Lo stato infettato si avvicina al popolo

Si infetta parecchio, la così detta classe dirigente. Ma ora che si è messa a un metro di distanza ci è stranamente vicina, quella famosa élite

di Giuliano Ferrara 13.3. 2020 il foglio.it -lettura4’

Commenti 8

Si infettano parecchio, i famosi politici. Anche il calciatore o i calciatori, anche le star internazionali, anche il giornalista (auguri a Porro e agli altri), sopra tutto medici e infermieri, sopra tutto la gente comune. Ma abbiamo già Zingaretti, un paio di deputati italiani, il ministro francese della Cultura con due deputati al seguito, il ministro britannico della Sanità (auguri a lei e al callido Boris Johnson), il consigliere leghista di Piacenza, sopraffatto (Rip), e numerosi altri nel novero della nomenclatura un po’ qui un po’ là. Alla fine, percentuali alla mano, scopriremo che un quantum di spirito di servizio, decisivo per il consenso per l’affabulazione per l’incontro e per l’esercizio della politica come professione, resiste anche nelle pellacce degli odiati, detestati, sputazzati politici, e in genere negli uomini pubblici. Ora che si sono messi a un metro di distanza, ci sono stranamente vicini, quelli delle élite.

In fondo sono l’incarnazione, con i funzionari o burocrati, le forze dell’ordine, gli impiegati pubblici, i magistrati, di quello che si dice lo stato. Concetto nei giorni ordinari quasi inafferrabile, che ha qualcosa di arcaico e perfino di turpe o di opaco in quest’orgia di trasparenza individualistica e privata che pure si riscopre nella tragica noia della quarantena, e nelle quarantene anche più felici, lo stato, il doppio stato, il deep state, il custode della menzogna sotto forma di Ragion di stato, il muscoloso organo della forza sociale che fa rispettare le leggi e le regole, il principe non principesco che esige le tasse ma non sa farle pagare a tutti, che ti finanzia con una mano e con l’altra ti toglie sempre qualcosa, perché è lo stato, il peggiore dei castighi, il più sospetto dei delitti in corso, un Duca Valentino in divisa insofferente di ogni legge per sé, sede di privilegi i più astratti e intrattabili, quello stato che nella vecchia vulgata marxista-leninista si abbatte e non si cambia e nella nuova vulgata socialdemocratica è l’alfa e l’omega di tutta la vita economica e civile.

Non è che si debba necessariamente praticare il famoso sfrenato neoliberismo per diffidare dello stato, che fu autorevolmente definito “la via verso la servitù”. A essere obiettivi e spassionati, tuttavia, lo stato è perfino un magnifico organo di servizio al cittadino, anche quando ti mette agli arresti domiciliari e si fa secondino di sessanta milioni di sudditi, producendo uno sforzo che è come sessanta ponti Morandi o ex Morandi tutti insieme (complimenti agli indomiti che colà procedono), anche quando si estende nelle file al supermercato, trasformate in una specie di condominio statale esterno in attesa di entrare un po’ per volta, anche quando ha la delicatezza di ricordarsi dell’importanza dei giornali, addirittura, e del tabacco, due componenti essenziali delle vite di molti di noi (il sesso, se viene, è in terza posizione, decisamente). Un filosofo da cabaret internazionalmente quotato come una mente sana e creativa, accadde anche per il caro Toni Negri, come già mi capitò di ricordare ha scritto il pezzo più grottesco dell’anno bisesto, sul manifesto di qualche giorno fa, sostenendo che la situazione è artificialmente gonfiata per far scattare lo stato di eccezione, sospendere le libertà civili, mettere il chiodo di Hindenburg sull’elmetto prussiano a tre punte della pochette gagà dell’avvocato Conte. Nelle mie mille giravolte ho flirtato anche con il platonismo politico e ho coccolato l’idea che in fondo meriteremmo di essere governati da Filosofi-Re. Abiuro. Meglio i politici, e perfino quelli improvvisati. Con un fervido augurio di pronta guarigione al popolo e alle élite, anche le più scombiccherate sulla carta, senza i quali, che insieme fanno lo stato, non riusciremmo a esistere.

Commenti

Cacciapuoti

13 Marzo 2020 - 15:25

mettere insieme Negri al platonismo politico, e cioè dare dignità al letame, è un segno dello squallore dei tempi.

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13 Marzo 2020 - 13:37

Se, come vulgata recita: "Lo Stato siamo noi", tutto procede in sintonia con quello che siamo, non metafisicamente, ma fattualmente, noi.

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Rispondizucconir

13 Marzo 2020 - 10:34

Toni Negri! Fino a quando continuerà a romperci le scatole e a trovare spazi dove scrivere le sue farneticanti teorie? Ero nei radicali quando mettemmo su l'operazione per eleggerlo e tirarlo fuori dal carcere in omaggio alla libertà di espressione. Il patto era che avrebbe rinunciato all'immunita' e si sarebbe costituito. Tutti sappiamo come è andata. Scappò a Parigi e chi si è visto si è visto. Preferisco Battisti, un delinquente, ma che, almeno, ha avuto il coraggio di sparare e giocarsi la vita. Negri preferiva indottrinare i suoi allievi così che a sparare fossero loro. Lo disprezzo profondamente. Non parliamone più.

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Rispondiayler

13 Marzo 2020 - 13:50

Toni Negri e ha scritto dei libri interessanti. Dovrebbe leggerlo.

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Rispondiqirohuli

13 Marzo 2020 - 13:31

soprattutto perché Ferrara si riferiva ad Agamben...

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RispondiGuarini F

13 Marzo 2020 - 09:10

Grande Ferrara, ogni articolo (vostro) è intriso di una poetica lessicale da far invidia a cosiddetti “scrittori”. Vogliamo il suo libro sulla sua storia biografica (minuziosa e pignolata).

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