Veni, vidi, va. Meglio evitare uno scontro politico sui vaccini. Ma se lo scontro c’è, bisogna vincerlo

Cinismo politico, vanità intellettuali e irresponsabilità generale stanno alimentando una pericolosissima confusione. E invece c’è bisogno di chiarezza

Francesco Cundari 31.7.2021 linkiesta.it  lettura3'

In un mondo ideale la necessità di vaccinarsi nel pieno di una pandemia non sarebbe oggetto di dibattito, tanto meno motivo di scontro politico. Ma se di fatto lo diventa, perché sono scettici e negazionisti, con i loro pseudo-argomenti, a trovare sempre più spazio sulla scena pubblica, occorre rispondere e rispondere a tono.

Non è una questione filosofica, è una questione pratica: siamo tutti d’accordo che sarebbe molto meglio se uno scontro politico intorno a questi temi non ci fosse. Ma se c’è, bisogna vincerlo.

Da qualche tempo, però, non è quello che sta accadendo. Basta guardare alle crescenti polemiche sul green pass o alle campagne di stampa allarmistiche sui vaccini. C’è un rumore di fondo che sta crescendo. Cinismo politico, vanità intellettuali e irresponsabilità generale stanno alimentando una pericolosissima confusione. E invece c’è bisogno di chiarezza.

Con il diffondersi di varianti sempre più aggressive, ogni esitazione si tradurrà inevitabilmente in più morti. Non mancano purtroppo giornali, partiti e movimenti evidentemente dispostissimi a metterli in conto, purché finiscano nel conto del governo, ed è un prezzo che dobbiamo pagare, perché la democrazia funziona così.

Ma la risposta non può essere un dibattito in cui a simili teorie viene dato ulteriore spazio e ulteriore legittimazione. Nessuno ha intenzione di laurearsi in microbiologia per capire chi abbia ragione: se persino le fonti di informazione più qualificate cominciano a riempirsi di autorevoli filosofi che sui vaccini rilanciano interrogativi cui la scienza in realtà ha già ampiamente risposto, notizie allarmistiche prive di fondamento e teorie demenziali, il minimo che ci si può attendere è che aumenti proporzionalmente anche il numero degli scettici e degli esitanti.

Se poi ci si aggiungono anche intellettuali pronti a difendere pure il parallelo tra le misure anti-covid decise dai governi democratici e il nazismo, come ha fatto Carlo Freccero due giorni fa sulla Stampa, la situazione rischia di diventare disperata. Perché in questo modo, quella che era una ridottissima minoranza, inevitabilmente, diventerà una minoranza un po’ meno ridotta, come sempre accade in politica quando un punto di vista eccentrico finisce al centro del dibattito, con l’inevitabile effetto di polarizzazione. Solo che qui per ogni lettore, ascoltatore o spettatore che decide anche solo di rinviare il vaccino, si fa un passo in più, tutti quanti, verso il burrone.

Dal momento in cui le cose stanno prendendo questa piega, però, è bene che ciascuno sia consapevole della posta in gioco e si prenda le sue responsabilità. A cominciare dai partiti riformisti, democratici o semplicemente razionali, che non possono più ammettere doppi giochi e devono dare battaglia apertamente, senza sconti, contro ogni forma di ambiguità. Mario Draghi ha già dato una splendida dimostrazione di come sia possibilissimo farlo, quando ha detto chiaro e tondo cosa pensava degli appelli di Matteo Salvini a non vaccinare i giovani. Ma non può valere solo per Salvini. E non può pensarci solo Mario Draghi.

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