Il rompicapo dei trasporti ha una sola soluzione: ridurre i passeggeri. Didattica a distanza o smart working?

I pendolari che prima della pandemia prendevano i mezzi pubblici erano 3 milioni ogni giorno e a giudicare dalla folla sugli autobus oggi sono ancora troppi

MARIA CARLA SICILIA 13 OTT 2020 ilfoglio.it

I pendolari che prima della pandemia prendevano i mezzi pubblici erano 3 milioni ogni giorno e a giudicare dalla folla sugli autobus oggi sono ancora troppi. Se la scuola non è in discussione allora è caso di ripensare al lavoro agile

TRASPORTO PUBBLICO LOCALE COVID-19 SCUOLA

Niente calcetto, ma tutti a scuola in autobus. Sul nodo trasporti si è arenato ancora una volta il confronto tra governo e regioni, tanto che dopo l'incontro di ieri, il ministro Paola De Micheli ha convocato enti locali e aziende domani a Porta Pia. Il trasporto pubblico locale, in particolare, è ancora l'osservato speciale in questa nuova fase di contagi: a bordo è consentito l'accesso dei passeggeri fino all'80 per cento della capienza, un limite molto più alto di quello che i tecnici avrebbero voluto permettere quando poco prima dell'apertura delle scuole si è raggiunto l'accordo. E d'altra parte, il limite dell'80 per cento è l'unico possibile per non lasciare a piedi studenti e lavoratori. L'anno scorso – dice l'Istat – erano 3,5 milioni gli studenti che si recavano a scuola con i mezzi pubblici e 2 milioni i lavoratori, con il risultato che ogni giorno 3 milioni di persone hanno utilizzato autobus, filobus, tram e metro, e altri 3 milioni li hanno utilizzati almeno qualche volta durante la settimana. Oggi, che secondo Asstra i passeggeri su base nazionale sono dimezzati, ridurre la capienza consentita lascerebbe comunque scoperti circa 275mila passeggeri ogni giorno se si fissasse una soglia massima del 50 per cento.

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Appare chiaro dunque che il rompicapo da risolvere per i governatori e i ministri ha a che fare con un'offerta scarsa di mezzi di trasporto che deve soddisfare una domanda pressante di mobilità: la soluzione nel breve termine non può essere quella di ridurre ancora la capienza, né di acquistare autobus o nuovi treni metropolitani, perché per costruirli ci vorrebbe troppo tempo. Una strada percorribile è però quella di ridurre il numero di persone che ogni giorno si sposta con i mezzi pubblici. Per farlo ci sono due strade: offrire loro un'alternativa credibile di mobilità, e purtroppo le città non diventano “smart” in un giorno, oppure limitare gli spostamenti dei pendolari.

Lasciare a casa gli studenti delle scuole superiori – come hanno chiesto ieri alcune regioni al governo – sarà anche una misura invisa, ma è almeno realistica. E non è escluso che tornerà sul tavolo se contagi e ricoveri non dovessero diminuire, nonostante i numeri dimostrano che non è la scuola il luogo più esposto al virus e anzi i protocolli stanno funzionando. Ma per decidere come risolvere il problema dei trasporti una valutazione politica è necessaria e forse, oltre al ministero dei Trasporti, potrebbe essere utile coinvolgere quello dell'Istruzione e quello del Lavoro: se non si vuole tornare alla didattica a distanza per le scuole superiori, l'alternativa potrebbe essere incoraggiare con decisione il lavoro agile.

Per il momento l'ultimo dpcm ha fissato ad "almeno" il 50 per cento la quota di dipendenti pubblici che possono lavorare da remoto, dopo un passo indietro del governo che in un primo momento pensava di alzare l'asticella al 70 per cento. Neppure per le altre attività professionali sono state fornite nuove indicazioni, se non una "raccomandazione" ad attuare forme di lavoro agile, che intanto, nonostante l'esperienza del lockdown, è rimasto in una zona grigia senza linee guida condivise e spesso senza il salto di qualità che sindacati e lavoratori si sarebbero aspettati. Ora che i contagi preoccupano di nuovo, tornare a parlare seriamente di lavoro agile può essere l'asso nella manica per ridurre la pressione sul trasporto pubblico.

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