Fuori dal bipopulismo. Il ritorno dell’asse Conte-Salvini dimostra che il proporzionale è l’unica salvezza possibile

Andare al voto con due poli su due così caratterizzati da posizioni fondamentalmente ostili alle alleanze politiche e militari di cui il paese fa parte, con quello che sta accadendo nel mondo, più che un azzardo sarebbe un suicidio

Francesco Cundari, 29.4.2022 linkiesta.it lett2’

C’è una significativa simmetria nel modo in cui si sta avviando a conclusione, con il ritorno dell’asse gialloverde, la legislatura più folle di sempre, che ha espresso al massimo grado tutti i peggiori difetti del sistema politico inaugurato dai referendum del 1993. Una legislatura che ha avuto forse quest’unica utilità: fornirci in quattro anni un perfetto riassunto di tutto il peggio degli ultimi trenta.

Cominciata nel 2018 con il governo M5s-Lega, battezzato dal Washington Post «Western Europe’s first fully populist government»; proseguita nel 2019 con il governo M5s-Pd, all’origine di quel perverso equilibrio che qui abbiamo definito bipopulismo; sfociata nel 2021 nel governo Draghi, vale a dire l’esatto opposto del bipopulismo e quanto di più lontano da entrambi gli esecutivi precedenti, ma con il pieno sostegno di tutte le forze che li avevano appoggiati; ecco che ora, a chiudere il cerchio, la legislatura vede Giuseppe Conte e Matteo Salvini, pur entrambi formalmente in maggioranza, tornare finalmente insieme su una linea di sostanziale opposizione al governo, e proprio sulla questione decisiva della guerra in Ucraina. Una simmetria perfetta, come si vede.

Non mi interessa qui discutere né il risibile merito né l’ovvio movente alla base di tale linea di condotta (sondaggi, necessità di ritagliarsi un ruolo, ma anche un’antica inclinazione a stare sempre dalla parte dei tiranni, e del tiranno russo in particolare). Ognuno è libero di giudicare come crede tanto l’improbabile conversione francescana di Salvini quanto le pretestuose argomentazioni di Conte sull’articolo 51 della Carta dell’Onu o sulla natura più o meno offensiva delle armi inviate. Mi interessa l’aspetto sistemico della questione.

Mi interessa proprio la simmetria del disegno, che rappresenta benissimo il significato politico di questo trentennio: un interminabile circolo vizioso. Un gioco dell’oca in cui si torna sempre al punto di partenza. Il problema non sono insomma né Conte né Salvini, ma il meccanismo di cui sono, semmai, il prodotto.

L’imbarazzato silenzio dei rispettivi alleati, a destra come a sinistra, mostra ancora una volta come l’ossessione del bipolarismo di coalizione si sia rivelata una trappola per le forze più ragionevoli, da entrambi i lati dello spettro politico. Del resto ormai dovremmo averlo imparato, dopo tre decenni di esperienza: lungi dal «costituzionalizzare» le estreme, il maggioritario all’italiana ha radicalizzato sempre di più le forze centrali.

Promuovere subito un ritorno a una legge elettorale proporzionale, senza premi e dunque senza coalizioni di sorta, è dunque nell’interesse degli stessi partiti, perché è finita la stagione in cui si poteva governare anche mantenendo diverse visioni di politica estera. Da questo punto di vista, se non altro, siamo già tornati indiscutibilmente alla Prima Repubblica, quando era la politica internazionale a determinare la politica interna.

Uscire dalle gabbie delle coalizioni pre-elettorali è però soprattutto interesse dell’Italia, perché andare al voto con due poli su due così caratterizzati da posizioni fondamentalmente ostili alle alleanze politiche e militari di cuiil paese fa parte, con quello che sta accadendo nel mondo, più che un azzardo sarebbe un suicidio.

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