Le assurde regole dei talebani in nome della Sharia

L’oscurantismo retrogrado dei talebani torna a colpire, e questa volta lo fa in un modo che appare ormai ridicolo se non si trattasse di una tragedia epocale per donne e uomini in Afghanistan.

Francesca Salvatore 6 GENNAIO 2022 il giornale.it

Insideover.it Manichini e taxi

La furia islamista questa volta si scatena contro i manichini: i negozi di abbigliamento della provincia occidentale di Herat hanno iniziato letteralmente a decapitarli, in linea con le nuove direttive fornite dall’ufficio locale del ministero per la guida islamica dei talebani. Secondo Aziz Rahman, capo del dipartimento locale del dicastero, i manichini sono da considerarsi come “statue” o “idoli” da adorare, ricordando che questo è severamente proibito dall’Islam.

Il provvedimento, che tuttavia non sembra applicarsi uniformemente nel Paese, si aggiunge ad un altro sofisma introdotto recentemente: è quello che riguarda la libera circolazione delle donne e l’uso dei taxi. Le legge, infatti, impone agli autisti di trasportare solo donne che indossano il velo o l’hijab e che siano accompagnate da un parente maschio, se percorrono più di 72 chilometri.

Inoltre, proprio per i tassisti sono previsti nuovi obblighi: la crescita della barba, musica spenta durante la guida (quella per la radio e la musica è una vecchia ossessione talebana) e obbligo di fermare i veicoli durante la chiamata alla preghiera. Anche in questo caso il portavoce del ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio Sadiq Akif Mahajer ha difeso le restrizioni, confermandone la compatibilità con la Sharia. Il nuovo governo dei talebani ha anche sostituito il precedente ministero per gli Affari femminili con questo dicastero kafkiano: il tanto temuto dipartimento era, in precedenza, responsabile dello schieramento della polizia religiosa nelle strade per far rispettare la legge islamica durante il regime pre-2001. Divenne noto per aver inflitto punizioni corporali alle donne per infrazioni come vestirsi in modo immodesto e star fuori senza un tutore maschio.

Le restrizioni per i media

Le nuove restrizioni si applicano anche ai media: i talebani hanno chiesto ai canali televisivi afgani di bloccare la trasmissione di drammi e soap opera con attrici e di invitare le conduttrici di telegiornali a indossare l’hijab mentre sono in onda. Dal loro ritorno al potere oltre 150 media in Afghanistan hanno chiuso le loro sedi e hanno messo di informare. Nel tentativo di censurare e reprimere ulteriormente la libertà dei media in Afghanistan, questi limiti includono direttive contro la pubblicazione di argomenti che sono in conflitto con l’Islam o insultano le personalità nazionali, e istruiscono anche i giornalisti a produrre notizie in coordinamento con l’ufficio stampa del governo. L’industria dei media, un tempo vivace in Afghanistan, è in caduta libera da quando i talebani hanno preso il controllo: molti giornalisti afgani sono fuggiti dal Paese, temendo la repressione e la violenza dei nuovi governanti, mentre altri stanno ancora cercando una via d’uscita dall’Afghanistan. I pochi giornali sopravvissuti hanno dovuto cessare le operazioni di stampa e ora pubblicano solo online, a causa della forte crisi economica in cui versa il Paese.

L’ultima serie di linee guida talebane, che sono state rilasciate ai canali televisivi afgani, presenta otto nuove regole. Includono il divieto di trasmettere film considerati contrari ai principi della legge islamica e ai valori afgani, mentre sono vietate le riprese di uomini che espongono parti intime del corpo. Vietato il riso come ne Il nome della rosa: al bando, infatti, gli spettacoli comici e di intrattenimento; assolutamente vietata la blasfemia e tutte quelle rappresentazioni che insultano la religione o possono essere considerate offensive per gli afghani. I talebani hanno insistito sul fatto che i film stranieri che promuovono i valori culturali estranei non dovrebbero essere trasmessi, soprattutto perché i canali televisivi afgani mostrano per lo più drammi con personaggi femminili come protagonisti principali.

Le donne

Ad essere colpite maggiormente dai dettami della Sharia-nemmeno a dirlo-sono le donne. La precedente decisione dei talebani di ordinare alle ragazze e alle giovani donne di restare a casa da scuola ha reso l’Afghanistan l’unico paese al mondo a impedire a metà della sua popolazione di ricevere un’istruzione.

