M5s, lo scherzetto di Casaleggio: una segreteria piena di scalmanati

L'organo collegiale del Movimento sarà scelto con votazioni sui singoli candidati. Tremano i big, Crimi prende tempo

SIMONE CANETTIERI 04.12. 2020 ilfoglio.it lettura3’

Alessandro Di Battista, Nicola Morra, Danilo Toninelli, volendo Virginia Raggi e magari Dino Giarrusso: sono i nomi più amati dalla base. Tra i moderati c'è solo Di Maio

Vito, abbiamo un problema. Da giorni i generali del M5s, che sognavano la rivoluzione governista, fermano Crimi nei corridoi. Sono tutti preoccupatissimi. Occhi di fuori, mani sudate. Hanno scoperto che Davide Casaleggio – tomo tomo, cacchio cacchio – rischia di metterli, per l’ennesima volta, nel taschino. L’organo collegiale, che supererà il capo politico, potrebbe essere composto da: Alessandro Di Battista, Nicola Morra, Danilo Toninelli, volendo Virginia Raggi e magari Dino Giarrusso.

Un problema non da poco per Luigi Di Maio, Paola Taverna, Stefano Patuanelli, Roberto Fico e tutti gli altri volti noti del Movimento: stabilizzatori, ciascuno per fini propri, di questo governo. Il fatto è che quando si metterà in moto la macchina di Rousseau di Davide Casaleggio, una volta votato il cambio di statuto, inizierà la seconda fase. Quella cruciale.

Ovvero: gli iscritti sceglieranno i loro paladini per il magico board grillino. Praticamente le autocandidature di tutti gli aspiranti componenti dell’organo collegiale che dovrebbe essere composto da cinque persone, ma forse anche da sette.

I pochi iscritti attivi alla piattaforma sono i militanti duri, quelli della vecchia guardia, quelli più barricaderi. Un corpo elettorale virtuale che si discosta da quello ipotetico dell’attuale Movimento. Un partito del potere, al di là di periodiche strambate, che guarda a sinistra, che parla con toni rassicuranti, tondo e non più contundente. Insomma, il vestito di Di Maio. E al massimo di Paola Taverna. I due unici big che possono vantare un certo seguito sulle piazze del web, tra le praterie dei like dei social network. Poi ci sono gli altri. O meglio loro: Alessandro Di Battista e i suoi fratelli, il primo calco del M5s, che non a caso sembra non trovare margini di manovra negli assetti di governo. Casaleggio lo sa, ma sa che le regole sono regole. E così si sta imponendo con Crimi affinché le autocandidature siano votate singolarmente. Senza arrivare alle squadre. In questo modo potrebbero spuntarla, appunto, i pretoriani. Difensori del come eravamo, compreso lo strapotere del figlio di Gianroberto. Che da tempo – attraverso il social “Mi fido” – sta misurando la temperatura dell’iscritto medio del M5s. Prendiamo la giornata di ieri intorno alle 18. Volete sapere chi erano i più votati?

Eccoli, in preciso ordine di like: Dibba 641, Di Maio 335, Morra 340, Raggi 329, Casaleggio 237, Toninelli 227, Giarrusso 190, Fico 157, Taverna 155, Crimi 103, Buffagni 89.

Un test che la dice lunga. E che spiega così i tormenti della nomenklatura. Dalla padella alla brace. Dal sonnolento Vito Crimi agli scalmanati. Ecco perché il secondo tempo degli Stati generali arranca. Nessuno decide. Si rimanda. Si gonfiano i timori dei governisti così come i petti di chi cerca rivincite personali. Intanto, dunque, è tutta una corsa a riposizionarsi a far vedere chi è più puro. E se Di Maio, dopo gli occhi dolci a Forza Italia agita il tormentone del conflitto d’interessi, ecco Buffagni, pronto a sbattere i pugni sul tavolo: “Basta moderatismo”, come ha detto ieri al Corriere. Messaggi da ficcare in bottiglia per uso interno più che di governo. Stesso discorso sul Mes, con i distinguo di una nutrita pattuglia di deputati e senatori. “Ci vorranno almeno due mesi”, dice chi sta seguendo con Crimi la seconda fase degli Stati generali. Due mesi per mettere sulla piattaforma Rousseau la risoluzione che cambia lo statuto, votarla, scrivere il nuovo statuto, votarlo di nuovo, e poi procedere con l’elezione dell’organo collegiale. Sarebbe una beffa clamorosa: quelli che volevano dare una scossa potrebbero rimanere folgorati.

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