PREPARATEVI ALLA GUERRIGLIA POLITICA: IL 3 AGOSTO INIZIERA’ IL SEMESTRE BIANCO DI MATTARELLA

I PARTITI, SENZA IL RISCHIO DI VEDER SCIOGLIERE LE CAMERE, POTRANNO DARE FUOCO ALLE POLVERI - NEL MEZZO CI SARANNO LE AMMINISTRATIVE E LE MANOVRE PER IL COLLE,

2.8.2021 dagospia.com lettura4'

LA FAIDA SALVINI-LETTA, QUELLA TRA RENZI E IL PD, IL M5S DILANIATO E CONTE A TUTTO CAMPO - COME FARA’ DRAGHI A NON FARSI LOGORARE? MINACCIANDO LE DIMISSIONI? - PER BRUNETTA E’ IMPOSSIBILE PERCHE’ “USURARE DRAGHI SIGNIFICHEREBBE LA BANCAROTTA DEL PAESE” - SUPERMARIO VUOLE ANCORA MATTARELLA AL QUIRINALE COME GARANTE DEL SUO LAVORO…

Adalberto Signore per “il Giornale” Più si avvicina inesorabile l'apertura formale del semestre bianco e più si va stringendo l'imbuto per il quale devono e dovranno passare tutte le questioni politiche più delicate e, dunque, più divisive. Con buona pace di Palazzo Chigi che è ormai sotto assedio da settimane, nonostante sarà solo da martedì prossimo - il 3 agosto - che il presidente della Repubblica non avrà più il potere di sciogliere le Camere. Il che equivale di fatto a congelare per sei mesi l'attuale Parlamento, senza più il rischio che le guerre incrociate e le insofferenze personali tra i leader che sostengono la maggioranza possano sfociare nelle temutissime elezioni anticipate.

È evidente, dunque, che il rischio di una sorta di «liberi tutti» è altissimo, per alcuni addirittura scontato. Lo sa bene Mario Draghi che, non a caso, ha preteso di portare a casa la riforma della Giustizia prima che scatti la tagliola. Ha faticato non poco, arrivando a mettere sul tavolo le sue dimissioni, un'ipotesi che deve essere stata concreta se ha ritenuto opportuno metterne informalmente al corrente il Quirinale. Un braccio di ferro durissimo quella sulla riforma Cartabia, per giunta per portare a casa solo un via libera in prima lettura alla Camera.

E a testimonianza di quanto il momento sia particolare c'è l'inusuale convocazione di Montecitorio per oggi - domenica 1 agosto - proprio per riuscire a chiudere la pratica entro martedì. Bastano queste ultime due settimane di scontro all'interno della maggioranza, dunque, a capire quanto sarà accidentato il percorso dei prossimi mesi. Dopo l'estate, infatti, la riforma della Giustizia arriverà al Senato e - visto cosa è successo in seconda lettura con il ddl Zan - non è scontato che il percorso sia tutto in discesa.

Anche perché tra il 15 settembre e il 15 ottobre ci sarà una tornata amministrativa pesante, con al voto città come Bologna, Milano, Napoli, Roma e Torino. E subito dopo l'agenda della politica non concederà pause, perché inizieranno le grandi manovre per l'elezione del successore di Sergio Mattarella, appuntamento in calendario nella prima metà di gennaio. A questa corsa a ostacoli vanno aggiunte le guerre di posizione tra i vari leader della maggioranza. Quello tra Matteo Salvini ed Enrico Letta, per dire, è ormai un conflitto permanente che più si acuisce e più destabilizza gli equilibri di governo.

Per non parlare della diffidenza tra Matteo Renzi e il segretario dem, che sempre dopo l'estate correrà per un seggio alla Camera a Siena, dove Italia viva potrebbe avere un ruolo decisivo. Poi ci sono le frizioni interne a Lega e Pd. Per non parlare di un M5s dilaniato. Con Giuseppe Conte - ormai agli stracci con Luigi Di Maio, che pare lo abbia persino messo in viva voce mentre lo chiamava da Palazzo Chigi per trovare la quadra sulla giustizia - che ha come solo faro quello di far saltare Draghi. Insomma, si rischiano mesi politicamente incontrollabili, con i partiti che sostengono la maggioranza che toglieranno la giacca di governo per indossare la felpa di lotta.

L'ex numero uno della Bce ne è ben consapevole e non ha intenzione di prestarsi oltre il limite del ragionevole. Se la rissa diventasse permanente - ha fatto sapere ai suoi interlocutori istituzionali - è pronto anche al gesto estremo già ipotizzato durante lo scontro sulla giustizia. D'altra parte, come dimostra l'attenzione del New York Times allo scontro sulla giustizia, ne va della sua credibilità, anche all'estero. Perché la politica italiana può essere così conflittuale - e cieca - da logorare perfino un profilo come il suo, certamente l'italiano più apprezzato fuori dai nostri confini. Scenario che, spiega il ministro Renato Brunetta, non si realizzerà mai semplicemente perché «usurare» Draghi significherebbe «la bancarotta del Paese».

Di certo, il premier ha ben chiaro che di qui a poco ci sarà un equilibrio nuovo. Che potrebbe diventare insostenibile se ci fosse anche un cambio della guardia sul Colle. Non è un caso che, alcune settimane fa in privato, ci abbia tenuto a dire che è proprio Mattarella il garante del lavoro che sta facendo a Palazzo Chigi. Un ragionamento che il suo interlocutore ha interpretato come un auspicio. Che un peso lo ha. La prassi istituzionale, infatti, prevede che quando viene eletto un nuovo capo dello Stato il premier si debba presentare al Colle per le cosiddette «dimissioni di cortesia» (che non furono tali per il governo Scelba, quando nel 1955 venne eletto Giovanni Gronchi).

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