Il cardinale Re battezza il partito cattolico

In 500 hanno firmato il manifesto costitutivo: Rete bianca, Fondazione don Gnocchi, Assisi Domani, Centro De Gasperi, Nuova Camaldoli, Popolari, Gruppo La Pira, Unione giuristi cattolici, Fuci (universitari cattolici), e così via

di Carlo Valentini: @cavalent, italiaoggi 7.10.2020

La benedizione c'è, quella del cardinale Giovanni Battista Re, che assicura di rappresentare buona parte dell'episcopato italiano. Basterà per dare linfa all'ennesimo tentativo di formare un nuovo partito cattolico? O meglio: riformare. Sì perché il ricorso storico va alla Dc, anche se i promotori ripetono che i tempi sono cambiati e che lo Scudo Crociato è trapassato e non risorgerà. Abbandonato un certo collateralismo, per esempio quello di Comunione e liberazione coi suoi agganci diretti con esponenti politici, adesso una parte della gerarchia ecclesiastica punta a un impegno diretto dei cattolici e ha mandato in avanscoperta, dopo averlo nominato presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, Stefano Zamagni, docente di economia politica all'università di Bologna e da sempre in primo piano sulle problematiche del terzo settore e del volontariato. (è stato anche alla guida, nominato da Romano Prodi, dell'agenzia nazionale del Terzo settore).

E lui, dopo una paziente preparazione, ha convocato quello che dovrebbe diventare il cerchio magico di questo cattolicesimo militante che intende arrivare in parlamento. Le assise costitutive di Insieme, questo è il nome del movimento, si sono tenute domenica a Roma. Zamagni ha galvanizzato gli animi dei presenti, per lo più ex Dc o impegnati in associazioni cattoliche: «La Dc, tutti ne conosciamo la storia, oggi è improponibile. Ma da qui a dire che i cattolici debbono seguire la cosiddetta tesi della diaspora ce ne corre.

Il bipolarismo è stato l'origine di tutti i nostri mali. In paesi come l'Italia non esiste una società bipolare, è un'imposizione, una sorta di camicia di forza. Per il mondo cattolico, inteso come matrice culturale, questo è particolarmente vero. Oggi c'è una divisione tra i cattolici del sociale e quelli della morale. Ci sono quelli che stanno con la destra per difendere i cosiddetti valori tradizionalisti, ma sul piano delle politiche economiche vanno in un'altra direzione. E dall'altra parte quelli che difendo le ragioni del sociale, in senso ampio, si riconoscono nella piattaforma di sinistra ma poi rimangono scottati perché lì non è assicurato il rispetto dei principi tipici della bioetica. Noi dobbiamo pluralizzare».

Molte le sigle presenti a Roma: Rete bianca, Fondazione don Gnocchi, Assisi Domani, Centro De Gasperi, Nuova Camaldoli, Popolari, Gruppo La Pira, Unione giuristi cattolici, Fuci (universitari cattolici), perfino un Comitato per il No al taglio dei parlamentari, e così via. In 500 hanno firmato il manifesto costitutivo.

Spiega Zamagni: «La politica non può ridursi a questioni come immigrazione, tasse, autonomia regionale. Un progetto politico di medio-lungo termine deve avere alle spalle un pensiero forte, altrimenti diventa un mero calcolo di interessi. Noi aborriamo la cosiddetta negative politics, cioè un'idea di politica che si basa sugli errori degli altri. La gente non ne può più. È il momento di passare a una positive politics. Difendi una tua identità, presenti obiettivi concreti da raggiungere e il cittadino sceglie da che parte stare. Un progetto del genere può aspirare al 25-26% dei voti».

Ma i cattolici potrebbero impegnarsi in politica anche senza un proprio partito. Perché vi è la necessità di «radunarli»? Risponde Zamagni: «Il cristianesimo realizza la sua missione dentro la storia e la prima implicazione è che il cattolico non può non impegnarsi in politica. Quindi quando qualcuno dice che i cattolici ne devono star fuori, commette un errore dovuto a una grande ignoranza di tipo teologico. La tesi della diaspora, secondo la quale i cattolici dovrebbero sparpagliarsi è oggettivamente sbagliata, perché saranno sempre in minoranza nei partiti».

Che all'interno della Chiesa ci sia chi sta promozionando quest'operazione lo conferma (oltre alla presenza al meeting romano del cardinale Re) l'arcivescovo di Ancona, Angelo Spina: «Tutti noi oggi ci poniamo questa domanda: in che direzione andare? Allora bisogna avere una bussola per camminare, che orienti bene». E Zamagni chiosa citando papa Giovanni XXIII: «Lui diceva: «Quando per la strada incontri qualcun altro, non chiedergli da dove viene, chiedigli dove sta andando e se vedi che sta andando nella tua stessa direzione, fate il cammino insieme». Quindi i cattolici, insieme ai laici disponibili, devono presentarsi con questa piattaforma che formuli delle proposte di strategia politica, in grado di far uscire questo Paese dallo stallo».

Accanto a Zamagni c'è un politico blasonato, Lorenzo Dellai, tessera Dc dal 1977 al 1994, deputato (con Scelta civica di Mario Monti) dal 2013 al 2018, in precedenza sindaco di Trento e presidente della Regione Trentino-Alto Adige. Se Zamagni è il teorico, lui ha il compito di condurre la scialuppa appena salpata senza farla infrangere tra i marosi insidiosi della politica. Dice: «Sono appartenuto alla Dc fino a quando non l'hanno distrutta, portandola nei suadenti e dorati lidi di Silvio Berlusconi: quello che, secondo loro, doveva essere il «nuovo De Gasperi». Ma forse non è neppure solo colpa loro, che pure hanno minato alla radice uno dei capisaldi degasperiani: il confine a destra. E neppure è colpa solo di Tangentopoli, che pure ha fatto strame, molto spesso ingiustamente, di una intera classe dirigente democristiana (e socialista)».

Si avverte la mancanza della Dc? «Certo. Non è solo questione di nostalgia per i pochi (ormai) che quella storia hanno vissuto, nelle diverse anime plurali che la connotavano», risponde. «È anche e soprattutto questione che rinvia all'inesistenza oggi di un centro sociale e politico non inteso come equidistanza tattica tra destra e sinistra, ma come fondamento sul quale possa basarsi una idea equilibrata, progressiva, inclusiva della democrazia».

All'assemblea di Roma è stato costituito un coordinamento politico collegiale composto da 21 membri, una segretaria provvisoria e un consiglio di garanzia di cui fa parte anche Antonio Fazio, ex governatore della Banca d'Italia. Tutti insieme appassionatamente nel progetto del nuovo partito cattolico che se non è la Dc poco ci manca e comunque, a differenza di altri tentativi finiti nel nulla, questa volta una parte di vescovi e prelati dà il proprio supporto. E Gianfranco Rotondi, deputato di Forza Italia, tessera Dc dal 1975 al 1994, getta l'amo: «Serve una nuova iniziativa politica capace di dare compimento alle domande che il Santo Padre pone a laici e cattolici».

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