Contiani vs CasaleggesiI Cinquestelle sono l’Alitalia della politica (il conto sarà a carico del Pd)

Quelli che volevano sostituire il Parlamento con Rousseau hanno capito che il Parlamento è meglio, e vogliono restarci. Ma il limite dei due mandati è la loro ragione sociale, quindi potrebbe toccare ai Dem gestirne gli esuberi

Francesco Cundari 14.4.2021 linkiesta.it

Poche letture sono più educative del dibattito interno al Movimento cinque stelle che da qualche settimana riempie le pagine politiche dei giornali, restituendo loro lo smalto perduto, perlomeno, dai tempi di Lello Ciampolillo e degli altri impavidi costruttori chiamati a puntellare, invano, il governo Conte (a proposito, che fine hanno fatto? Faranno parte anche loro dell’«area di pensiero plurale» bettiniana che s’inaugura oggi? E se no, perché no? Troppo plurali? Troppo pensierosi?).

A leggere le cronache, gli schieramenti in campo sono sostanzialmente due: quello di chi, come gli eletti al primo mandato, condivide con entusiasmo la presa di posizione di Beppe Grillo a difesa del limite dei due mandati, e quello di chi, come gli eletti al secondo mandato, non la condivide con altrettanto entusiasmo, e invita a trovare «una soluzione».

L’esigenza di «trovare una soluzione» è una nebulosa formula retorica che si incontra spessissimo nel dibattito interno ai Cinquestelle, e sta per qualcosa di simile al «mandato zero» (quando si trattava di allentare il vincolo almeno per gli eletti locali), o la «transizione ecologica» (quando si trattava di partecipare al governo Draghi, dopo aver detto che mai e poi mai lo avrebbero fatto), o il bizzarro codice alfanumerico orizzonte/transizione/Italia-2050 (quando non si sapeva nemmeno bene perché, ma si sentiva comunque l’esigenza di buttare la palla in tribuna).

In breve, la «soluzione» è una supercazzola capace di allontanare anche solo un minuto, un attimo ancora, il momento in cui dover dire: «Scusateci. Vi abbiamo detto un sacco di scemenze, e ora intendiamo fare l’esatto contrario. Abbiate pazienza».

Tutta la polemica tra Davide Casaleggio, che accusa gli eletti di non voler saldare i conti con l’associazione Rousseau e di volersi affrancare dalla sua piattaforma proprio per sfuggire al limite dei due mandati, dimostra però che non c’è «soluzione» che tenga: quelli che volevano imporre la democrazia diretta all’Italia intera, e pretendevano di «superare la democrazia rappresentativa» proprio con Rousseau, hanno scoperto che affidarne le chiavi a una società privata e a un’associazione parimenti controllata dallo stesso signore di cui sopra forse non era un’idea così brillante.

E adesso che con il signore in questione non vanno più tanto d’accordo, guarda un po’, si sono accorti del fatto che è un sistema poco trasparente, e anche poco democratico, visto che non riescono a ottenere da lui nemmeno l’elenco degli iscritti al loro stesso movimento. In estrema sintesi: quelli che volevano sostituire il Parlamento con Rousseau hanno capito che il Parlamento è meglio, e vogliono restarci.

Il guaio, per loro, è che tutto si tiene. Perché è verissimo, e su questo hanno mille volte ragione Grillo, Casaleggio e persino Alessandro Di Battista, che il limite dei due mandati, per il Movimento cinque stelle, non è una regola come un’altra. È la premessa su cui si regge l’intera costruzione. È la sua ragione sociale: il «superamento» della democrazia rappresentativa fondata sul Parlamento e sui partiti, cioè su organizzazioni stabili composte da professionisti della politica, per sostituirla con la democrazia diretta dei clic e con i cittadini-portavoce. Cittadini-portavoce che non sono solo perfettamente intercambiabili, ma devono essere continuamente avvicendati, proprio per non diventare anch’essi deplorevoli professionisti della politica, che a loro volta trasformerebbero il Movimento, da semplice esecutore della «volontà della rete», in un partito come gli altri.

E se ora volete dirmi che della volontà della rete il Movimento si è sempre fatto beffe, rigirandosela come gli faceva comodo, ora proponendo quesiti ridicoli, ora non proponendoli affatto, e sempre tenendo ben chiusi in cassaforte, come si vede, nomi, numeri e procedure delle proprie consultazioni interne, alla faccia della trasparenza, avete perfettamente ragione. Ma è così sin dall’inizio. È sempre stato così. Una volta smontata questa architettura, per quanto fasulla, non resta più niente.

O meglio: resta soltanto un esercito di eletti, senza meta e senza bandiera, perché ha marciato e combattuto sotto tutte le bandiere disponibili, dalla Lega a Liberi e uguali. Un esercito estremamente numeroso e per tante ragioni, a cominciare dai ben noti meccanismi di selezione su Rousseau, non particolarmente qualificato.

Una zavorra, in poche parole, ma una zavorra di cui Grillo sembra deciso a liberarsi. Con una fermezza che nei dirigenti del Partito democratico, così ansiosi di accogliere il movimento in una nuova alleanza di centrosinistra, dovrebbe far nascere almeno un sospetto: che dal giorno dopo, proprio in forza del famoso limite dei due mandati, tanti baldi dirigenti grillini restino in carico alla coalizione, cioè a loro.

L’impressione, insomma, è che il Movimento cinque stelle sia oggi l’Alitalia della politica. E bene farebbe, dunque, la compagnia dei democratici a studiare con attenzione le sue mosse, senza farsi troppe illusioni sui grandiosi piani di rilancio contian-bettiniani, prima di ritrovarsi a doverne gestire i cospicui esuberi.

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