Tragico Di Maio

“Libia , Iran, Libano. Non si capisce nemmeno se abbiamo una posizione”. Parla il generale Bertolini

di Carmelo Caruso 8.1.2020 ilfoglio.it – lettura3’

Roma. “Ho come l’impressione che questo passaggio storico si rivelerà così importante che potrebbe finire per consegnarci un mondo completamente diverso”. Di sicuro, la decisione degli Usa di uccidere il generale iraniano Qassem Suleimani ci ha consegnato un medio oriente stravolto. “E’ chiaro, e anche retorico, dire che nulla sarà come prima. Di fatto, è stata indirizzata all’Iran una dichiarazione di guerra. La sola differenza è il modo in cui è stata recapitata: non più attraverso i diplomatici, ma per mezzo di un drone”. E dunque, mentre parla, Marco Bertolini – primo generale italiano che ha ricoperto il ruolo di capo di Stato Maggiore del comando Isaf in Afghanistan e oggi a riposo – sembra quasi di respirare tutto lo spavento del militare che preferirebbe mai dover intervenire, ma anche tutto il fastidio dell’italiano che non sopporta l’Italia che si fa piccola piccola: “Purtroppo siamo ormai un popolo tutto concentrato a guardare l’ombelico. Il nostro orizzonte non arriva oltre la Libia che ci impensierisce, ma solamente per la paura di un’invasione migratoria o per ragioni tutte economiche. Sia come sia, l’assassinio di Suleimani e la crisi libica ci espongono a conseguenze imprevedibili. E’ una mossa improvvida che costringerà l’Iran, per forza di cose, a reagire e che avrà conseguenze inevitabili anche per il nostro paese” risponde il generale angosciato non solo dalla storia che si muove, ma dall’Italia e dalla sua politica estera immobile e inadeguata: “Se mi chiedete se ritengo adeguata la conduzione della nostra politica estera, rispondo con naturalezza che la ritengo completamente inadeguata”.

Sta dicendo che il nostro ministro degli Esteri è unfit? “Non ho problemi a definire, come me tanti altri osservatori, il ministro Luigi Di Maio il meno adeguato a occupare quello scranno. E’ una mia opinione personale e aggiungo che, in fin dei conti, il problema non è neppure la sua impreparazione quanto l’assenza di una politica estera che si traduce in assenza di una strategia di difesa. In tutti gli scenari internazionali, non si capisce mai da quale parte penda l’Italia. Non sappiamo chi sono i nostri alleati e dunque non sappiamo neppure chi sono i nostri nemici”.

In Libia abbiamo scelto di guardare ad al Serraj, in questo momento sotto attacco, anziché avere una posizione originale e forse discutibile come quella francese che ha invece puntato sul generale Khalifa Haftar. Oggi, per Di Maio, come ha dichiarato in un’intervista, il problema è aver bombardato la Libia. Insomma, guarda il passato perché non sa gestire il presente? “Dire che aver bombardato la Libia è stata una scelta scellerata non aggiunge nulla di nuovo. Anche io lo penso, ma non dico nulla di originale nel ripeterlo. Si è rivelata un’azione contro i nostri interessi. Tagliati fuori dal dibattito sull’intervento, abbiamo fatto peggio subito dopo. Abbiamo chiesto di partecipare e aggregarci all’azione e solo per sederci successivamente al tavolo della spartizione. Aver scelto di sostenere al Serraj ha sicuramente un senso perché i nostri interessi sono nella zona da lui governata, la Tripolitania. È vero, come ha dichiarato Di Maio, che il suo governo è l’unico riconosciuto dall’Onu. Ma forse il vero nodo è proprio questo. Essere succubi delle scelte dell’Onu e non avanzare una posizione autonoma. Dopo la guerra in Libia, potevamo essere protagonisti. Non lo siamo stati. E non lo siamo stati neppure nei Balcani. Pensate al ruolo che abbiamo svolto in quell’area. Alla fine, ad avvantaggiarsene non è stata l’Italia, ma la Germania”.

La posizione attuale, almeno rifacendosi alle dichiarazioni del ministro, è quella di ‘rilanciare il dialogo’, che è un po’ il dire tutto e niente, attendere per non decidere. “Si continua a non capire che non basta la diplomazia. Il problema è militare e non diplomatico. La Libia è divisa in due se non in quattro parti. Bisogna arrivare a una ricomposizione. Scegliere un solo interlocutore. Oggi, e lo ripeto, non saprei rispondere, non saprei dire se l’Italia è con al Serraj o Haftar”. Pensa pure lei, e lo ha suggerito sempre Di Maio, che la nostra presenza militare vada “rimodulata”? “In Libano bisogna rimanere anche per il ruolo importante che i libanesi ci riconoscono. Diverso è il caso dell’Iraq dove si deve rimanere fino a quando ce lo chiedono gli iracheni. La cosa certa è che in politica estera non si può restare ai margini del ‘grande gioco’. Si deve giocare”.

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