1-Daniele Franco e il potere del silenzio 2-I danni del populismo penale.

Casellario dei veleni che hanno intossicato la giustizia 3-Il modulo D'Alema: quando il gregario sgomita per fare il numero uno

Cingolani, Violante,Cundari 15.11.2021 ilfoglio.it lett3’

1-Che cosa aspettarsi dal ministro dell'Economia di Mario Draghi, supereroe dei conti pubblici, una “sfinge” tra Palazzo Koch e Palazzo Chigi

Un re travicello? Se Mario Draghi venisse eletto al Quirinale, Daniele Franco sarebbe la sua controfigura a Palazzo Chigi? No di certo, giura chi lo conosce bene. Leale al cento per cento, sempre pronto a salire in cordata come si fa nelle sue amatissime montagne, ma l’immagine che i media gli hanno cucito addosso lo addolora perché non vera. Basta andare con la mente a un episodio di sette anni fa e quasi dimenticato. Enrico Letta era presidente del Consiglio e Fabrizio Saccomanni ministro dell’Economia. Franco ricopriva da poco il ruolo di ragioniere generale dello stato. Fabrizio Pagani, consigliere di Letta, lo fa convocare per una riunione di governo, ma solo da una segretaria. Apriti cielo. Una sfuriata così, nel fortilizio di Palazzo Sella, il quartier generale dove si governa l’economia, s’era sentita raramente. E proprio da quell’uomo tanto riservato, cortese, aduso a parlar sottovoce, che addolcisce i suoi numerosi no con un “preferisco”, lavoratore instancabile, gran macinatore di numeri, equilibrato in tutto e per tutto, anche in politica, tanto che si scherzava dicendo che non era né di destra né di sinistra, ma nemmeno di centro (una battuta suffragata dalla circostanza che nessuno tra i suoi più stretti collaboratori lo ha mai sentito sbilanciarsi sulla politique politicienne). Quella volta però lo avevano fatto uscire proprio dai gangheri, tanto che è dovuto intervenire il viceministro Antonio Catricalà, maestro nel sedare e sopire. Perché Daniele Franco sa restare nell’ombra, però non è un uomo ombra, conosce il potere del silenzio…. STEFANO CINGOLANI 15 NOV 2021

2-I danni del populismo penale. Casellario dei veleni che hanno intossicato la giustizia

    

Politica, magistrati, giornali: nessuno può dire di non avere colpe o peccati. Così quella italiana è diventata una società punitiva in cui il diritto ha soppiantato l’etica pubblica

Può accadere di passare 1290 giorni chiusa in una cella con l’accusa di due omicidi, essere condannata prima all’ergastolo, a 30 anni, e poi essere assolta con formula piena. È accaduto a Daniela Poggiali, per i giornali l’infermiera killer. Lorenzo Necci precipitato dal vertice delle ferrovie al carcere di La Spezia, fu sottoposto a più di 40 diverse inchieste e venne sempre assolto; l’ultima volta dopo la sua morte. Antonio Bassolino ha trascorso come imputato circa venti anni della sua vita; poi è stato assolto da tutto. Calogero Mannino ha passato nove mesi in carcere e tredici agli arresti domiciliari con l’accusa di aver gestito la trattativa tra lo stato e la mafia. Assolto definitivamente anche lui con formula piena. Giuseppe Gullotta confessò sotto tortura di essere l’assassino di due carabinieri. Ha passato in carcere 22 anni della sua vita. È stato pienamente assolto nel processo per revisione. La giustizia penale non è solo questo, ma è anche questo. Prendeteli, impiccateli e tutto andrà al suo posto…. LUCIANO VIOLANTE 13 NOV 2021

3-Il modulo D'Alema: quando il gregario sgomita per fare il numero uno

    

Giorgetti con Salvini, Di Maio con Conte. Ma prima di tutti gli altri più di ogni altro, l’ex leader del Pds è l’uomo che ha incarnato la figura dello stratega dietro le quinte. Perché in politica nessuno vuole essere davvero il numero due

Forse è vero che nessuno vuole essere Robin, che a nessuno piace fare il numero due, neanche a quelli che ripetono sempre di voler rimanere un passo indietro, e forse a loro meno che a ogni altro. Quelli che non amano la luce dei riflettori, che stanno bene così come stanno, che preferiscono se li si nota di meno. Quelli che al ruolo di presidente del Consiglio, o magari anche di presidente della Repubblica, sinceramente, preferirebbero un bel posto da sottosegretario (probabilmente parenti stretti di quelli che alla finale di Champions league preferiscono un buon libro). Quelli che non ci pensano proprio a fare il leader – ma cosa andate mai a pensare – non se lo sognano neanche. Quelli che sono consapevoli dei propri limiti, o almeno così dicono. Quelli come Giancarlo Giorgetti, insomma…. FRANCESCO CUNDARI 13 NOV 2021

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