Città mobili Come devono cambiare i centri urbani del futuro, e come stanno già cambiando

Sul palco del Linkiesta Festival, Piefrancesco Maran, assessore a Casa e Piano Quartieri a Milano e Alain Visser, ceo di Lynk&co, parlano di riqualificazione degli spazi, transizione dei trasporti e desideri abitativi

26.11.2022 linkiesta.it lettura6’

Pierfrancesco Maran ha scritto un libro che si intitola «Le città visibili», in cui analizza il problema spinoso ed elettrizzante intorno a cui ruotano tutte le comunità oggi: garantire alle generazioni future una esperienza più organizzata e stimolante del concetto di città.

Negli anni, molto è cambiato, dopo la pandemia ancora di più. Sono cambiati gli abitanti, ma anche i loro desideri. Soprattutto a Milano, che dell’emergenza sanitaria è stata il centro nevralgico e intorno a cui ruotano ancora oggi gran parte delle aspettative e delle «mobilità» dei giovani e dei giovanissimi.

L’imperativo è uno solo, per quanto difficilissimo: rompere degli equilibri.

«Pensate a quanto è già cambiato negli ultimi anni, anche solo in termini di spazi», dichiara. «Oggi si svolge quasi tutto all’aperto. La pandemia ha imposto i dehor e le terrazze per i bar e i ristoranti, che li hanno mantenuti. Sono state aperte nuove piste ciclabili. Così come è cambiata la richiesta abitativa. Quello su cui si è ragionato ancora poco è che non si tratta di elementi isolati, fanno parte di un cambiamento strutturale. Il cambiamento era già in atto prima naturalmente, con l’attenzione alla sostenibilità ambientale. Adesso che il costo della vita è tanto aumentato, a maggior ragione dobbiamo discutere anche di sostenibilità sociale. Le sfide sono parecchie, ma bisogna cercare una visione d’insieme».

Città oggi significa anche, inevitabilmente, convivenze di diverse identità e tradizioni. Oltre che la qualità del turismo e degli eventi, la valorizzazione delle periferie e quella che Maran definisce «economia della conoscenza».

«Lo sviluppo prevede compromessi. Finora si sono costruite delle città orientate a un’idea di economia tradizionale, non al passo coi tempi. Dobbiamo ricalibrare delle priorità, che siano giuste dal punto di vista sociale. Le città ormai hanno meno under14 che animali domestici. Abbiamo totalmente dimenticato i giovani e i bambini. Ma le città devono risultare vivibili anche per i più piccoli, partendo da un’idea di ricchezza diversa e che potrebbe anche arrivare a crearne. La priorità delle aziende in un periodo di crisi energetica deve riguardare un patto tra le città allo scopo di invertire la rotta di uno sviluppo che non funziona più».

Proprio come quelle famose “Città Invisibili” di Italo Calvino, che ci ricorda: «Le città sono un insieme di tante cose […] Le città sono luoghi di scambio […] Non solo scambi di merci».

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