastica, ma se non si ristabilisce un rapporto serio tra scuola e società produttiva, si gettano soldi in una fornace. È verissimo che scuola, alta istruzione e ricerca sono i motori dello sviluppo, come dice Fioramonti, però esercitano questa fondamentale funzione sociale, economica e civile se sono in connessione con la realtà produttiva e culturale del paese. Se invece restano macchine che girano a vuoto, dominate da interessi corporativi e autoprotettivi, che impediscono il rinnovamento, come è accaduto per decenni, non hanno alcun effetto benefico. Basta constatare quanto sia distante il livello di formazione prodotto dalle esigenze produttive sociali e culturali. Finanziare la continuità conservatrice è un modo per evitare di affrontare il problema di fondo, quello della modernizzazione e della responsabilità. Che anche Fioramonti ha largamente trascurato.

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COMMENTI

albertoxmura

26 Dicembre 2019 - 20:38

È urgente rifinanziare e potenziare il piano straordinario per il reclutamento dei ricercatori a tempo determinato con tenure track, con regole distributive che non danneggino le università de Meridione, le quali hanno urgente.bisogno di giovani altamente qualificati. Tali giovani ci sono, ma mancano le risorse per assumerli. Se poi si vuole rendere attrattiva l'università italiana, si incentivino economicamente i corsi in lingua inglese, con retribuzioni tali da attrarre anche studiosi stranieri di qualità. E si pretenda che chi s'iscrive ai corsi magistrali abbia una reale padronanza dell'inglese da poter studiare usando quella lingua.

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Rispondieleonid

26 Dicembre 2019 - 19:41

Sono pienamente d'accordo ,essendo un ex ricercatore pubblico . La ricerca pubblica spesso e volentieri è fine a se stessa , preoccupandosi più a difendere rendite di posizioni interne alle strutture invece di promuovere collaborazioni col mondo industriale produttivo. Beninteso ciò si può fare se si riesce però a mantenere il segreto industriale sottostante alla ricerca promossa in partnership con il soggetto privato. Va da sé che la ricerca pubblica dovrebbe essere riorganizzata partendo dalle fondamenta.

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