I poteri di Super Mario. L’azzeramento dei partiti e i sonnambuli in Parlamento

Finora sul Recovery Plan non c’è stata alcuna polemica. Forse perché nessun leader ha oggi la forza di alzare la voce con il presidente del Consiglio.

Mario Lavia 21.4.2021 linkiesta.it lettura4’

Finora sul Recovery Plan non c’è stata alcuna polemica. Forse perché nessun leader ha oggi la forza di alzare la voce con il presidente del Consiglio. E fra Montecitorio e palazzo Madama i parlamentari hanno il principale e anzi esclusivo assillo di capire come fare a essere rieletti

Chi più chi meno, tutti i partiti sono in difficoltà. Questo dato di fatto rafforza il governo Draghi, d’altronde nato esattamente per sopperire alla assenza di un progetto credibile da parte di un qualunque partito: nessun leader ha oggi la forza di alzare la voce con il presidente del Consiglio. Guardate le consultazioni di Draghi con tutti i partiti sul Recovery plan conclusesi ieri: notizie, zero. Tutti i partiti sono andati disciplinamente a palazzo Chigi, hanno detto ognuno due cose al presidente del Consiglio, ne sono usciti per le rituali dichiarazioni che non dicono niente, frasi scontate, vuote, «abbiamo fatto presente, abbiamo sollecitato…», giusto per riempire gli inguardabili pastoni dei tg. Niente, nemmeno una polemicuccia: eppure sul Recovery plan (di Giuseppe Conte) si era fatta una crisi di governo.

È un fatto che Draghi stia azzerando tutti gli altri.

Gli altri – e torniamo al discorso di partenza, la debolezza dei partiti – hanno ben altri pensieri per la testa: chi vede un primo smottamento nei sondaggi (la Lega), chi pur risalendo nei medesimi sondaggi però ancora non riesce a fare politica (il Partito democratico), chi è in uno stato di crisi strutturale (il Movimento 5 stelle), chi non riesce a risalire la china (Italia viva, +Europa, Liberi e Uguali ma anche Forza Italia). Si salva il partito di Giorgia Meloni, nel suo splendido isolamento buono per strappare la leadership a Matteo Salvini: è un po’ il suo momento, ma chi può giurare su una longue durée di Fratelli d’Italia, un partito che a parte la leader sconta un personale politico di rara debolezza?

Davanti a Mario Draghi – che non pare avesse bisogno di ascoltare i partiti visto che il Recovery l’ha bell’è pronto per discuterne in Parlamento – sono dunque sfilati, con tutto il rispetto, i sonnambuli di questa delicata fase della legislatura, reduci da un disastro targato Conte o sempre avviluppati, sia al governo (Lega) che all’opposizione (FdI) da una evidente assenza di proposta politica.

Si attende lo scatto del Partito democratico grazie al dinamismo del suo nuovo segretario che ha già acquisito il merito di aver scosso il partito dal letargo biennale della gestione precedente, eppure è presto per vedere gli effetti della cura-Letta. Il quale ha perfettamente compreso che innanzi tutto deve puntare a un partito del 25% (almeno) se vuole davvero essere l’architrave di un’alleanza di governo. Ma è appunto sulle alleanze che Letta sta mostrando un certo conservatorismo con tratti persino nostalgici (l’epica dell’Ulivo) e puntando su una cosa inesistente: l’intesa con un partito di Conte che è solo in mente Dei.

Cosa voglia l’avvocato del popolo infatti nessuno lo sa. Soprattutto non è chiaro se dietro di lui ci sarà quel che resta di un M5s umiliato dal suo Fondatore con il pazzotico video sulla vicenda del figlio. Letta aspetta Conte come Estragone e Vladimiro attendono Godot, che in scena non arriva mai. L’ex presidente del Consiglio è un politico senza volto e pure da mesi afono, irraggiungibile come il Kurtz di Conrad (ma perché non si palesa, perché non va in televisione a spiegare i suoi progetti?): ed è a quest’uomo inquietante che il Pd lega i suoi destini invece che alla propria lettura dei bisogni del Paese.

Vedremo se giovedì, all’iniziativa del grande suo amico Goffredo Bettini, Conte sarà in grado di dire qualcosa in più rispetto al nulla assoluto del suo discorso ai parlamentari grillini. Ci sarà anche il segretario del Pd e quella Elly Schlein che appare l’unica possibile leader della sinistra alla sinistra dei dem.

Dall’altra parte, Salvini comincia a scendere nei sondaggi perché ha abituato molti suoi elettori a dare i pugni al cielo sbraitando contro il mondo coltivando le istanze di mera protesta e adesso il suo contribuire a governare può non essere compreso da pezzi di quella base orfana del pratone di Pontida; e peraltro è possibile che la pratica di partito insieme di lotta e di governo finisca per confondere i suoi elettori.

Alla fine, i sonnambuli vagano fra Montecitorio e palazzo Madama con il principale e anzi esclusivo assillo di capire come fare a essere rieletti (i conciliaboli sulla legge elettorale conveniente non finiscono mai, come gli esami di Eduardo), mentre, a onor del vero, i ministri politici s’impegnano in un’attività di governo che per fortuna non s’incontra con il chiacchiericcio politico. Sotto la direzione di Mario Draghi, con tutte le difficoltà di questa fase, la politica sopravvive dunque a livello di governo, mentre la politica politicante annaspa nei suoi incubi.

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