Le ansie dei partiti e il superministero da assemblare. Le prime grane di Draghi

Le trattative per i sottosegretari s'allungano. La centralità di Garofoli, che mette in moto la macchina di Palazzo Chigi dove il Dagl è ancora privo del suo nuovo capo, Carlo Deodato. Giorgetti Mef in crisi.

SIMONE CANETTIERI E VALERIO VALENTINI 19.2. 2021

Salvini logora il M5s ("Li ho provocati per spaccarli"), che perde la bussola. La centralità di Garofoli, che mette in moto la macchina di Palazzo Chigi dove il Dagl è ancora privo del suo nuovo capo, Carlo Deodato. Giorgetti vede Violante

    

Incassata la fiducia alle Camere, c'è da gestire i ristori ("Sette o otto miliardi", dice Orlando) e le difficoltà delle imprese ("Qui è tutto in crisi", mugugna Giorgetti). Ma far partire il nuovo dicastero della Transizione ambientale si rivela più difficile del previsto

Dice che "lo sguardo al futuro caratterizzerà l’azione del governo”. Ma nei prossimi giorni Mario Draghi dovrà iniziare subito a garantire un presente alle imprese in crisi che, come riconosce durante il dibattito per la fiducia alla Camera, finora “sono state aiutate secondo gli standard europei”. Una carezza, insomma, all’“esimio predecessore” Conte, dal 1° marzo di nuovo all’Università di Firenze. Ma nei prossimi Cdm - forse già in quello in programma per lunedì - andrà varato il nuovo decreto Ristori. “Una manovra da 7-8 miliardi a seconda delle chiusure totali o parziali”, dice il ministro del Lavoro Andrea Orlando ai deputati che lo interrogano.

Poi ci sono gli altri ristori: quelli che Draghi dovrà dare ai partiti della maggioranza XXL che lo sostiene. Dalla prossima settimana, infatti, entrerà nel vivo il gioco dei sottosegretari e dei viceministri. Un puzzle complicato con tante bocche da sfamare. Per il Pd il dossier è nelle mani della coppia Orlando & Franceschini. Dalla Lega, chi è vicino a Matteo Salvini auspica un vertice con tutti i leader per sbloccare l’empasse. Per decidere a chi tocca cosa. “E se ho provocato i grillini nel mio discorso, parlando di Tav e ponte sullo Stretto, non l’ho fatto a caso”, ha spiegato il capo della Lega ai suoi fedelissimi. “Perché è chiaro che con venti senatori e quindici deputati in meno - sentenzia Edoardo Rixi - l’algoritmo delle ripartizioni va ricalcolato”. E non è un caso, allora, se tra le motivazioni usate da Vito Crimi per ricondurre alcuni dei riottosi sulla strada della fiducia, c’era proprio la consapevolezza che “se ci spacchiamo, anche nelle trattative per il sottogoverno ne usciamo indeboliti”. “Dovrebbero perdere due posti, e almeno uno sarà assegnato a noi”, spiegava Antonio Tajani nel cortile di Montecitorio ai tanti deputati che lo assediavano. E certo questo non basterà a evitare che di scontenti ce ne saranno comunque: perché per sette posti previsti ci sono almeno venti auto candidature che il neo coordinatore di Forza Italia dovrà gestire, sapendo che nel frattempo c’è chi, come Gianni Letta, conduce negoziati paralleli, con un canale di dialogo privilegiato direttamente col Quirinale.

Su tutto sovrintende, per ora, Roberto Garofoli. Il quale però, se con una mano smista le richieste dei partiti, con l’altra deve dirigere il traffico tra Via Veneto e la Cristoforo Colombo. Perché la creazione del ministero per la Transizione energetica passa innanzitutto per il trasferimento delle direzioni generali per l’Approvvigionamento e le Infrastrutture dell’energia dal Mise all’Ambiente: competenze pesanti gestite da un esercito di 180 funzionari che andrà riassegnato. E poi bisognerà anche creare il Comitato interministeriale per lo Sviluppo e la mobilità sostenibile, la cui guida andrà a Roberto Cingolani. I travagli del cambiamento li sta gestendo Palazzo Chigi - col Dagl ancora in attesa di vedere ufficializzata la nomina del suo annunciato capo, Carlo Deodato - d’intesa con le strutture tecniche dei due dicasteri coinvolti, sottoposte ai rivolgimenti del trapasso dal BisConte al Draghi I.

E a Giancarlo Giorgetti - che ieri ha incontrato Luciano Violante alla fondazione Leonardo - è bastato sfogliare i primi dossier lasciati sulla scrivania al primo piano di Palazzo Piacentini, per capire che “qui tutto è in crisi, quasi peggio del mio Southampton”, con amaro riferimento alla sua amata squadra di calcio, che in Premier League se la passa male assai. Anche per questo il vicesegretario leghista pare orientato ad affidarsi a chi, come Stefano Varone, la macchina del Mise la conosce bene, essendo già stato capo dell’Ufficio legislativo con Carlo Calenda e dunque destinato a ricoprire di nuovo quell’incarico.

Ci vorrebbe tempo, per gestire con serenità la transizione. Ma di tempo ce n’è poco, perché a fine aprile a Bruxelles bisognerà consegnare il Recovery plan completo. Anche per questo Draghi ha sollevato i suoi ministri dall’obbligo della presenza alla Camera. “Sentitevi pure liberi di andare a lavorare, durante i dibattiti d’Aula”, li ha catechizzati. E così, mentre lui se n’è restato per due giorni a riempire fogli su fogli di appunti, chiosando gli interventi di senatori e deputati, gli altri membri del governo iniziavano ad avviare le macchine ministeriali. Tra loro, Enrico Giovannini, che dalla tolda di comando del Mit avrà il suo bel daffare in vista del Recovery, ha avuto modo d’incontrare sia Alberto Stancanelli, confermandolo capo di gabinetto, sia Giuseppe Catalano, che da responsabile della struttura tecnica   ha scritto   gran parte della porzione del Pnrr su   infrastrutture e trasporti. E in questo caso, sia nei nomi sia sui progetti, pare che la continuità prevarrà sul cambiamento.

Commenti   

#1 walter 2021-02-19 15:20
“MISE” EN SCENE – GIANCARLO GIORGETTI AVRÀ IL SUO BEL DA FARE CON LE 99 CRISI INDUSTRIALI GIÀ APERTE (E QUELLE CHE SI APRIRANNO NEI PROSSIMI MESI): OGGI IL PRIMO VERTICE SULL’EX ILVA. A TARANTO SI RISCHIA LO SPEGNIMENTO DEI FORNI AD APRILE DOPO LA SENTENZA DEL TAR – PER ALITALIA TORNANO IN PISTA I TEDESCHI DI LUFTHANSA… Il governo «proteggerà tutti i lavoratori» ma le imprese «dovranno cambiare, anche radicalmente». Lu.Mo. per “La Stampa” da dagospia.com

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