Più liquidità uguale più sindacato. Il decreto Liquidità prevede l'accesso ai finanziamenti condizionato ai rapporti di lavoro

Nel “Decreto liquidità” l’accesso alle garanzie statali resta condizionato all’impegno, dell’impresa e/o del professionista, di gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali

di Andrea Bongi e Fabrizio G. Poggiani 18,4,2020 italiaoggi.it

Nel «Decreto Liquidità» l'accesso alle garanzie statali resta condizionato all'impegno, dell'impresa e/o del professionista, di gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali. Sulla base di quanto espressamente previsto nella lettera l), del comma 2, dell'articolo 1 del decreto legge 23/2020 gli imprenditori, ma anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti che richiederanno un finanziamento con le garanzie previste, superiori a 25 mila euro, dovranno espressamente impegnarsi, per tutta la durata del prestito e della garanzia accessoria, alla gestione dei livelli occupazionali attraverso accordi sindacali. Questo impegno avrà un effetto dirompente sulle attività di più modeste dimensioni, quelle per intendersi con meno di 15 dipendenti (soglia in linea di principio utilizzata per la partecipazione delle associazioni sindacali alle decisioni delle imprese), che saranno costrette, una volta ricevuto il finanziamento, a dover sottoporre agli accordi con le sigle rappresentative dei lavoratori, ogni decisione che possa essere ricondotta alla «gestione» dei livelli occupazionali previsti dalla disposizione suddetta.

L'impegno in questione si va ad aggiungere all'altro, come richiesto dalla lettera i) del comma 2 dell'articolo 1, che prevede la non distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso dell'anno 2020.

La necessità di gestire i livelli occupazionali tramite espressi accordi sindacali è passata, almeno fin ora, in secondo piano rispetto alle altre problematiche emerse subito dopo la lettura del cosiddetto «Decreto Liquidità». Si tratta, tuttavia, di un elemento innovativo e impegnativo che tutti coloro che, in questi giorni si stanno affrettando ad inoltrare le richieste di accesso alle garanzie statali, devono aver ben presente e valutare con estrema attenzione. Per le realtà di più piccole dimensioni, non abituate alla gestione degli accordi con i lavoratori dipendenti con le rappresentanze sindacali, la disposizione in commento potrebbe rappresentare, infatti, un appesantimento e un ostacolo nella gestione futura delle attività, oltre a rappresentare un rallentamento inevitabile per l'ottenimento della liquidità in giorni così convulsi. Lo scopo della disposizione introdotta dal decreto legge richiamato, al di là delle sfumature di carattere politico che la stessa può evidentemente suscitare, sembra finalizzata alla protezione dei livelli occupazionali, che il soggetto richiedente possiede al momento dell'accesso alla garanzia statale. È piuttosto evidente, infatti, che per molte attività colpite dall'emergenza in atto, riuscire a salvaguardare tutti i posti di lavoro per i prossimi sei anni, a tanto ammonta il periodo di copertura delle garanzie previste dal decreto, può essere un'impresa ardua. Peraltro, il precedente decreto legge 18/2020 («Cura Italia») ha anche innescato, sempre nell'ottica di salvaguardia dei posti di lavoro, il blocco dei licenziamenti collettivi e individuali per coronavirus; si tratta dei licenziamenti collettivi, ai sensi della legge 223/1991, nonché dei licenziamenti per giustificato motivo «oggettivo», ai sensi dell'art. 3 della legge 604/1966, norma inevitabilmente di favore per i lavoratori che potrebbero trovarsi improvvisamente senza lavoro a seguito di licenziamento. La durata del blocco ai licenziamenti è di sessanta giorni, decorrenti dal 17/03/2020 fino al 16/05/2020 e, anche in tal caso, sono soggetti alla citata novità tutti i datori di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti. È pur vero che lo stesso dl 18/2020 ha previsto, proprio per l'epidemia in corso, l'estensione della cassa integrazione in deroga con la possibilità di applicare gli ammortizzatori sociali anche per le imprese che occupano meno di 5 dipendenti e, quindi, l'idea del legislatore appare quella di porre un controllo rafforzato su quella che è la movimentazione, in particolar modo in uscita, dei lavoratori subordinati.

In effetti, l'impegno per l'accesso al credito con garanzia statale, per un ammontare superiore a 25 mila euro (al di sotto, si evidenzia che il detto impegno non sussiste) non preclude la possibilità all'imprenditore di intervenire nel rapporto con i lavoratori subordinati ma, se interviene, la «gestione», si ritiene anche per una mera riduzione di tempi di lavoro (da full a part time), deve essere in concorso con i sindacati. In assenza di un accordo sul punto, l'imprenditore e/o il lavoratore autonomo potrebbe essere chiamato a restituire il finanziamento in tempi brevi, stante la mancata copertura statale e salvo interventi diretti (garanzie), per mera facoltà dell'istituto di credito che può invocare il mancato rispetto dell'impegno attestato alla richiesta.

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Commenti   

#1 riki 2020-04-18 18:51
“Il sindacato deve imparare in fretta il mestiere di partner dell’imprenditore nell’individuazione delle scelte di organizzazione del lavoro che consentono la riapertura più rapida e producono i risultati complessivamente migliori per i lavoratori, per l’azienda e per la collettività. Ichino”
Bisognerà cambiare i vecchi dirigenti da anni irramovibili nelle aziende. , però. fausto

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