La mobilità lenta non è un cartello 30 all'ora. Idee senza slogan

Milano si interroga (ma vale per altre città) sui pro e contro del provvedimento approvato dal Consiglio comunale, in vigore dal 2024. Può davvero migliorare il traffico, l’aria e la vita dei cittadini? Il confronto con le altre città, le prospettive e le perplessità

UMBERTO ZAPELLONI 21 GEN 2023ilfoglio.it lettura4’

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In certi orari e in certe zone della città, viaggiare a 30 all’ora potrebbe essere un sogno più che un limite. Basta mettersi in strada nelle ore di punta per rendersene conto. Le grandi vie di accesso alla città, ristrette da improbabili e spesso pericolose piste ciclabili, incanalano colonne infinite di auto che, muovendosi molto lentamente, aumentano ovviamente le emissioni nocive. Da quando il Consiglio comunale ha approvato un ordine del giorno per fissare a 30 chilometri orari il limite di velocità in città dal primo gennaio 2024, Milano si interroga sui pro e contro di una scelta già fatta in Europa da Parigi, Bruxelles, Helsinki e Bilbao e in Italia da piccole città come Olbia o da città decisamente più trafficate come Bologna dove il limite entrerà in vigore a giugno. Trasformare Milano in una città a 30 all’ora può davvero migliorare il traffico, l’aria e la vita dei cittadini?

Andare a vedere come stanno a Olbia dove da anni si viaggia a 30 all’ora non ha un gran senso visto che vi vivono 60 mila persone, molte meno che nella Zona 1 di Milano dove abitano 90 mila persone. Parigi è sicuramente un termine di paragone più appropriato (anche se le 14 linee di metropolitana Milano se le sogna), ma dalla Ville Lumiere, dove si viaggia sotto i 30 chilometri all’ora dal settembre 2021, non arrivano risultati così entusiasmanti: in una città dove il limite dei 30 orari era già applicato nel 60 per cento per cento delle strade il traffico si muoveva a una velocità media di 16 km/h e con il limite allargato a tutti gli arrondissement è sceso di un solo chilometro. Quasi a dimostrare che non serve rallentare tutta la città, ma solo alcune zone.

A Milano dove già oggi il 15 per cento delle strade ha il limite dei 30 all’ora, la velocità media del traffico è di 15 km/h. Gli incidenti che ci sono in città sono causati dalla distrazione più che dalla velocità, sono provocati dall’assenza di piste ciclabili sicure e non disegnate sull’asfalto senza una vera protezione. È vero che un impatto a 30 km/h orari produce certamente meno danni di uno a 50 km/h, ma per migliorare la mobilità e la sicurezza probabilmente il limite di velocità in tutta la città non è l’unica strada, anche perché è un dato di fatto che a velocità più basse aumenta la distrazione di chi guida. Si potrebbe cominciare con il fermare e sanzionare chi guida (auto, moto, scooter e anche biciclette) con un telefonino in mano o bloccato tra casco e orecchio. Sarebbe d’aiuto per aumentare la sicurezza sulle strade che deve poi essere l’obbiettivo primario di ogni amministrazione.

“In una città senza vigili sarebbe dura far rispettare i limiti, non credo possano bastare le telecamere e questa è la prima perplessità. Milano poi non è una città piccola e piena di infrastrutture, non la possiamo paragonare ad Amsterdam o Copenaghen…”, commenta con una punta polemica l’ex assessore al traffico e architetto Giorgio Goggi. In una città ideale le auto verrebbero parcheggiate sotto terra e le strade ampliate per favorire la circolazione protetta di biciclette e monopattini (con casco, targa, luci e frecce), ma il piano parcheggi che proprio Goggi aveva prodotto durante la giunta Albertini è stato bocciato dai successori. E allora bisognerebbe sedersi attorno ad un tavolo e discutere evitando “provvedimenti demagogici e inutili” come il presidente di Aci Milano Geronimo La Russa ha definito la scelta di trasformare Milano in una città a 30 all’ora.

Milano dovrebbe smetterla di interpretare la parte della città nemica dell’automobilista, sfruttato solo per fare cassa. Ma dovrebbe pensare ad un piano per migliorare la mobilità diminuendo la pressione sulle strade. Il professor Cesare Stevan, già preside di Architettura al Politecnico di Milano e oggi anche presidente della Commissione Mobilità di Aci Milano, spinge proprio su questo tasto: “Il problema non è costituito dalla velocità ridotta, sintetizzato in un numero: 30 km/h. Se si comunica che il problema sta tutto lì e si racconta che mettendo il limite si risolvono in un colpo tutti i problemi della mobilità milanese diamo una comunicazione sbagliata e bislacca. Purtroppo monopattini e biciclette hanno dimostrato che anche a 30 all’ora o meno si può uccidere una persona. Dobbiamo andare al di là del numero perché con certe motivazioni si potrebbe anche andare a 20 all’ora”.

L’errore sarebbe imporre i 30 all’ora senza considerare il “dove e quando”, parificare tutte le vie cittadine. “Dobbiamo affrontare seriamente una dimensione della mobilità che in questi anni è stata negletta a tal punto da consentire che quelli che una volta erano giochi per i ragazzi come i monopattini potessero sfrecciare a 50 all’ora tra le auto – aggiunge il professor Stevan - Il problema è la mobilità lenta che non è stata affrontata nelle sue ragioni. Dobbiamo tutelare i pedoni, gli anziani, i bambini, chi è costretto a muoversi lentamente. Se si disegna una ciclabile su un marciapiede a pochi centimetri dai portoni come in Viale Tunisia si crea solo un pericolo maggiore”.

Oggi sui marciapiedi viaggia di tutto. Biciclette, monopattini, auto parcheggiate. I pedoni rischiano anche senza auto in circolazione. La necessità di ristudiare la mobilità lenta a Milano è sotto gli occhi di tutti. Pensare di risolverla solo con dei cartelli che impongono di viaggiare sotto i 30 all’ora è pericoloso. Sarebbe un po’ come nascondere lo sporco sotto il tappeto. “Per ridurre il traffico a Milano la prima soluzione sarebbe quella di riprendere in mano il vecchio progetto parcheggi che presentammo con Albertini – aggiunge Goggi - e poi pensare a dei parcheggi di interscambio in zone strategiche così da ridurre gli ingressi in città. La sensazione è che Milano voglia colpire l’automobile senza fare le cose necessarie per ridurne l’impatto in città. Il primo passante e la metro 5 hanno già ridotto il traffico di 300 mila auto, con un secondo passante ne avremmo avute ancora meno”. Trasporto pubblico capillare e parcheggi di interscambio nei punti strategici. Ecco un’altra ricetta per aiutare Milano a respirare. Poi magari la faremo anche andare a 30 all’ora. Ma non dovunque.

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