Confusione Quirinale. Fare politica. La surreale strategia politica del “vade retro Berlusconi, ma resta cu’ mme nun me lassà”

Nella partita sul Capo dello Stato bisogna avere idee e tenere conto delle forze in campo

12.1.2022 Christian Rocca  linkiesta.it lett.4'

Il Pd legittimamente, e giustamente, pensa che il Cavaliere al Quirinale sarebbe una tragedia per il Paese, ma quando il leader di Forza Italia altrettanto legittimamente dice che è pronto a lasciare l’alleanza di governo con il Pd, Enrico Letta si lamenta della drammatica gravità dell’eventuale addio. Nella partita sul Capo dello Stato bisogna avere idee e tenere conto delle forze in campo

Certo che il Pd di Enrico Letta e il mondo politico e intellettuale che gli gira intorno, tipo Ezio Mauro ieri su Repubblica, sono ben strani. Legittimamente, direi anche giustamente, considerano l’ipotesi di Silvio Berlusconi al Quirinale una tragedia civile per il futuro prossimo dell’Italia e minacciano di uscire dall’Aula nel caso il centrodestra decidesse di percorrere questa surreale strada alle prime votazioni parlamentari.

Ma sulla nostra fronte non c’è scritto Giocondo, per cui sappiamo bene che in realtà il vero motivo del possibile e momentaneo Aventino del centrosinistra non è la preoccupazione per la tenuta democratica del paese, ma fornire l’ennesimo aiutino a Giuseppe Conte, già sodale di Salvini e leader fortissimo dei progressisti, per evitare che il gruppo parlamentare dei Cinquestelle gli sfugga ulteriormente di mano e addirittura si sfasci subito al primo giro di voto, magari con qualcuno dei grandi elettori grillini pronto a scegliere nel segreto dell’urna il Cavaliere al Quirinale.

Ma non è questo il motivo per cui il Pd è un partito strano, sebbene il costante salvataggio di un avversario populista e antidemocratico ma soprattutto concorrente, al punto che fino a poco tempo fa scendeva in piazza per chiedere di far marcire in galera tutto il gruppo dirigente Pd, non è un fenomeno spiegabile in natura.

Il motivo per cui la strategia del Pd sul governo e sul Quirinale non sembra avere alcun senso, ammesso che ce ne sia una, è che mentre si alzano le barricate contro il mostro berlusconiano come ai bei tempi che furono poi si rimprovera il medesimo Berlusconi se, altrettanto legittimamente, dice che in caso di elezione di Draghi al Quirinale lui uscirà dal governo e bisognerà andare al voto.

Lo stesso Pd che considera Berlusconi una minaccia alla democrazia e alla decenza considera altrettanto minacciosa e indecente la scelta di Berlusconi di non voler più stare col Pd. Ovvero con quel Pd con cui ha già governato ai tempi di Monti e con quel segretario del Pd, Letta, cui ha fornito i voti necessari a fargli ottenere la fiducia in Parlamento quando è stato nominato presidente del Consiglio.

 

Berlusconi può piacere o no, e senza dubbio sarebbe folle eleggerlo al Quirinale, ma questo non cambia il fatto che è, o è stato, un protagonista della Repubblica, un leader politico che ha vinto tre volte le elezioni e tre volte le ha perse, trasferendo ogni volta i poteri a chi lo ha sconfitto senza tante storie, a differenza di Donald Trump.

Agli amici americani che fino a poco tempo fa dicevano che solo noi italiani potevamo capire la tragedia americana avendo avuto a che fare con un simil Trump quale Berlusconi, ho sempre fatto notare che l’Italia è sopravvissuta serenamente a vent’anni al Caimano, senza mai avere problemi di tenuta democratica, con l’eccezione della fase storica in cui Berlusconi è stato sconfitto politicamente, e al suo posto sono emersi i Salvini e i Grillo in continuità ideale con Trump.

Certamente l’America non sopravviverebbe a due decenni di Trump, anzi è già in forte difficoltà dopo quattro anni, con un colpo di stato fallito e uno ancora in corso, tanto che ormai fioccano gli studi sulla prossima guerra civile americana.

Insomma, all’interno della stessa intervista, Letta non può sostenere vade retro Cavaliere, ma anche «resta cu’ mme, non me lassà» con lo stesso sgomento di Domenico Modugno.

Vedremo quale sarà davvero il gioco di Letta, peraltro nipote dell’ex Suslov di Berlusconi, magari ha un’arma segreta con cui sconfiggerà populisti e sovranisti ed eleggerà un grande capo dello Stato e farà compiere miracoli al governo, e gliene daremo atto, ma i dati di fatto al momento sono due: il centrodestra ha più Grandi elettori del centrosinistra e per quanto Berlusconi sia distante idealmente dal Pd, anche se non al punto da governare bene insieme da anni in Europa e in Italia, ciò che Forza Italia rappresenta è anni luce più affidabile della deriva sovranista, nazionalista e neo, ex, post fascista di Salvini e Meloni.

Fare politica significa fare i conti col consenso e con le forze in campo, e lavorare per cambiare le cose. Come a Strasburgo e a Bruxelles con il modello Ursula, come ai tempi dei governi Monti e Letta, come all’epoca delle bicamerali e del Patto del Nazareno, e come adesso con Mario Draghi, fare politica a gennaio del 2022 significa costruire una via d’uscita antipopulista sul Quirinale e sul governo, certamente non sul nome di Berlusconi, ma anche con quella parte di destra democratica e liberale che, spesso più male che bene, è rappresentata da Berlusconi.

Non è solo una questione di nomi, o di appartenenza politica, ma anche di progetto per i prossimi anni. Ed è paradossale che non siano i piddini ma i Cinquestelle, non esattamente degli scienziati della politica, a proporre un patto politico sul Quirinale e sul governo che comprenda anche l’adozione della legge proporzionale a garanzia della tenuta democratica nella prossima legislatura.

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