Ora l’Ue vuole un’imposta del 25% sulla carne

Dopo la plastic tax e la sugar tax una nuova tassa etica potrebbe colpire il carrello della spesa dei cittadini italiani: la tassa sulla carne. A questa ipotesi sta lavorando l’Europarlamento, a seguito di una proposta in tal senso presentata da tre eurodeputati

di Luigi Chiarello13.2.2020 italiaoggi.it –lettura 3’

Carne

Dopo la plastic tax e la sugar tax una nuova tassa etica potrebbe colpire il carrello della spesa dei cittadini italiani: la tassa sulla carne. A questa ipotesi sta lavorando l'Europarlamento, a seguito di una proposta in tal senso presentata da tre eurodeputati: due del gruppo Socialisti e Democratici (S&D), Mohammed Chahim e Sylwia Spurek, uno dei Verdi, Bas Eickhout.

Tassare la carne nel piatto, dunque; tassarla per salvare l'ambiente e coprire i costi che gli allevamenti di bestiame farebbero ricadere sulla collettività. Tassarla con un piano fiscale, che a regime dovrebbe applicare una imposta del 25%, così da far rincarare di 47 centesimi il costo di 100 grammi di bovino, di 36 centesimi il costo di 100 grammi di maiale e di 17 centesimi l'esborso per 100 grammi di pollo (o altri volatili).

La proposta è stata lanciata il 5 febbraio scorso sul tavolo Ue nel corso dell'evento «The True Price of Meat» (Il vero costo della carne), andato in scena al Parlamento europeo di Bruxelles. Una volta approvata, secondo gli eurodeputati proponenti, la nuova tassazione farebbe parte del pacchetto di politiche denominato «Farm to Fork» (dalla fattoria alla forchetta), che la commissione europea ha annunciato nell'ambito del Green Deal, il piano di abbattimento delle emissioni di anidride carbonica che , nei progetti dell'esecutivo europeo, dovrebbe portare l'intera Unione a raggiungere la «neutralità» climatica entro il 2050. A corredo di ciò, va rilevato che, attualmente, esistono due proposte di legge simili, già in discussione in due stati membri dell'Unione: Germania e Paesi Bassi.

Il progetto. In base al disegno elaborato, l'aliquota dovrebbe essere applicata gradualmente, a partire dal 2021, così da raggiungere entro il 2030 un gettito di 32 miliardi di euro l'anno. Una montagna di soldi, che dovrebbe servire a garantire la piena copertura dei costi ambientali imputati alle aziende zootecniche, per via delle emissioni di CO2, dei nitrati e della perdita di biodiversità.

A «ispirare» la nuova tassa «etica» è una fondazione non profit olandese, la True Animal Protein Price Coalition (Tapp coalition, ndr) - un sodalizio tra associazioni sanitarie, ambientaliste e per il benessere animale - che ha stabilito l'aliquota del 25% sulla base di uno studio condotto dal Ce Delft, un istituto di ricerca indipendente con sede nei Paesi Bassi. Secondo le proiezioni di questo report, il nuovo balzello innescherebbe una graduale diminuzione dei consumi di carne, che porterebbe entro il 2030 a un crollo del 67% per la carne bovina, del 57% per la carne di maiale e del 30% per i volatili. Ma la Tapp coalition va anche oltre. Proponendo che il gettito derivante dalla nuova tassa serva a finanziare la trasformazione progressiva degli allevamenti in siti di produzione vegetale e a ridurre l'Iva sul consumo di frutta e verdura, così da «incoraggiare» le persone ad avere un'alimentazione più orientata al vegetale. Per giustificare questa scure fiscale sui consumi, il presidente della Tapp coalition Jeroom Remmers sciorina un dato: «Gli europei mangiano almeno un 50% in più di carne, rispetto alle quantità raccomandate».

L'idea di una tassa sulla carne non è inedita. E non lo è neanche l'accusa agli allevamenti zootecnici di inquinare l'ecosistema. Nel 2016, un report scientifico della Scuola politecnica svedese Chalmers di Göteborg, spiegò che un quarto delle emissioni a effetto serra rilasciate in Europa deriva da allevamenti e comparto agricolo. In quell'occasione, gli studiosi svedesi lanciarono un allarme: le emissioni di ossido di azoto provenienti dai terreni coltivati e le emissioni di metano disperse dal bestiame potrebbero raddoppiare entro il 2070, se gli attuali modelli produttivi non verranno modificati.

Successivamente, a novembre 2018, una ricerca dell'Università di Oxford pubblicata sulla rivista Plos One propose per la prima volta un'imposta del 20% sulla carne rossa non lavorata (ad esempio, le bistecche) e del 110% su quella lavorata (come insaccati, pancetta e salsicce), partendo da una stima. E cioè che le malattie legate al consumo di carni rosse costerebbero 285 miliardi di dollari l'anno a livello mondiale. Mentre una imposta del 20% sulle carni, se applicata a livello mondiale, secondo la ricerca inglese determinerebbe un gettito annuo di 170 mld di dollari l'anno, facendo però risparmiare 41 miliardi di dollari l'anno in cure mediche.

La Lega sul piede di guerra. I senatori Giorgio Maria Bergesio, Gian Marco Centinaio (ex ministro delle politiche agricole), Gianpaolo Vallardi e Rosellina Sbrana hanno già presentato una interrogazione urgente al ministro delle politiche agricole, Teresa Bellanova, per chiarire «quali misure intenda adottare per scongiurare l'introduzione di nuovi balzelli a carico del settore» visto che gli italiani che consumano abitualmente carne sono il 93% della popolazione.

© Riproduzione riservata

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata