Burocrazia e pm d’assalto stanno mandando in rovina i porti italiani

Una raffica di inchieste, avvisi di garanzia e interdizioni si è abbattuta sui vertici delle autorità di sistema portuale

di Ermes Antonucci 12.1. 2020 ilfoglio.it –lettura4

Roma. Lontano dai riflettori e dal clamore mediatico, c’è un settore cruciale per l’economia italiana che è finito da tempo nel mirino della magistratura: è il sistema portuale, che ogni anno movimenta circa 500 milioni di tonnellate di merci e oltre 50 milioni di passeggeri. Da nord a sud, una raffica impressionante di inchieste, avvisi di garanzia e interdizioni si è abbattuta sui vertici delle quindici autorità di sistema portuale (che dal 2016 hanno sostituito le vecchie autorità portuali), rendendo impossibile la vita degli enti.

L’elenco sembra un bollettino di guerra. Il presidente dell’autorità di sistema portuale del Mare Adriatico centro-settentrionale (che gestisce il porto di Ravenna), Daniele Rossi, il segretario generale Paolo Ferrandino e il dirigente tecnico Fabio Maletti sono indagati per inquinamento ambientale in relazione all’affondamento del relitto di una motonave (la Berkan B) in area portuale con fuoriuscita di idrocarburi. La motonave, abbandonata e sotto sequestro dal 2010, è al centro di un complesso contenzioso giudiziario. Su richiesta della procura, il gip di Ravenna aveva pure adottato la misura cautelare dell’interdizione dalle cariche per un anno nei confronti dei tre indagati, e il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva anche dovuto nominare un commissario straordinario. Trascorso un mese, il 28 ottobre scorso, il tribunale del Riesame ha annullato la sospensione, facendo tornare in carica i vertici del porto.

    

“La difficoltà che abbiamo è che siamo chiamati a comportarci da impresa, e quindi a realizzare opere infrastrutturali, a gestire l’operatività del porto e a promuovere gli scali sui mercati, ma allo stesso tempo siamo un ente pubblico”, spiega Daniele Rossi, presidente di Assoporti

Il presidente dell’Autorità portuale del Mar Tirreno settentrionale (porti di Livorno, Piombino e Portoferraio-Rio Marina-Cavo), Stefano Corsini, e il segretario generale, Massimo Provinciali, sono invece indagati per abuso d’ufficio e falso ideologico per la concessione di alcune banchine del porto di Livorno. Anche loro sono stati interdetti dal gip e anche in questo caso è stato nominato un commissario straordinario. A luglio, però, la Cassazione ha annullato il provvedimento di interdizione nei confronti di Corsini e Provinciali, che sono poi rientrati in ruolo per scadenza naturale della sospensione dopo, rispettivamente, sei e otto mesi.

Il presidente dell’autorità di sistema portuale del Mar Tirreno centrale (porti di Napoli, Salerno e Castellamare di Stabia), Pietro Spirito, è indagato per concorso in turbativa d’asta e abuso d’ufficio in relazione al rilascio di una concessione. Il segretario generale dell’ente, Francesco Messineo, è invece sotto processo con l’accusa di abuso di ufficio e violazione delle norme sulla tutela del paesaggi per una vicenda (il prolungamento di una banchina) che risale ai tempi in cui era presidente dell’autorità portuale di Marina di Carrara.

Scendiamo ancora di più lo stivale e arriviamo all’autorità di sistema portuale del Mare Adriatico meridionale. Qui il presidente, Ugo Patroni Griffi, e un funzionario della sede di Brindisi, Francesco Di Leverano, sono coinvolti in un’indagine su alcune opere eseguite all’interno del porto di Brindisi. Anche in questo caso per Griffi era stata chiesta l’interdizione dalla carica, ma pochi giorni fa la Corte di cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza con cui veniva disposta la sospensione (mai eseguita) dall’incarico per otto mesi. A Gioia Tauro, cinque dirigenti del porto, tra cui l’ex segretario generale Saverio Spatafora, sono indagati con l’accusa di abuso d’ufficio per il rilascio di alcune concessioni. Infine, anche il presidente dell’autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale (porti di Augusta e Catania), Andrea Annunziata, è stato interdetto dal suo incarico dal gip di Catania nell’ambito di un’indagine per peculato, relativa ad alcuni rimborsi spese.

Insomma, una vera e propria carneficina, che condanna i vertici delle autorità portuali all’immobilismo per timore di incappare in avvisi di garanzia, e che si ripercuote sull’intero settore import/export italiano. “La difficoltà che abbiamo, e che poi fa sorgere delle problematiche di tipo giudiziale, è che siamo chiamati a comportarci da impresa, e quindi a realizzare opere infrastrutturali, a gestire l’operatività del porto e a promuovere gli scali sui mercati, ma allo stesso tempo siamo un ente pubblico”, spiega al Foglio Daniele Rossi, che è anche presidente di Assoporti, l’associazione che riunisce tutte le autorità di sistema portuale. “Far conciliare questi due atteggiamenti è complesso – aggiunge – perché da una parte è necessario fare le opere, dall’altra le norme sono difficili da gestire e da applicare. Si pensi soltanto alla complessità della normativa ambientale e a quella degli appalti, oppure ai tempi necessari per realizzare un’opera pubblica tra norme e autorizzazioni”. “Le autorità portuali oggi hanno la possibilità tecnica, operativa e finanziaria per realizzare investimenti che servono alla portualità italiana per restare competitiva, ma il quadro normativo è troppo complesso, andrebbe semplificato e razionalizzato. In Olanda il percorso autorizzativo per la realizzazione del nuovo terminal container, che ha un’estensione di undici chilometri di banchine ed è uno dei più avanzati tecnologicamente, è durato meno di un anno, poi i lavori sono cominciati. Da noi c’è un percorso infinito che rischia di rendere le opere, nel momento in cui diventano cantierabili, già obsolete”, prosegue il presidente di Assoporti. “Ci vorrebbe una maggiore severità nei confronti dell’amministratore pubblico che agisce dolosamente per favorire interessi propri, ma allo stesso tempo si dovrebbe dare la possibilità ai tanti funzionari pubblici che lavorano con professionalità, entusiasmo e onestà di gestire in modo più agevole i processi autorizzativi per realizzare le opere pubbliche. Il Ponte Morandi, che è stato cantierato in pochi mesi, è la dimostrazione che anche in Italia, quando si vuole, si può”, conclude Rossi.

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