Come si esercita un buon coalition power

Un’arma destabilizzante e in parte rivoluzionaria, ma bisogna saperla usare

di Giuliano Ferrara 18.2. 2020  ilfoglio.it –lettura 5’

Commenti 5

Allora, qui c’è un problemino politologico semplice semplice. Con tutte le differenze, è cosa di ieri che riguarda la situazione italiana di oggi. Riguarda la campagna destabilizzatrice di Renzi e la controcampagna della maggioranza alla quale sempre più fragilmente egli appartiene. Come si può usare il coalition power? Dicesi coalition power il peso di formazioni minori nel condizionare maggioranze e governi facendo contare i propri voti indispensabili o la propria influenza di lobby e culturale. Nella Repubblica dei partiti (1948-1993) i centristi, i repubblicani, i liberali e i socialdemocratici esercitavano con la Democrazia cristiana, che non sempre aveva bisogno dei loro voti ma non voleva un dominio solitario, perché era sapiente, il secondo tipo di coalition power: idee, lobby confindustriali, presenza culturale, visione per l’Italia, rappresentanza di ceto, tradizione laica, pressione parlamentare, alleanze internazionali: di questo sostanzialmente era fatto il loro potere di coalizione, prima e più ancora che dei loro voti. A partire dagli anni Sessanta, con la nascita del centrosinistra, i socialisti vecchio tipo aggiunsero a questo potere un più marcato potere, quello strettamente legato all’indispensabilità politica e numerica dei voti parlamentari socialisti per la composizione di maggioranze di governo, un apporto che faceva la differenza, come si dice, in relazione, si capisce, a un progetto di modernizzazione e sviluppo del paese.

Una legislatura in modalità wrestling

Renzi vuole uscire dalla maggioranza, ma non troppo. Il Pd vuole sbarazzarsi di Renzi, ma non troppo. La battaglia tra le anime del Bisconte è come una lotta simulata ma un governo che governa solo se non governa è un guaio che meriterà di essere affrontato

La Dc via via prese a giocare con la cosiddetta politica dei due forni e si adattò con grande duttilità sia alla fase centrista sia alla fase di centrosinistra. A un certo punto, negli anni Settanta, il centrosinistra entrò in crisi, si cominciò a porre il problema della relativa capacità, sempre crescente, del Partito comunista, già ampiamente costituzionalizzato, di entrare nell’area di governo. E arrivò Craxi, il leader autonomista, che fece del coalition power un’arma destabilizzante e in parte rivoluzionaria, sempre all’interno del sistema politico dato.

Craxi voleva destabilizzare e ostacolare la progressiva tendenza a convergere, in una formula consociativa che diventava esplicita alleanza politica, della Dc e del Pci. Avesse trionfato quella formula, il Partito socialista sarebbe divenuto una componente strutturalmente minoritaria e tutto sommato irrilevante del blocco di sinistra a guida comunista. Era il rischio che correva la politica di De Martino, suo predecessore fino al 1976, degli “equilibri nuovi e più avanzati”, in cui il Psi si diceva indisponibile all’alleanza con la Dc senza un coinvolgimento dei comunisti. Craxi all’inizio, poco oltre la metà dei Settanta, giocò da neosegretario con la formula dell’alternativa di sinistra contrapposta al compromesso storico, la vasta alleanza popolare con i cattolici promossa da Berlinguer dopo il colpo di stato cileno (1973). Poi scelse il coalition power nudo e crudo. Rivendicò a nome della governabilità del sistema, alla quale i voti socialisti occorrevano, la visione programmatica di un’altra Italia, e chiese la fine della direzione democristiana del governo, la fine del monopolio democristiano sul Quirinale, la fine dell’egemonia indiscussa del partito di maggioranza relativa sui gangli del potere (nomine, televisione eccetera). Contemporaneamente scatenò una campagna di anticomunismo democratico, com’era nel suo stile riformista e autonomista, imponendo una battuta d’arresto alla potenziale convergenza Dc-Pci.

Il coalition power di Craxi era questo: impongo alla Dc una dura coabitazione di governo, fatta di competizione continua e di emulazione per la guida dello stato e del sistema, allo scopo di meglio combattere e ridimensionare la pretesa egemonica dei comunisti, e il mio potere di coalizione serve non solo a bloccare il consociativismo cattocomunista ma anche a svuotare i comunisti della loro pretesa e a costringerli nello schema di un’alternativa potenziale, a guida socialista democratica, in un nuovo sistema riformato nel segno dell’alternanza possibile. Uno dei due forni serviva a Craxi non tanto per calmierare genericamente il prezzo del pane, anche, quanto e principalmente per preparare l’altro forno a cuocere un altro tipo di pane. Quando per sfiducia e per molti altri motivi Craxi smarrì questa funzione dinamica, attiva, del coalition power, allora mise le basi della sua sconfitta politica, che fu com’è noto preceduta da una sconfitta manu giudiziaria sua e del sistema dei partiti. Si chiuse nel recinto del pentapartito, e i cattivi lo andarono a prendere. Ma finché era durato, il coalition power del primo Craxi fu una bonanza per lui e per l’Italia.

