Il problema della giustizia italiana non sono le mele marce, ma l'albero

Italia, un paese con tanti disoccupati, batte un record incredibile, mai le imprese hanno avuto così tante difficoltà a trovare lavoratori

Le lettere al direttore del 17.11. 2021 ilfoglio.it

Al direttore - Csm e Anm che furono complici di Palamara nel mercato delle vacche e continuano tuttora con gli stessi metodi chiedono i danni a Palamara perché avrebbe leso il loro prestigio. Come si dice? La faccia come?

Frank Cimini

  

 

Il circo mediatico-giudiziario cerca di trasformare Palamara nella mela marcia della giustizia italiana, dimenticandosi che il problema della giustizia non è la mela ma è l’albero. Senza vergogna. Leggasi, per credere, il super Maurizio Crippa in prima pagina oggi, grazie.

Al direttore - Dice l’esperto Gad Lerner (sul Fatto di ieri) che le dimissioni di don Carrón da presidente della Fraternità di Cl affondano le loro radici nello scontro, tutto interno al movimento, che da un decennio circa vede contrapposti lo stesso don Carrón, da un lato, e parte della vecchia guardia cosiddetta, in primis mons. Luigi Negri, Giancarlo Cesana e l’immancabile Roberto Formigoni, dall’altro. Motivo del contendere, la svolta auspicata e perseguita dal successore di don Giussani a seguito delle vicende che videro coinvolto all’epoca Formigoni, di ripensare il modus operandi di Cl con l’obiettivo di portare il movimento lontano dalle “contese ideologiche e politiche” e imprimendo “un colpo di freno alla ricerca di posti di potere”; a favore insomma di un ritorno all’ispirazione originaria di una presenza religiosa, pura e semplice, nel mondo e nella società. “Più o meno apertamente – chiosa Lerner – Carrón è stato accusato di rinunciare alla difesa dei ciellini inseriti nell’establishment, nel mentre privilegiava la dimensione internazionale del movimento e l’attività educativa delle scuole parificate”. Insomma, stando a questa lettura, in seno a Cl vi sarebbe la riproposizione dello stesso scontro che, mutatis mutandis, vede contrapposti Papa Francesco, fautore di una Chiesa più pastorale e meno muscolare su certe questioni e in ogni caso lontana anni luce da potere, soldi ecc., e la parte più conservatrice dell’episcopato Usa, che all’opposto vorrebbe una Chiesa più battagliera nel solco della stagione delle culture war. Se così fosse però, se cioè davvero fosse questo il motivo alla radice della crisi di Cl, è lecito supporre che don Carrón avrebbe trovato più di una sponda nei dicasteri vaticani se non in Francesco in persona, ponendosi la sua linea d’azione sulla stessa lunghezza d’onda di quella del Pontefice. Se le cose sono andate diversamente è perché evidentemente lo schema che vede un Carrón “riformatore” ostacolato dall’ala più conservatrice e fautrice della “vecchia” Cl, può certamente far comodo a qualcuno per alimentare una certa narrativa (tant'è che lo si è letto anche altrove), peccato solo che non stia in piedi. A partire dal fatto che se quello schema fosse vero vorrebbe dire che qualcuno in Vaticano ha avallato la linea degli ambienti ostili a don Carrón, ossia una linea che è agli antipodi anche rispetto alla visione di chiesa dell’attuale pontificato. Con tutto ciò che ne consegue.

Luca Del Pozzo

Al direttore - Novembre 2021 è il mese in cui in Italia, un paese con tanti disoccupati, batte un record incredibile, mai le imprese hanno avuto così tante difficoltà a trovare lavoratori. Introvabili 4 profili su 10. Le imprese, finalmente rilanciate da un’economia in ripresa, faticano a trovare circa 180 mila lavoratori. Le figure più ricercate e meno trovate sono i fabbri ed i fonditori, gli specialisti in scienze matematiche, chimiche, fisiche, naturali e informatiche, artigiani e operai specializzati alle rifiniture nel settore delle costruzioni, operai specializzati in installazioni e manutenzioni attrezzature elettriche ed elettroniche. I settori economici con maggiori difficoltà a trovare lavoratori, quello delle costruzioni, industria metallurgica, servizi di alloggi e ristorazione.

Da un lato lo stato sostiene la ripresa di alcuni settori, ad esempio quello edilizio, se pensiamo al superbonus edilizio del 110 per cento, al bonus facciate, al sisma bonus, all’ecobonus, dall’altro lato non riesce a fornire alle aziende lavoratori specializzati per sostenere questa ripresa ed anzi sottrae potenziali lavoratori dal mercato con il reddito di cittadinanza. Un vero e proprio cortocircuito, un incredibile paradosso. In passato i notabili politici, soprattutto al Sud, chiamavano gli imprenditori per far assumere qualche loro clientes, adesso sono gli imprenditori che chiamano i politici per chiedere se per grazia e cortesia hanno qualche figura professionale da fornirgli. Il mondo è andato totalmente al contrario. In molti casi poi i salari sono troppo bassi, i lavoratori preferiscono percepire il reddito di cittadinanza piuttosto che lavorare. E gli imprenditori versano tasse elevate sul lavoro: per un lavoratore che percepisce mille euro al mese l’imprenditore versa oltre quei mille, altri 1.500 euro allo stato. Un sistema totalmente in tilt. Chi cerca lavoro non lo trova, chi cerca lavoratori non li trova. Chi trova lavoro è pagato meglio se sta a casa e chi trova lavoratori paga troppe tasse. Andrebbero tagliate le tasse sul lavoro per aumentare i salari, andrebbero separate le politiche attive per il lavoro dall’assistenza, andrebbe potenziata la formazione collegandola alle necessità delle imprese e rafforzato il sistema di orientamento al lavoro.

Andrebbe fatto, seriamente, perché non c’è più tempo.

Davide Faraone, capogruppo di Italia viva al Senato

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