Il capo di Italgas ci spiega perché l'Italia non deve avere paura dell'embargo del gas russo

"L’indipendenza energetica è data dalla capacità di un paese di avere il maggior numero possibile di fonti di approvvigionamento e le rinnovabili su cui ha scommesso l’Italia ci offrono la possibilità di avere una diversificazione migliore anche rispetto ai paesi che vivono di nucleare”, ci dice Paolo Gallo

CLAUDIO CERASA 20 APR 2022 il foglio.it lett.2’

La domanda in fondo è tutta lì: si può fare? Paolo Gallo, amministratore delegato di Italgas, la più importante tra le società italiane specializzate nell’attività di distribuzione del gas, dice che rinunciare al gas russo non è semplice, ovviamente, e costringerebbe l’Italia a fare scelte complicate, difficili, toste. Ma in questa conversazione con il Foglio, Gallo spiega che l’Europa, e ovviamente anche l’Italia, hanno il dovere di non escludere nulla. E per provare a rispondere alla domanda iniziale – l’embargo del gas russo: si può fare o no? – Gallo invita a riordinare le idee, invita a mettere insieme i numeri e invita a guardare rapidamente al futuro. “La guerra in Ucraina – dice Gallo – ha riportato in primo piano il tema dell’eccessiva dipendenza dell’Europa da un solo fornitore e la necessità di vincere l’inerzia che ha determinato questa situazione. Quest’urgenza ha indotto la Commissione europea a tracciare un percorso chiaro per sostituire da qui al 2030 i 155 miliardi di metri cubi di gas naturale che l’Europa ha importato nel 2021 dalla Russia. Per farlo, aumenteranno di 50 miliardi le importazioni di Gnl da Qatar, Stati Uniti, Egitto e Africa occidentale. Aumenterà di 10 miliardi di metri cubi il gas naturale importato via tubo da fonti alternative a quelle russe (soprattutto Azerbaigian, Algeria, Norvegia e Libia). Aumenterà di 35 miliardi la produzione di biometano. E aumenterà di 20 milioni di tonnellate la disponibilità di idrogeno (tra importato e prodotto) corrispondente a 34-68 miliardi di metri cubi di gas naturale. Per quanto riguarda l’Italia, i miliardi di metri cubi di gas provenienti ogni anno dalla Russia a cui bisognerebbe rinunciare per far fronte a un embargo sono 29. Rinunciare a questi 29 miliardi, sulla carta, come numero complessivo, potrebbe essere anche fattibile, ma il problema non è il numero generale ma è nel riuscire a soddisfare la domanda di punta che si registra nei mesi più freddi e che in media è tre o quattro volte più alta rispetto a quella che è la domanda più bassa che si registra nei mesi più caldi. E se dovessimo fare i conti con l’embargo, una volta che si è fatto tutto ciò che era possibile fare per lavorare sulle maggiori importazioni, e dunque sull’offerta, non resterebbe che lavorare sull’utilizzo del gas, e dunque sulla nostra domanda. L’embargo non è un’utopia e di fronte a un dramma come quello ucraino onestamente non mi stupisco che sia un’opzione al vaglio”.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata