Draghi apre ai sindacati. Landini chiede un confronto vero sulla manovra o si inasprirà la mobilitazione

I leader di Cgil, Cisl e Uil sono stati convocati per oggi a Palazzo Chigi. Si ipotizza un taglio una tantum ai contributi nel 2022 per i redditi fino a 30-40mila euro. Ma il lavoro del premier di coesione nazionale è legato anche alla partita del Quirinale

2.12.2021 linkiesta.it lettura 3’

Dopo aver concluso il giro di vertici con i partiti sulla manovra economica, il presidente del Consiglio Mario Draghi oggi alle 17.30 incontrerà i sindacati a Palazzo Chigi. La convocazione è arrivata ieri, mentre un segnale di apertura alle richieste delle parti sociali è arrivato con l’ipotesi di un taglio una tantum ai contributi nel 2022 per i redditi fino a 30-40mila euro.

«Chiediamo una seria riforma fiscale», dice il segretario della Cgil Maurizio Landini al Corriere, a pochi giorni dal tavolo di rottura con il ministro dell’Economia Daniele Franco. «Per noi è il momento di agire con la decontribuzione e le detrazioni, per aumentare il netto a favore dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. La manovra sull’Irpef illustrata dal governo ha benefici molto limitati per i redditi fino a 35mila euro, che sono l’85% del totale, mentre li concentra tra i 40 e i 60mila. E anche oltre 75mila euro si risparmiano 270 euro l’anno, più di quanto previsto per chi ha fino a 15mila euro di reddito. C’è insomma un’idea di progressività a rovescio e non si interviene né sull’evasione né sulle grandi ricchezze».

E sulla convocazione prevista per oggi, continua, «spero si apra un vero tavolo di confronto, perché finora ci hanno solo informati delle intese raggiunte nella maggioranza. Ma noi rappresentiamo i lavoratori dipendenti e i pensionati che, osservo, pagano l’85% dell’Irpef». Landini ricorda che «Cgil, Cisl e Uil hanno già in corso una serie di iniziative di mobilitazione sul territorio e nelle categorie. Valuteremo il da farsi dopo l’incontro. Senza risultati, dovremo inasprire le forme di mobilitazione».

L’ipotesi dello sciopero generale non è esclusa, nonostante la ripartenza del Covid. «Non è un fine», spiega il segretario, «ma un mezzo cui il sindacato ricorre quando tutti gli spazi di confronto sono chiusi. Vogliamo un tavolo e risultati su fisco, pensioni, lavoro».

Secondo Landini, con «una maggioranza eterogenea», come si vede dagli oltre 6.300 emendamenti alla manovra, «c’è il rischio che si piantino tante bandiere di carattere elettorale anziché risolvere i problemi. Per questo è importante che il governo recuperi il rapporto con la rappresentanza sociale». Perché, aggiunge, se nella legge di bilancio «ci sono alcune cose importanti, come l’avvio della riforma degli ammortizzatori, l’aumento della spesa per la sanità pubblica, e le risorse per i contratti pubblici», su «fisco, pensioni, scuola, precarietà e politiche industriali non ci siamo ancora, servono dei cambiamenti. Il 16 novembre il governo ci aveva promesso l’apertura di veri tavoli di confronto su queste materie ma finora non è successo. Mi auguro che da domani le cose cambino».

E come spiega sempre il Corriere, il lavoro che Draghi sta facendo sulla manovra sembra essere collegato in qualche misura anche alla partita del Colle. Ai partiti Draghi ha chiesto di ridurre gli emendamenti a non più di 500. Ballano ancora le cifre e le scelte definitive sul peso dell’intervento per calmierare le bollette e per arrivare alla versione definitiva del Superbonus. «Ma insieme al confronto tecnico c’è il dato politico: il governo si sta facendo carico di qualcosa che va oltre la manovra, e che a Palazzo Chigi non hanno remore a descrivere come un percorso di coesione nazionale, di conferma di questa maggioranza, che va oltre la corsa necessaria per evitare l’esercizio provvisorio e coinvolge direttamente lo spirito con cui a febbraio le Camere affronteranno l’elezione del nuovo presidente della Repubblica», si legge.

Il percorso della legge finanziaria può essere insomma un test in vista della scelta per il prossimo inquilino del Quirinale. Sino a oggi lo spirito del confronto che lui stesso ha voluto, ascoltando tutti, cercando di trovare un equilibrio fra le diverse richieste dei partiti, sembra confermare che un percorso istituzionale virtuoso, un filo rosso che colleghi la manovra alla partita del Colle, può avere successo. Il tavolo al Mef sul taglio fiscale è un altro tassello dentro questa cornice, un altro passo che è stato positivo.

Ovviamente l’incidente è sempre dietro l’angolo e nello staff del premier ne sono consapevoli. Basterebbe un emendamento divisivo, dell’ultimo minuto, sul reddito di cittadinanza o su un altro argomento, per mettere in crisi il lavoro di queste ore.

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