Se il populismo gioca con le parole, c'è qualcuno poi che le trasforma in pietre

Da Trump, con la sua destra vichinga, alla destra italiana: il dizionario del populismo, nel dare risposte semplici a problemi complessi, contribuisce a offrire al popolo delle parole che diventano leve per compiere azioni eversive

CLAUDIO CERASA 11.1. 2021 ilfoglio.it   lettura4’

Mettiamo per un attimo da parte il tema della crisi di governo, che in un modo o in un altro si risolverà nelle prossime ventiquattro ore, e torniamo per un istante alle incredibili immagini del Congresso americano, occupato dalla furia della destra vichinga. Quelle immagini hanno contribuito a tirar fuori dai nostri cassetti un numero indefinito di emozioni e di preoccupazioni che ci hanno indotto a riflettere su una moltitudine di temi importanti. Ci hanno portato a ragionare sui confini della democrazia, ci hanno portato a ragionare sui confini dell’autoritarismo, ci hanno portato a ragionare sui confini del fascismo, ci hanno portato a ragionare sui confini delle destre, ci hanno portato a ragionare sui confini del populismo, ci hanno portato a ragionare sui confini del nazionalismo, ci hanno portato a riflettere sui confini dei social ma ci hanno distratto forse da quello che è il tema più importante e che riguarda la base della comunicazione politica: l’uso delle parole. Il parolismo – inteso come un uso disinvolto dello strumento delle parole, dove per disinvolto si intende utilizzato senza tenere conto delle conseguenze di alcune parole – è una delle eredità peggiori del populismo.

E le scene che abbiamo osservato la scorsa settimana in America sono lì a ricordare e a ricordarci un fatto che dovrebbe essere ovvio e che purtroppo non lo è, sintetizzato con una formula perfetta anni fa da Carlo Levi: le parole sono pietre. I populisti spesso non ci pensano (o almeno fingono di non pensarci) ma ciò di cui non si rendono conto (o quantomeno ciò che fingono di non capire) è che il dizionario del populismo, nell’offrire risposte semplici a problemi complessi, contribuisce a offrire al popolo delle parole che diventano come delle leve per compiere alcune azioni eversive.

E’ stato così mercoledì scorso al Congresso americano dove una banda di fascio-vichinghi ha messo a soqquadro il cuore della democrazia americana limitandosi a far proprio l’allarme lanciato da Donald Trump a proposito della democrazia violata dai brogli e a proposito del prossimo avvento di un impostore alla Casa Bianca. Ma è stato così anche in molte altre occasioni in cui i campioni della destra nazionalista, populista, sovranista e anche fascista si sono dolorosamente ritrovati a fare i conti con alcune azioni eversive portate avanti da soggetti intenzionati semplicemente a mettere in pratica, in modo duro, truce, le lezioni suggerite dai campioni della destra nazionalista, populista, sovranista e anche fascista.

  

Succede così di ritrovarsi di fronte a scene come quelle che hanno visto per protagonista un uomo inglese che nel 2016 ha sparato al grido di “Britain first” contro una parlamentare laburista di nome Jo Cox che non aveva altra colpa se non quella di essere una “schifosa” europeista contraria alla Brexit. Succede così di ritrovarsi di fronte a scene come quelle che hanno visto per protagonista Luca Traini, l’ex leghista che nel 2018, prendendo un po’ troppo alla lettera l’idea di proteggere prima un po’ di più gli italiani e un po’ meno i non italiani, decise di sparare contro alcuni immigrati a Macerata. Succede così di ritrovarsi di fronte a scene come quelle che hanno visto per protagonisti gli attentatori di Christchurch, in Nuova Zelanda, che nel 2018, prendendo spunto anche dalla tentata strage di Macerata, fecero una strage in una moschea dopo aver scritto il nome di Luca Traini su uno dei caricatori dei mitragliatori portati con sé durante gli attentati. Succede così di ritrovarsi di fronte a scene come quelle di El Paso dove, nel 2019, un ragazzo di 21 anni è entrato con un mitra in un supermercato uccidendo ventuno persone e ferendone almeno ventisei, subito dopo aver pubblicato sulla rete un manifesto di quattro pagine, contro “l’invasione ispanica del Texas”, mosso in buona parte anche dai più truci sentimenti xenofobi ispirati dalla destra trumpista.

Non si tratta di considerare i nazionalisti sovranisti, populisti e a tratti un po’ fascisti come i mandanti morali degli attentati che abbiamo appena elencato (il suprematismo bianco esiste da prima dell’arrivo dei Trump, dei Salvini e delle Le Pen) ma si tratta semplicemente di ricordare che le parole sono come pietre e che se i parolai del populismo giocano con la xenofobia (“Stop immigrazione”), con il razzismo (“Prima gli italiani”), con il complottismo (“Ci hanno rubato la vittoria”), con il suprematismo (citofonare Bannon) non possono poi stupirsi se qualcuno trasforma in pietre (o in copricapi da vichinghi) le loro parole.

  

Quando il mondo deve fare i conti con un attentato di matrice islamista, i populisti non mancano mai di ricordare quanto sia vergognoso concentrarsi sul problema del terrorismo senza prendere in considerazione il problema dell’islamismo. Lo stesso sforzo oggi andrebbe chiesto a tutti i leader di destra desiderosi di fare un passo verso il futuro cancellando le idiozie del passato, e lo sforzo coincide con un esercizio in fondo non troppo difficile: chiedersi se sia solo un caso che gli atti eversivi portati avanti dai campioni della destra vichinga siano atti che nascono in modo spontaneo o siano atti ispirati da una qualche ideologia. Fino a che la destra (non solo italiana) non avrà il coraggio di porsi questa domanda, la destra continuerà a essere quello che è oggi: un facile rifugio per tutti i pensieri complottisti in cerca d’autore, compresi quelli di riportare all’anno zero le lancette della democrazia liberale. E fino a che la destra sarà questa, la destra continuerà a essere una forza politica buona per manovrare più un social che un governo.

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