Continuare a denunciare le contraddizioni della Lega e del centrodestra per i loro rapporti con Putin,

Continuare a denunciare le contraddizioni della Lega e del centrodestra per i loro rapporti con Putin, fingendo di non vedere la faccia grillina della medaglia, è un esercizio di equilibrismo ormai insostenibile

Francesco Cundari 15.3.2022

Nell’angosciante panorama ridisegnato dall’invasione russa dell’Ucraina, mentre il mondo della cultura e dell’informazione-spettacolo mostrano ancora una volta tutti i loro limiti, bisogna dire che Enrico Letta è riuscito a tenere il Partito democratico e il centrosinistra su una posizione giusta e netta, l’unica politicamente e moralmente sensata, ma non per questo scontata, e cioè dalla parte degli aggrediti, senza distinguo ipocriti e senza retropensieri indicibili. Tutti dovrebbero prenderne atto e trarne le conseguenze, a cominciare da Enrico Letta. Purtroppo, non è scontato neanche questo.

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Alla manifestazione di Firenze, opportunamente convocata dal sindaco (del Pd) Dario Nardella, dopo gli imbarazzanti sbandamenti del corteo promosso dalla Cgil in nome della «neutralità attiva», c’erano tutti i partiti che si possono ragionevolmente definire di centrosinistra. Infatti non c’erano i Cinquestelle.

Non si tratta di un caso, e soprattutto, se anche fosse un caso, non sarebbe il primo. La scelta grillina di partecipare alla manifestazione di Napoli, in modo da non schierarsi al fianco dei presunti alleati del centrosinistra, ma neppure contro, è l’ennesimo esempio di un doppio gioco in corso da tempo. Un doppio gioco che tuttavia, su questioni vitali come la guerra e la pace, e la collocazione dell’Italia nel terribile scenario aperto dal conflitto, non è più sostenibile.

Da mesi Letta preferisce far finta di non vedere o di non capire: che si tratti della posizione dell’attuale presidente della commissione Esteri del Senato, il filoputiniano Vito Petrocelli, tra i pochissimi ad aver votato contro la maggioranza sul sostegno all’Ucraina e l’invio di armi, che Giuseppe Conte si è ben guardato dal mettere alle strette (in un partito che ha espulso gente per essere andata in tv o per uno scontrino); che si tratti delle sparate di Alessandro Di Battista o delle campagne del Fatto quotidiano; che si tratti delle mille passate e presenti dichiarazioni di un gruppo dirigente che ha avallato persino l’annessione della Crimea e non ha mai ritenuto di fare la minima autocritica. I segnali di quale sia la naturale collocazione di quel mondo sono continui.

Di conseguenza, continuare a denunciare le contraddizioni della Lega e del centrodestra per i loro rapporti con Vladimir Putin, fingendo di non vedere la faccia grillina della medaglia, è un esercizio di equilibrismo ormai insostenibile. Senza contare l’ulteriore paradosso per cui, nello scontro interno che dilania i Cinquestelle anche su questo, la posizione filoputiniana è proprio quella di Conte, il leader in sospeso cui il Pd aveva affidato tutte le sue speranze di democratizzare il movimento, mentre la posizione delle democrazie occidentali è rappresentata dal suo arcinemico interno Luigi Di Maio.

L’impressione è che la tragedia della guerra e la gravità della crisi internazionale abbiano tolto ogni margine di manovra per ambiguità, reticenze e doppi giochi. Le immagini delle atrocità in corso in Ucraina e il livello della minaccia che pesa su tutti noi non lasciano spazio per tanti giri di parole.

Seppure in forme verosimilmente diverse da quelle del passato, la politica internazionale torna a definire la politica interna. Dunque anche Letta e il Pd dovranno trovare il modo di riconciliare le loro giuste scelte di politica estera con la loro ormai anacronistica strategia di politica interna. Lo slogan «Né con Putin né con la Nato» era inaccettabile, e bene hanno fatto a respingerlo. Ma lo slogan «Sia con Putin sia con la Nato» sarebbe ridicolo

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