Renzi fa benissimo a far pesare i suoi voti, a esercitare il coalition power, ma non ha uno schema analogo, il sistema odierno o se volete la disposizione dei pezzi sulla scacchiera non glielo consente. Craxi era duro nel rapporto con l’alleato di governo perché questa durezza lo aiutava a colpire il velleitarismo di Berlinguer e insieme a preparare il terreno eventuale di uno storico ribaltone guidando una alleanza alternativa di sinistra democratica, che era il suo orizzonte implicito e talvolta esplicito. Ma Renzi può solo contribuire a riportare il centrodestra al potere, pagandone le conseguenze, perché una sua anche solo ipotetica alleanza con il senatore Salvini e compagnia è una chimera priva di senso. Può ottenere solo risultati parziali e concordati. E’ auspicabile che di questa differenza cruciale, applicando con delicata misura il coalition power, voglia tenere conto. Il che vale anche per i suoi interlocutori di maggioranza e di governo. La situazione è bloccata, e fino a che non ci siano sostanziali novità, il potere di coalizione è sempre legittimo, ma vale meno e si deve esercitare diversamente dal passato.

COMMENTI

lupimor

18 Febbraio 2020 - 16:39

Ricostruzione sull’aria di “non amo che le cose che non colsi” Bettino non valutò appieno il potere reale del Cattocomunismo legittimato dal Vaticano ii°. Due culture storiche, nativamente antiliberali, anti riformiste, concettualmente contrarie al sistema democratico, ubiquitarie e trasversali che volevano per sé “pieni poteri”. Altro che il Truce, Tangentopoli, mani pulite e affini, intellettuali in testa, fatto fuori Craxi, nel 1994 avevano i pieni poteri a portata di mano. Arrivò Il Cav. Fatto fuori dopo vent’anni di lotta senza quartiere, arrivò il Royal Baby, via anche lui, ora tocca a Salvini. Il blocco intellettual/social/prosaico dei cattocomunisti arruola tutti: Grillo, sinistra massimalista, europeisti a la carte, scontenti del sistema creato da loro, anche le Sardine. Il blocco è abile, le platee sono manipolabili, a creare un “nemico” da abbattere e porsi come “liberatore”. Il coalition power è un camaleonte. Usato secondo convenienze del blocco.

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Rispondizucconir

19 Febbraio 2020 - 05:56

Come sempre Lupimor descrive la situazione con esattezza. Devo dire che Renzi non smette di farci divertire. Mentre scalza un premier o un altro, ma anche un aspirante premier come Salvini, molla tutto e va ad una riunione alla Kissinger a Islamabad, compresa sciata sull'Himalaya! Chapeau! Facendo impazzire di rabbia quei beoti dei 5S! Renzi è di un altra categoria, sul referendum lui aveva ragione e il 55 % degli italiani torto. Quelli di sinistra 3 volte torto. Ora, dato che ha un brutto carattere si diverte a tormentarli, a cominciare da Giuseppi a cui lui ha inventato un governo e che non mostra riconoscenza e rispetto.

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RispondiAndrewAndrew

18 Febbraio 2020 - 16:08

Matteo Renzi passerà alla storia come il più efficace “ammazza-Premier” della storia della Repubblica Italiana. Ha fatto secchi Enrico Letta e Paolo Gentiloni oltre a fare secco anche se stesso promuovendo un referendum sulla propria persona. Ed ora sembra fermamente indirizzato a compiere la stessa e solita operazione nei confronti di Giuseppi a cui nega la possibilità del Governo-ter e promette di metterlo all’angolo con un Governo d’emergenza per le future e lontane elezioni. Brutta l’etichetta di “ammazza-Premier”? Sarà. Ma quando uno pensa a Letta, Gentiloni, Conte ed allo stesso Renzi come non concludere con il classico “quando ce vò, ce vò!”?

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RispondiCaronte

18 Febbraio 2020 - 14:42

e intanto che continua senza ostacoli ad imperare l'onanismo politico (nei palazzi del potere a partire dal più in alto e sulla piattaforma Rousseau) e quello intellettuale (sui giornali e nei cosiddetti talk-show), l'Italia prosegue su una china che non ci è dato sapere fino a quanto in basso ci porterà...Ferrara, forse considera la situazione irrimediabile e per motivi estetici ha deciso di suonare lo stesso futile motivo fino alla fine come fece l'orchestra sul Titanic?

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Rispondizucconir

18 Febbraio 2020 - 07:12

Poche le carte in mano a Renzi costretto a molti bluff da numeri impietosi. Credo farebbe meglio a proporre al governo un patto per il rilancio dell'economia, ormai allo stremo. Le imprese, il sistema produttivo italiano, chiedono a gran voce investimenti strutturali, bloccati da decenni in tutta Italia. Le vivende Expo è del ponte Morandi hanno dimostrato che, con validi commissari e volontà politica, si possono tagliare quasi tutti i lacci e costruire in due anni, a ritmi quasi cinesi. Di questa rivoluzione Renzi e Calenda dovrebbero farsi alfieri. Anche trovando compromessi su prescrizione e altri punti di principio.

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RispondiSkybolt

18 Febbraio 2020 - 13:16

Non bastano le grandi opere. Bisogna agire anche a livello locale. Non sono solo i trafori ad essre bloccati, ma anche cose piccole, come il trasferimento di un allevamento di pesci da vasche e gabbie ancorate in mare. Si urla all'ecomostro (non perdonate loro perchè sanno erfettamente cosa stanno dicendo) e alla natura e così si coprono tanti interessi consolidati che approfittano della burcrazia per continuare a farsi i c... propri. Leggasi Civitavecchia, per i curiosi.

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