I numeri dello strozzinaggio del Pos. Un Renzi da incorniciare su abusivismo e ambientalismo

“..ci si rifugia nella tautologia come nella paura, nella collera, nella tristezza, quando si è a corto di ragioni” (Roland Barthes, “Miti d’oggi”, 1957). Girava con un Pos in pieno giorno, fermato uomo a Roma.

29 NOV 2022 lettere Direttore ilfoglio.it lettura4’

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Girava con un Pos in pieno giorno, fermato uomo a Roma.

Alessio Viola

Tra il 2009 e il 2016 i costi dei pagamenti con carte per i commercianti sono scesi in media da 0,96 euro a transazione a 0,46 euro. Al 2019, nel nostro paese, le commissioni sui pagamenti con il Pos erano all’1,1 per cento, mentre in Olanda e in Svizzera all’1,6, in Germania e in Svezia all’1,5, nel Regno Unito e in Grecia all’1,3. La media europea è dell’1,2 per cento. Dallo strozzinaggio del Pos è tutto, a voi studio.

Al direttore - Non era un condono, ma una “procedura di semplificazione per sveltire le pratiche” [di condono]. Così Giuseppe Conte ha definito il provvedimento del suo primo governo sull’abusivismo edilizio a Ischia (2018). “La tautologia è il processo verbale che consiste nel definire l’identico con l’identico […]. Ci si rifugia nella tautologia come nella paura, nella collera, nella tristezza, quando si è a corto di ragioni” (Roland Barthes, “Miti d’oggi”, 1957).

Michele Magno

Ceci n’est pas une pipe.

Al direttore - Respinge con radicale fermezza accuse e responsabilità. “Non condono, ma procedura di semplificazione”, Conte dixit. Cose da Azzeccagarbugli, altro che avvocato del popolo. Delle tre, l’una. Ci prende per cretini? Non sa che cosa ha firmato e dunque è lui il…? Oppure tutte e due le cose?

Valter Vecellio

Ma il punto fondamentale è l’articolo 25; si dice che non è un condono. Leggo il titolo dell’articolo 25: ‘Definizione delle procedure di condono’. L’abusivismo uccide, non l’ambientalismo da salotto. L’abusivismo uccide, e dico a Salvini, che ha votato contro l’Accordo di Parigi al Parlamento europeo, che quella contro il climate change per la sostenibilità è una battaglia che questo governo deve fare, e noi saremo al fianco del governo, ma non si può continuare a dare la colpa all’ambientalismo da salotto se si costruiscono case abusive e si muore. Quando voi, cari amici di Forza Italia, votate a favore del provvedimento sul condono voluto da Di Maio, si compie un incredibile compromesso, il più inatteso della storia di questi primi sei mesi: Forza Italia e il Movimento 5 stelle, che in nome del condono a Ischia, cancellano la parola onestà e la legalità dando una chance a chi vive di abusivismo”. Senato, 15 novembre 2018. Un Matteo Renzi da incorniciare.

Al direttore - L’elenco dei motivi illustrati dal Foglio per cui con un premier come Giorgia Meloni l’opposizione democratica si fa dura e va ripensata tocca un punto di assoluta novità cruciale. Mi permetto di aggiungere all’efficace elenco del Foglio un elemento problematico in più, europeo e internazionale. Provo a dirlo nello stesso stile narrativo di Claudio Cerasa. Provateci voi a contestare a Meloni la sua propensione verso un’Europa confederale quando Olaf Scholz, il capo della maggiore potenza europea e leader del maggior partito europeo fratello del Pd, disegna nel suo discorso di Praga una Unione non federale ma sostanzialmente confederale. Provateci voi a richiamare Meloni ai valori non negoziabili del multilateralismo quando la Germania dello stesso Scholz conduce una politica ferocemente unilateralista (100 miliardi di euro di fondi per la Difesa, 200 di sussidi, abbandono del progetto franco-tedesco degli Eurofighter e dei progetti di difesa antiaerea europea, riallaccio in solitario dei rapporti con la Cina). Provateci voi a richiamare Meloni a una maggiore distanza da Polonia e Ungheria e a una maggiore vicinanza a Parigi quando il cancelliere Scholz litiga un giorno si è uno no con Emmanuel Macron e teorizza una Europa dal baricentro centro-orientale. Provateci voi.

Marco Cecchini

Al direttore - Quanto accaduto nei giorni scorsi a Venezia, dove il Mose ha completamente arginato – per la prima volta – un importante episodio acuto di acqua alta (prossimo, per livello, a quello, devastante, dell’autunno 2019), è stato giustamente attenzionato dalla stampa nazionale. Non abbastanza, tuttavia, da riuscire ad aprire quel dibattito di cui si avverte da tempo il bisogno. Un dibattito laico e alto, maturo, capace di sottrarsi alla logica imperante e intemperante delle opposte tifoserie. Una discussione che, quando c’è il problema, doverosamente lo additi e lo denunci, ma non per questo, quando invece c’è la soluzione, possa pensare di limitarsi a darne notizia frettolosamente. Ecco, di fronte a un fatto oggettivo e nuovo, e soprattutto di segno positivo, questo tipo di dibattito, nell’ampiezza partecipativa minima necessaria, è mancato e manca. Beninteso, nessuno dimentica che il Mose ha implicazioni ambientali significative, che è costato oltre 6 miliardi di euro, che ha costi stimati di manutenzione per oltre 60 milioni annui, e che – con questi numeri – ha occasionato vicende corruttive da tempo all’attenzione della magistratura. C’è, però, un essenziale “tuttavia”. Tuttavia, senza il Mose, sette giorni fa l’acqua alta avrebbe raggiunto a Venezia i 187 cm, gli stessi che nell’autunno 2019 si tradussero in 250 milioni di danni. Impossibile e sbagliato, di fronte a questa evidenza, tornare a centrare il discorso e la narrazione sul Mose soltanto sugli oltre 6 miliardi e sugli oltre 60 milioni, o sulle vicende corruttive, dissociandoli dai 250 milioni di (nuovi) danni evitati. Se si opponesse ottimistica approssimazione a un certo gusto per il disfattismo nazionale, si potrebbe azzardare che – in tempi di eventi naturali estremi ripetuti e crescenti – il valore complessivo dei danni evitabili dal Mose in 9 futuri episodi di acqua alta (nel giro, per dire, dei prossimi 27 anni, immaginando 9 serie storiche di 3 anni ciascuna) ripagherebbero appieno l’investimento iniziale e gli oneri manutentivi. C’è una grammatica istituzionale, che – intervento per intervento – impone di valutare con massimo scrupolo e rigore le opzioni zero, le soluzioni a minimo impatto, il miglior rapporto costi-benefici, gli oneri di lungo periodo dell’opera realizzata. Ma c’è – allo stesso tempo – anche una matematica politica, che è sintesi e non può mai essere acritica addizione o sottrazione, che impone di mettere al centro (naturalmente insieme al resto, e, s’intende, con pari dignità) i 250 milioni di danni evitati, una volta che “un” Mose lo hai. Tenere insieme la grammatica istituzionale e la matematica politica: questa è, oggi, la sfida del dibattito che non c’è. Un dibattito di cui v’è necessità perché senza la fiducia che ingenera l’evidenza del saper riuscire (anche solo in parte, anche solo ogni tanto), nessun paese va lontano.

Massimiliano Atelli, capo di gabinetto del ministro dello Sport

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