La maggioranza ha verificato di essere venuta meno

Lo scontro sulla prescrizione e le bellicose dichiarazioni dei protagonisti (Pd-M5s-Leu da un lato, Italia Viva dall’altro) hanno infine certificato quel che si era capito già tre vertici e due rinvii fa. Però magari da lunedì si riverifica

7.2.2020 Francesco Cundari linkiesta.it –lettura2’

La verifica di governo solennemente aperta il 30 gennaio era stata bruscamente interrotta dopo poche ore per annunciare in conferenza stampa i primi due casi di cittadini (cinesi) contagiati da coronavirus nel nostro Paese. Ieri sera, mentre le agenzie battevano la notizia del primo caso di italiano contagiato, l’ennesimo vertice di maggioranza a Palazzo Chigi verificava ancora una volta l’impossibilità dell’accordo, in particolare sulla prescrizione, dopo il rifiuto di Italia Viva di accettare l’ultima mediazione, fondata sulla distinzione tra assolti e condannati nei primi due gradi di giudizio (con qualche complicazione ulteriore in cui è superfluo addentrarsi, considerato che verosimilmente non entrerà mai in vigore), già alla base della prima ipotesi di mediazione avanzata da Giuseppe Conte. Proposta ribattezzata dunque dai giornali «Conte bis», o anche «Conte-Leu», in quanto elaborata da un omonimo del presidente del Consiglio, Federico Conte, appartenente a Liberi e Uguali: prodotto, con ogni evidenza, della crescente osmosi tra i progressisti e il loro fortissimo punto di riferimento (la mediazione, s’intende, ma forse anche il mediatore, di cui fino a ieri non si era mai sentito parlare).

Allo stato dei fatti, e a giudicare dalle bellicose dichiarazioni dei protagonisti (Pd-M5s-Leu da un lato, Italia Viva dall’altro), si direbbe dunque che la verifica di maggioranza abbia alfine verificato che la maggioranza non c’è più; ma il rinvio al Consiglio dei ministri di lunedì, e i numerosi precedenti delle ultime due settimane, non consentono di escludere che sottotraccia, come la vecchia talpa, la verifica continui a scavare.

Una cosa però è sicura: invocata per mesi come il terreno del chiarimento decisivo, in questi giorni la famosa verifica ha deciso pochino e chiarito ancora meno. Forse perché i suoi stessi promotori ne hanno sottovalutato gli effetti destabilizzanti, come mostra anche il surreale dibattito che l’ha accompagnata.

Breve riassunto delle ipotesi di accordo di cui si è discusso finora: ritirare la concessione ai Benetton, ma solo in Liguria; cancellare la prescrizione, ma solo per i reati di corruzione, oppure solo per chi in primo grado è stato condannato (e per chi in primo grado fosse stato assolto da un’accusa di corruzione? Chissà); modificare i decreti Salvini limitandosi a recepire i rilievi del Quirinale sul decreto sicurezza bis – cosa che verosimilmente avrebbe fatto anche Matteo Salvini, trattandosi di rilievi di costituzionalità, se non altro per evitare il rischio di vederselo bocciare dalla Consulta – lasciando quindi intonso il primo decreto sicurezza (quello, per capirci, che ha cancellato la protezione umanitaria e smantellato il sistema di accoglienza); modificare entrambi i decreti sicurezza, senza abrogarne nessuno; abrogarli entrambi, ma per riscriverli diversamente. O qualsiasi altra possibile combinazione delle opzioni sopra citate. Ad esempio: abrogarne uno e modificarne un altro; o magari modificarli prima e poi abrogarli lo stesso, così, a sfregio (o fare semplicemente quello che si è fatto finora, su tutto, dagli accordi con i torturatori libici a quelli con i navigator: dichiarare di volerli cambiare per tener buoni i critici, non fare assolutamente niente, lasciarli rinnovare tali e quali, per poi ricominciare a promettere di cambiarli).

Del resto, giusto ieri Nicola Zingaretti ha detto a Radio Capital che l’esecutivo deve promuovere dei «veri decreti sicurezza», ma solo dopo avere ottenuto la cancellazione di «quei decreti totalmente folli» (quelli che fino a ieri voleva modificare, ma non abrogare), e che tutto questo il governo «deve farlo in fretta». Anzi, aggiungeva, «non capisco perché ancora, a questo punto, a febbraio, questo non sia avvenuto».

E se non lo capisce lui, figuriamoci noi.una leadership diversa da Di Maio e Casaleggio e una chiara linea compatibile con i Verdi”.

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