Draghi e la via ignaziana al governo

Padre Giuseppe Spadaro, direttore de La Civiltà cattolica commenta il discorso del premier a Palazzo Madama. L'elogio alla sua “sobrietà con un’anima”, l'interesse alla visione geopolitica

MICHELE DE FEUDIS 17.2. 2021 ilfoglio.it

Padre Spadaro gesuita 

La visione ignaziana al governo con Mario Draghi?

"Il presidente è stato studente dei gesuiti. La formazione che ha avuta tende sempre ad avere chiare le questioni. Si parte dal concreto per compiere una valutazione. E’ una visione non ideologica dell'azione e della comunicazione, molto esperienziale, fondata sull’osservazione diretta. Poi sull'esperienza si riflette: non sulle idee astratte ma sui dati dell'esperienza. L'obiettivo è l'azione, che deve sempre essere seguita da una adeguata valutazione. Questa è l’essenza del metodo educativo dei gesuiti": padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà cattolica, offre una lettura profonda del discorso del premier.

 

“Fin dalla prime parole pronunciate a Palazzo Madama è emerso un uomo che sente un senso di responsabilità e lo dimostra visibilmente”, aggiunge Spadaro. È emerso lo statista. E sul quadro parlamentare precisa: “Ha invocato lo spirito repubblicano, disconoscendo il fallimento della politica. In controtendenza ha sottolineato che i partiti non perdono la propria identità, ma sono chiamati a lavorare in sinergia in un inconsueto perimetro di collaborazione”. Diventa centrale “il concetto di cittadinanza”: “Vedo - spiega ancora - un interessante punto di incontro con la visione di papa Francesco in “Fratelli tutti”: prima delle appartenenze ideologiche, c’è il dovere della cittadinanza, in grado di armonizzare le differenze per il bene comune”. Assistiamo a una trasformazione delle forze politiche in campo, chiamate a una collaborazione inedita. Niente sarà come prima”.

“Draghi riflette su una “dimensione di futuro” - puntualizza Spadaro - come speranza da trasmettere ai giovani che verranno dopo di noi. Questo mi colpisce innanzitutto: il suo è stato un discorso molto aperto al futuro e a chi verrà dopo di noi. In questa direzione ha dato un posto centrale alla scuola e alla formazione". Quando Draghi parla di “investire in una transizione culturale”, per Spadaro, “interpreta il cambiamento in corso e auspica un percorso educativo che combini il patrimonio di cultura umanistica proprio del nostro Paese e le grandi sfide, quelle dalla globalizzazione, del digitale e dell’ambiente, a cui ha riservato una citazione del Papa”. La sfida è - come per i gesuiti del Cinquecento - coniugare formazione umanistica e sfide nuove.

“La geopolitica? Draghi contestualizza l’azione dell’Italia nell’area europea e atlantica - prosegue Spadaro - e parla di sensibilità mediterranea. Evidenzia come il sovranismo non sia una soluzione perché isola i paesi. E non c'è vera sovranità nella solitudine. L'approccio di Draghi è chiaramente aperto al multilateralismo. Interessante anche l'accenno alle tensioni in Asia attorno alla Cina e la nuova fiducia nei rapporti con gli Usa”.

C’è chi individua una consonanza tra il “Whatever it takes” e il “todo modo” di Ignazio di Loyola: “Francamente non mi soffermerei su questo”, afferma Spadaro. “Semmai insisterei sul fatto che la sobrietà per Draghi ha un’anima e capovolge la narrazione costruita sulla presunta freddezza del “tecnocrate”, conclude Spadaro

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