Il sindaco della capitale Kabul, all’inizio di questo autunno, era stato fra i primi a lasciare a casa le dipendenti comunali a meno che i loro posti di lavoro non potessero essere occupati da un uomo. I talebani affermano che le loro restrizioni al lavoro delle donne e alle ragazze che studiano sono “temporanee” e in atto solo per garantire che tutti i luoghi di lavoro e gli ambienti di apprendimento siano “sicuri” per loro. Segregazione e dress code tornano nelle scuole e nelle università: “Non abbiamo problemi a porre fine al sistema di istruzione mista. La gente musulmana lo accetterà”, aveva dichiarato il ministro dell’istruzione Abdul Baqi Haqqani lo scorso settembre. Le nuove regole escluderanno le donne dall’istruzione perché le università non hanno le risorse per fornire classi separate. Tuttavia, Haqqani ha insistito sul fatto che ci sono abbastanza insegnanti donne e che dove non sono disponibili si troveranno alternative. “Tutto dipende dalla capacità dell’università”, ha detto. “Possiamo anche usare insegnanti maschi per insegnare dietro una tenda o usare la tecnologia”. Ragazze e ragazzi saranno anche segregati nelle scuole primarie e secondarie, cosa già diffusa in tutto l’Afghanistan.

Che Sharia stanno applicando i tale

I talebani giurano e spergiurano di “essere cambiati”, affermando di essersi riformati dalla loro ultima volta al governo, citando il permesso che ora concedono agli afgani di usare i telefoni e guardare la televisione. Eppure, queste “riforme” definite tali non hanno influenzato i loro piani per riprendere le brutali politiche di ordine pubblico derivate dalla legge islamica del VII secolo, che include impiccagioni, decapitazioni, fustigazioni e lapidazioni, tutte imposte senza il beneficio di un processo equo. I talebani affermano che le dure applicazioni della Sharia sono efficaci nel dissuadere il crimine, indicando altre nazioni islamiche dove le punizioni corporali sono legali come Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti. Il gruppo difende ulteriormente la sua filosofia del taglione affermando che esiste un sostegno pubblico per risoluzioni legali rapide basate su antiche usanze, collocando le esecuzioni pubbliche in un continuum con altre tradizioni afghane come lo scambio di denaro insanguinato per le famiglie delle vittime di omicidio.

La linea ufficiale dei talebani prevede che la società debba cambiare in linea con la Sharia. Ciò significa un allontanamento dal liberalismo a cui gli afgani si sono abituati negli ultimi due decenni. Negli anni ’90, con il suo sostegno ad Al-Qaeda e l’uso di dure punizioni, i talebani sembravano seguire la corrente e i metodi del salafismo puritano. La strada seguita al momento sembra mandare in confusione perfino i dotti dell’Islam che vedono nel regime talebano un crogiuolo di tendenze e interpretazioni che hanno a che fare con l’Islam fino ad un certo punto. Mentre i talebani hanno radici in una forma estrema di Islam, le loro credenze e pratiche sono anche radicate nelle convenzioni tribali tradizionali -meno riconosciute- dei pashtun ed è questa legge tribalbani?e consuetudinaria che fornisce una visione più chiara del comportamento e dell’ideologia dei talebani riguardo ai ruoli di genere e la posizione delle donne. Un elemento vitale nel mantenere l’onore e la virtù femminili è il “purdah” o isolamento, cioè l’accesso limitato di una donna al mondo al di fuori della propria famiglia. Una misura così severa deriva dall’importanza attribuita al modo in cui altri pashtun valutano il comportamento di un individuo. Una donna che rimane in casa ed è quasi invisibile agli estranei non può disonorare se stessa o i suoi parenti maschi.

Le norme al limite del grottesco, dunque, sono figlie del connubio tra islamismo e tradizioni ataviche legate saldamente in un nodo inscindibile: oggi, in un Afghanistan che si è “inquinato” con il progresso negli ultimi vent’anni, ciò rischia di produrre norme ancora più allucinate, in nome dello scontro di civiltà che Samuel Huntington predisse così bene trent’anni fa.

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