NEL PD TIRA UNA BRUTTA CORRENTE

 AL NAZARENO AFFILANO I COLTELLI CONTRO ZINGA E IL SUO VICE ORLANDO, CHE HA DEFINITO “SCORIE E RIGURGITI DEL PASSATO CENTRISTA RENZIANO” LA CORPOSA COMPONENTE “BASE RIFORMISTA”.

27.2.2021 dagospia.com lettura4’

PROPRIO LUI CHE DICEVA: “UN GOVERNO CON LA LEGA? NEMMENO SE LO GUIDA SUPERMAN” – GUERINI MEDITA VENDETTA, MA NON HA FRETTA: “DOPO LA PANDEMIA IL CONGRESSO DOVRÀ SANCIRE LA RIGENERAZIONE DEL PARTITO” – SLOGAN COME “O CONTE O VOTO HANNO SCHIACCIATO IL PARTITO QUASI CHE…”

1 – PD, GLI ESCLUSI DAL GOVERNO ALL'ATTACCO DI ZINGARETTI

B.L. per “il Messaggero”

 

Dalla delusione degli ex sottosegretari non riconfermati alle liti sul congresso, non c'è pace nel Pd. Sulla pagina Fb della corrente dem che si chiama Base Riformista è stata postata una citazione che la dice lunga sugli umori della corposa componente che fa riferimento a Lorenzo Guerini e Luca Lotti. «Un partito che non si rinnovi con le cose che cambiano, che non sappia collocare e amalgamare nella sua esperienza il nuovo che si annuncia, viene prima o poi travolto dagli avvenimenti, tagliato fuori dal ritmo delle cose che non ha capito e alle quali non ha saputo corrispondere».

La citazione è di Aldo Moro. E il rinnovamento, di cui sopra, per Base Riformista non può che passare per un Congresso, da fare in autunno. L'intervista di Andrea Orlando che ha accusato gli ex-renziani dem di «intelligenza con il nemico». ha scatenato un putiferio. E poi c'è la delusione di chi ha visto sfumare la riconferma. Sandra Zampa e Alessia Morani, ex sottosegretarie, la rendono pubblica.

Altri preferiscono tacere ma gli umori sono gli stessi. E poi, in generale, c'è la preoccupazione per un esito che vedrebbe i dem indeboliti nella squadra di governo. In questi giorni, sembra che non ci sia tema che nel Pd non scontenti qualcuno.

2 – GUERINI E IL CONGRESSO DOPO LA PANDEMIA

Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

Non è tempo di polemiche nel Pd. Ma dopo la pandemia, secondo Lorenzo Guerini, servirà un congresso per «la rigenerazione del partito». È il momento dell'emergenza, sono i giorni in cui il governo di Mario Draghi muove i primi passi, perciò il ministro della Difesa sta lavorando per sedare le tensioni attorno a Nicola Zingaretti e sta evitando di rispondere a certe battute, mirate a delegittimare la componente dem che guida insieme a Luca Lotti: «Queste sono bagattelle di cui ci occuperemo in seguito».

Nei colloqui informali con alcuni esponenti di Base riformista, infatti, ha spiegato che il partito deve piuttosto accompagnare con convinzione il lavoro del governo: «Le coordinate del premier - dall'europeismo all'atlantismo, dal lavoro all'educazione - sono le nostre coordinate. E le comprensibili difficoltà di questo esperimento politico non possono distoglierci dall'obiettivo.

Ecco perché il Pd non deve vivere questa fase come una condizione dalla quale difendersi. Noi dobbiamo abbracciare l'agenda Draghi che, oltre a voler superare la crisi pandemica ed economica, mira all'innovazione del Paese. A partire dalla riforma del fisco e della giustizia, per la quale dovremo sostenere il lavoro del Guardasigilli».

E non ci sono limiti di tempo per realizzare il disegno, siccome l'esecutivo «durerà quanto servirà al Paese». Semmai sono fuori tempo e fuori luogo le polemiche pubbliche nel partito, sebbene Guerini abbia ripercorso durante le conversazioni riservate gli errori commessi dal Pd, «certe scelte fatte quando i processi politici le rendevano già superate», «una certa narrazione smentita prima che dai fatti dalle nostre stesse decisioni», e poi certi slogan - come «o Conte o al voto» - che hanno «schiacciato il partito quasi che il suo destino dipendesse da una persona».

Ma che senso avrebbe oggi una simile contesa con il segretario, ha chiesto, «quando serve agire con senso di responsabilità per rispetto verso il Paese e verso noi stessi»? Arriverà il momento di un dibattito chiaro tra i dem: «Dopo la pandemia il congresso dovrà sancire la rigenerazione del partito».

E allora il tema dell'identità sarà centrale, «altro che il problema delle alleanze», e andrà affrontato una volta per tutte «senza più ipocrisie». «Chi continua a immaginare il Pd come un partito di ex non dà futuro al Pd», ha detto Guerini.

Che deve fronteggiare il disgusto di quanti vengono bollati come «ex renziani» e che nei giorni scorsi hanno sentito Andrea Orlando trattarli come fossero paria: «Proprio lui - si sono lamentati - che è diventato ministro di Draghi dopo aver detto che sarebbe entrato in un governo con la Lega nemmeno se a guidarlo ci fosse stato Superman».

Il titolare della Difesa ha placato gli animi di chi gli ha sottolineato che «noi veniamo trattati come degli appestati», e ha riconosciuto che «il tema esiste»: «Ma la verità è che senza di noi la scissione nel Pd sarebbe stata più pesante. Senza di noi, l'ambizione riformista di questo partito sarebbe andata persa».

In attesa delle assise, Guerini ritiene comunque opportuna una tregua interna. Ciò non toglie che in questa lunga fase di transizione serviranno regole chiare e anche pari dignità nel partito. Almeno è quello che si intuisce quando nei conversari ha spiegato che «noi abbiamo svolto un ruolo, abbiamo creduto e crediamo ancora nel Pd come forza del centrosinistra, dove convivono anime diverse. Adesso come si farà a gestire questa fase, dipenderà anche dalla sensibilità di chi è chiamato a guidarla».

Ovviamente si riferiva a Zingaretti, con il quale ripete che «non c'è nessun problema»: «Lui sa che il momento è straordinario e che dunque anche il suo mandato è straordinario», che insomma il potere ricevuto dal congresso è superato da una fase senza precedenti in cui «il Pd va messo in sicurezza».

Perciò nel traghettamento il segretario dovrà assicurare «una gestione realmente collegiale», che secondo Guerini «è cosa diversa dalla gestione unitaria fin qui applicata». E non c'è dubbio che l'azione di governo detterà temi anche al congresso, dove il ministro della Difesa vorrà arrivare declinando i principi di «un nuovo riformismo popolare» sulle questioni «del lavoro», «dei giovani», e di una «democrazia liberale che non sia una mera democrazia elettorale», per evitare che «le attese delle nuove generazioni vadano deluse» e finiscano per cadere nelle braccia di «nuovi populismi».

«Ecco perché non servono polemiche nel partito in questa fase», così il dirigente dem ha convinto gli esponenti di Base riformista a impegnarsi su altri fronti: «In Parlamento, quando sarà possibile, il partito dovrà porre il tema della legge elettorale. Serve il proporzionale per uscire dal bipolarismo forzato a cui ci costringe l'attuale sistema». Per esempio...

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