"QUESTA È UNA GENERAZIONE DI RAGAZZI PERDUTA,

SOLTANTO CHI HA I SOLDI ANDRÀ AVANTI" - LO STORICO DELLA PEDAGOGIA ADOLFO SCOTTO DI LUZIO: "LA SCUOLA È STATA SMONTATA ..

4.1.2021 dagospia.com lettura4’

LA SCUOLA È STATA SMONTATA DALLE VARIE RIFORME E IL COVID FARÀ SENTIRE IL DIVARIO TRA LE FAMIGLIE IN GRADO DI GARANTIRE AI FIGLI UN FUTURO E QUELLE MENO ABBIENTI. LE NUOVE GENERAZIONI SARANNO MENO PREPARATE E IL PAESE RISENTIRÀ DI QUESTO IMPOVERIMENTO CULTURALE. AZZOLINA? FIGURA DEBOLE»

L.D.P. per "la Verità" . «La scuola è stata messa ai margini dell' agenda del governo. Ma non me ne stupisco perché è un processo che dura dagli anni Novanta. Solo che ora con il Covid è più evidente. Le nuove generazioni saranno meno preparate e quindi meno competitive e il Paese risentirà di questo impoverimento culturale. L' Italia avrà un ruolo internazionale sempre più subordinato. Nessuno si rende conto dei danni che la politica caotica sulla scuola avrà negli anni a venire».

Adolfo Scotto di Luzio, storico della pedagogia, è una voce fuori dal coro del conformismo didattico. Docenti e pedagoghi descrivono la didattica a distanza come una esperienza formativa importante per i giovani, e sembrano non curarsi del vuoto di apprendimento causato dall' interruzione prolungata delle lezioni in presenza, mal compensato da piattaforme informatiche. Per Scotto di Luzio la generazione scolastica del Covid potrebbe essere una generazione perduta.

Si parla tanto di ristoranti e bar ma ci si dimentica che la scuola è chiusa da mesi, che non tutti hanno pc e connessione per la didattica a distanza. Come mai la scuola è scesa agli ultimi posti dell' agenda del governo?

«È la conseguenza della disarticolazione della catena di comando. La scuola non è più nelle competenze dello Stato centrale. Il ministro può consigliare una linea ma poi spetta alle Regioni decidere».

Sta contestando il decentramento decisionale, l' autonomia delle Regioni e degli istituti scolastici?

«La scuola è stata smontata dalle varie riforme. Gli istituti sono Stati indipendenti, il processo decisionale si interrompe sulla via del rapporto tra lo stato e le regioni, con i dirigenti scolastici presi in mezzo tra ministero e governatori».

Quindi il problema non è il ministro dell' Istruzione, Lucia Azzolina?

«Il ministro è una figura debole perché l' ordinamento lo ha svuotato delle prerogative istituzionali. Il cuore dalla crisi del sistema scolastico è l' autonomia. Questo vulnus è emerso con maggior evidenza nell' emergenza Covid. Ogni Regione decide per proprio conto. Manca un' autorità politica con la responsabilità di dare l' indirizzo perché deve fare i conti con la moltiplicazione dei centri di poteri. Il governo dice una cosa ma poi deve venire a patto con i governatori. Il messaggio che arriva ai giovani è di una assoluta marginalità della scuola».

Quali saranno le conseguenze della prolungata chiusura delle scuole? La didattica a distanza è riuscita a compensare il blocco delle lezioni in presenza?

«La didattica a distanza è una soluzione dettata dall' emergenza ma di qui a teorizzare che la scuola possa funzionare attraverso le piattaforme online ce ne passa. Tante famiglie non hanno il computer e altrettante pur avendo i sistemi informatici non dispongono di un collegamento internet efficace. Questo sistema non può durare a lungo, non più di quanto è stato finora. C' è il rischio di mandare il messaggio che la scuola non serve a niente e gli insegnanti sono inutili e fannulloni».

E le conseguenze sui ragazzi?

«Questa è una generazione già fragile culturalmente, debole dal punto di vista degli strumenti intellettuali, della capacità di interpretare il mondo, della capacità critica.

La conseguenza della perdita di un anno di scuola, perché di questo si tratta, sarà l' aumento delle differenze sociali di provenienza. Chi ha alle spalle risorse familiari economiche e di relazioni, se la caverà. Sa che potrà compensare quest' anno perso andando nelle migliori università straniere o con lezioni private di supporto. Gli altri porteranno lo stigma di essere la generazione Covid che sta dentro un processo di smantellamento culturale in corso da anni».

Il Covid ha esaltato le differenze sociali, ridimensionando il ruolo della scuola come ascensore sociale?

«Proprio così. Oggi più di ieri si farà sentire il divario tra le famiglie in grado di garantire ai figli un futuro e quelle meno abbienti. In una scuola più debole, il destino delle persone è restituito alle differenze sociali di partenza. Ma allora avrà fallito il suo compito. È un processo che non nasce con il Covid ma con il Covid si è accentuato. La crisi della scuola pubblica è anche la crisi dei meccanismi pubblici di formazione e di selezione delle classi dirigenti. Negli ultimi decenni le élite che hanno assunto funzioni di governo o vi hanno aspirato sono venute sempre più dal mondo delle banche e della finanza».

L' eredità del Covid sarà quindi non solo una generazione perduta ma anche un Paese perduto?

«L' impoverimento culturale porterà a un' ulteriore marginalizzazione del nostro Paese dai luoghi decisionali che contano. Abbiamo perso posizioni sul piano strategico, diplomatico, industriale e perfino nel Mediterraneo».

È un processo irreversibile?

«Bisognerebbe fare marcia indietro, abolire le misure controproducenti avviate a partire dagli anni Novanta, ridare centralità alla scuola. Lanciare un messaggio chiaro ai giovani sull' importanza della preparazione culturale. Il caos decisionale sulla ripresa delle lezioni in presenza non va in questa direzione».

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata