Liberare la burocrazia dalla paura della firma

Occorrono sedici anni per espletare le procedure necessarie prima dell’apertura del cantiere

di Annalisa Chirico 13.5.2020 ilfoglio.it

E’ tempo di voltare pagina. Il mondo delle costruzioni non può attendere neanche una giornata in più, il rischio è la chiusura in blocco di tutte le aziende del settore. Due milioni di famiglie dipendono da noi: stanno tirando avanti con la cassa integrazione ma sono ansiosi di tornare in cantiere perché noi vogliamo redditi da lavoro, non sussidi. Non chiediamo di prestare attenzione alle nostre esigenze a scapito di altri, sappiamo che l’intero paese versa in grave difficoltà, ma le costruiscono rappresentano il 22 per cento del pil nazionale. Dopo una stagnazione quasi decennale, chiediamo procedure più snelle per ritrovare il dinamismo perduto. Vogliamo un confronto politico con chi conosce il settore, il problema che abbiamo scontato negli anni è che il legislatore spesso interviene senza avere la benché minima idea di quali siano le nostre specificità e bisogni. Spesso abbiamo dovuto adeguarci a normative ispirate dal pregiudizio e dall’inversione dell’onere della prova: chi costruisce non può essere trattato come un presunto colpevole. Noi chiediamo un ampio programma di semplificazione burocratica e normativa. Vogliamo concorrere alle gare, e a tale scopo servono poche norme, e chiare. La pubblica amministrazione è bloccata dalla cosiddetta “paura della firma”: il pericolo di incappare in una denuncia per abuso d’ufficio terrorizza i funzionari che sono sempre più restii a sottoscrivere gli atti. Ma di questo passo tutto è bloccato. Noi costruttori vogliamo tornare a parlare con architetti e ingegneri anziché doverci continuamente confrontare con avvocati e giuristi. Siamo tecnici, dobbiamo stare nei cantieri. Adesso scopriamo che il contagio Covid sarebbe equiparato a un infortunio sul lavoro: ma come si fa a individuare il luogo preciso dove si è contratto un virus che ha un periodo di incubazione pari a quattordici giorni? C’è poi il tasto dolente del regolatorio: negli ultimi 25 anni il Codice degli appalti è stato rimaneggiato ed emendato ben 312 volte. Dal 2016 una versione scellerata del Codice ha bloccato la pa ma senza le gare bandite dalla pa per noi è la fine. Il 90 per cento dei bandi infatti sta sotto la soglia europea dei cinque milioni e mezzo di euro. Quanto alla burocrazia, abbiamo calcolato che, per un’opera del valore superiore a cento milioni di euro, occorrono sedici anni per espletare le procedure necessarie prima dell’apertura del cantiere: i due terzi del tempo sono destinati all’iter autorizzativo e di progettazione.

In conclusione, il governo si ricordi che il mercato immobiliare si fonda sulla fiducia dell’investitore. Oggi questa fiducia si è azzerata. Servono massicci aiuti alle famiglie affinché tornino ad apprezzare il bene casa. Noi proponiamo, per esempio, di dimezzare l’IVA sulle compravendite immobiliari che oggi, nelle transazioni tra privati, si attesta intorno al 4 per cento per immobili nuovi ed energeticamente efficienti. Dobbiamo saper innovare all’insegna della sostenibilità per avviare un vasto piano di rigenerazione urbana nella tutela dell’ambiente.

Gabriele Buia

presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili

2-La priorità è una: la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro

“Moratorie fiscali più ampie e un credito d’imposta rafforzato per locazioni commerciali e contratti d’affitto d’azienda”

L’agenda per la ripartenza deve tenere insieme il lavoro di messa a punto dei presidi per il monitoraggio, il contenimento e il contrasto della pandemia con quanto occorre fare per riavviare e riorganizzare imprese, lavoro e sistema paese nella “nuova normalità” della convivenza con il virus. Sul versante della vigilanza sanitaria, si tratta tra l’altro di sostenere applicazione e sviluppo dei protocolli per la sicurezza sul lavoro (anche con un tax credit dedicato) e di confermare che il rispetto delle regole definite nel protocollo siglato dalle parti sociali lo scorso 24 aprile assicura all’imprenditore certezza e tranquillità rispetto ad eventuali contestazioni in materia di responsabilità civile e penale. E’ poi evidente che ripartire significa, sul terreno economico, risolvere il cortocircuito della crisi di liquidità (crisi che si fa pericolosa opportunità per le mafie). La lezione del debutto sul campo delle buone intenzioni del “decreto liquidità” dice a chiare lettere che occorre fare di più: per prestiti a burocrazia zero e pienamente garantiti, ma anche e soprattutto per robusti indennizzi e contributi a fondo perduto da riconoscersi a fronte delle cadute di fatturati e ricavi causate dall’impatto dell’emergenza sanitaria e per incentivi alla ricapitalizzazione. Moratorie fiscali più ampie e un credito d’imposta rafforzato per locazioni commerciali e contratti d’affitto d’azienda sono ulteriori interventi necessari al pari di una maggiore agibilità delle compensazioni fiscali e di tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni davvero tempestivi. Sul versante degli ammortizzatori sociali, resta confermata la necessità della prosecuzione degli interventi della cassa integrazione, del fondo di integrazione salariale e del sistema di indennità per lavoratori autonomi e professionisti. Quanto al lavoro da preservare, è ormai tempo di ripristinare piena agibilità per i contratti a termine e il lavoro occasionale, e di agire per la riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul costo del lavoro. Il “passaggio stretto” della finanza pubblica rende poi decisivo il varo degli “innovativi strumenti europei” richiamati dal Def come strumenti capaci di tenere insieme una politica di bilancio di contrasto della crisi, la sostenibilità della finanza pubblica e la crescita di lungo termine. Ma intanto sta nella responsabilità dell’Italia avanzare con speditezza sul terreno delle riforme necessarie con l’obiettivo di un sistema Paese che funzioni meglio e punti su ricerca e sviluppo, innovazione e digitalizzazione, trasporti e logistica. Del resto, abbiamo straordinari “giacimenti” cui applicare questo tipo di approccio: la coesione territoriale, la ripartenza del nostro turismo (anche attraverso l’impulso fiscale alle vacanze degli italiani in Italia), la riorganizzazione delle nostre città ed il nuovo ruolo del commercio di prossimità, le aggregazioni di rete e di filiera nel tessuto dell’impresa diffusa, la resilienza della qualità del made in Italy e dell’Italian way of life. Ce la possiamo fare: con l’attenzione dovuta alle urgenze, ma anche con la responsabilità di un progetto che guarda all’Italia che verrà.

Carlo Sangalli

presidente di Confcommercio

(segue)

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