Ora è il momento dell’unità nazionale, con juicio

Di fronte a una maggioranza abituata da tempo a rintuzzare ogni obiezione ripetendo che «non è il momento delle polemiche», è legittimo accompagnare al giusto spirito di concordia una certa dose di cautela (anche perché il duo Conte-Casalino a Palazzo Chigi è già angosciante di suo)

Francesco Cundari. 7.3.2020 linkiesta.it -lettura 2’

Ora è il momento dell’unità, il momento in cui prima di tutto si seguono le indicazioni del governo e di tutte le autorità preposte al contenimento dell’epidemia da coronavirus, senza fare casino e tentando piuttosto di fare ciascuno il proprio dovere, seguendo l’autorevole invito del presidente della Repubblica, con senso di responsabilità. Tenendo fermo che in un sistema democratico e pluralista la libera discussione e il diritto di critica sono tanto più necessari nei momenti di crisi. Di fronte a un governo tampone che già da tempo, ben prima dell'emergenza coronavirus, ha manifestato la tendenza a rintuzzare qualunque obiezione ripetendo che «non è il momento delle polemiche», pertanto, è legittimo accompagnare al giusto spirito di concordia e unità una ragionevole dose di cautela.

È opportuno discutere, ad esempio, di quanto a lungo l’economia italiana possa reggere una prova come quella che stiamo affrontando in questi giorni, e che in diverse aree del paese è cominciata già da settimane, e se dunque non sia preferibile fare subito il massimo sforzo, chiudendo tutto quello che c’è da chiudere, per il tempo necessario, piuttosto che correre il rischio di andare avanti a singhiozzo per chissà quanto ancora (nessun riferimento polemico alle scelte passate, s’intende, sto parlando esclusivamente, e costruttivamente, del futuro). Si prendano dunque tutte le misure utili ad abbassare il ritmo dei contagi nel modo più rapido e più drastico possibile, e lo si faccia adesso, approfittando anche del clima positivo che nonostante tutto sembra essersi stabilito tra le forze politiche e tra i cittadini.

Purché sia chiaro che il Parlamento e tutte le istituzioni che garantiscono il funzionamento del sistema democratico rientrano tra i servizi essenziali, così come la libertà dell’informazione e il diritto di critica. Funzioni tanto più necessarie nel momento in cui si parla con una certa leggerezza – tanto da parte di chi li paventa quanto da parte di chi sembra invocarli – di stato d’eccezione, poteri speciali, chiusura del parlamento e sospensione di diritti fondamentali (a cominciare dalla privacy di malati che in nome della lotta al coronavirus non possono diventare bersaglio di nuove cacce all’untore). È giusto l’appello del governo all’unità, al senso del dovere e al senso di responsabilità di tutti i cittadini, purché l’appello ai doveri degli altri non diventi un’implicita richiesta di pieni poteri per sé.

Quella che si sta aprendo è insomma una fase delicatissima, perché è in momenti di crisi come questo che si fa più difficile, e proprio per questo più essenziale, la difesa dello stato di diritto, la tutela delle minoranze e di tutti i soggetti più deboli. E perché tra il referendum sul taglio dei parlamentari ancora da celebrare (verosimilmente a maggio, con le regionali, o al massimo a settembre) e il semestre bianco che scatterà a metà dell’anno prossimo, governo e maggioranza appaiono sempre più inamovibili, probabilmente fino al 2022, quando si eleggerà il nuovo capo dello stato. Per la politica italiana si annuncia dunque una lunga quarantena, con Giuseppe Conte e Rocco Casalino a Palazzo Chigi. Uno scenario già abbastanza angosciante di per sé, senza bisogno di aggiungerci anche la quarantena autoimposta dell’intero dibattito pubblico.

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