-LE TRATTATIVE AL CONSIGLIO EUROPEO. -AL CONSIGLIO UE L'Europa spiega a Meloni perché è finita la pacchia
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-RIFORMISMO DIMEZZATO Il baco del Pnrr è nel rapporto tra governo e comuni. Tre guai
24.3.2023 M.C.Sicilia, Carretta Leonardi ilfoglio.it lettura4’
-LE TRATTATIVE AL CONSIGLIO EUROPEO
Bruxelles accontenta la Germania sugli e-fuel dopo il 2035. L'Italia tagliata fuori
MARIA CARLA SICILIA 23 MAR 2023
Meloni al Consiglio europeo tenta la mediazione, ma la Commissione chiude ai biocarburanti. Dopo il 2035 i motori termici potranno essere prodotti a condizione di essere alimentati con i carburanti sintetici
Giorgia Meloni è arrivata a Bruxelles sperando nel meglio. “La nostra è una tesi assolutamente di buon senso e confidiamo che possa passare anche per quello che riguarda i biocarburanti”, ha detto la premier prima del Consiglio europeo iniziato oggi. Ma neppure un’ora dopo, mentre lei incontrava gli altri capi di stato e di governo, il vicepresidente della Commissione europea ha spiegato che le uniche deroghe possibili per consentire la vendita di auto con motore a combustione oltre il 2035 riguarderanno i carburanti sintetici. Una modifica ulteriore significherebbe dover portare di nuovo il regolamento in Parlamento, che ha già licenziato il testo in via definitiva. “Qualsiasi altra cosa riaprirebbe l’intero accordo e non è quello che stiamo facendo”, ha detto Frans Timmermans, a margine del pre-vertice del Pse dove ha incontrato anche Elly Schlein.
La Commissione vuole chiudere al più presto la partita del bando ai motori termici, un dossier che sembrava già cosa fatta fino al rinvio improvviso del voto ottenuto da Italia, Germania e uno sparuto gruppo di paesi a inizio marzo. Da quel momento però i tedeschi hanno iniziato una fitta trattativa che ha lasciato l’Italia ai margini. Olaf Scholz, che oggi ha incontrato Ursula von Der Leyen, ha detto che “tutto è sulla buona strada” per chiudere un accordo. E con il voto favorevole della Germania il regolamento ha i numeri per essere approvato in Consiglio: l’opposizione dell’Italia, che può contare sul sostegno di Polonia, Repubblica ceca e Bulgaria, non è sufficiente a incidere sulla maggioranza qualificata.
In queste settimane, mentre il governo di Berlino si è assicurato di verificare a quali condizioni la Commissione avrebbe consentito la produzione di motori termici, quello italiano si è limitato a cantare vittoria per il rinvio del voto. L’unica presa di posizione è arrivata martedì, quando era ormai chiaro che la trattativa della Germania avrebbe lasciato fuori gli interessi italiani. Con una lettera alla Commissione europea, i ministri Matteo Salvini, Adolfo Urso e Gilberto Pichetto Fratin hanno rivendicato autonomia nello scegliere quale tecnologia usare per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, compresi i biocarburanti, secondo il principio della neutralità tecnologica. Lo stesso principio ribadito da Meloni a Bruxelles.
Il nodo sta tutto in cosa si intende per “combustibili neutri in termini di emissioni di CO2”, un’espressione contenuta nel considerando 11 del regolamento a cui sono appesi i confronti di Roma e Berlino con la Commissione. Come ha chiarito ieri Timmermans, la Commissione fa riferimento agli e-fuel prodotti con l’idrogeno e non ai biocarburanti, che derivano invece dagli scarti organici dell’industria agroalimentare e dai rifiuti. Nel primo caso serve molta energia elettrica e molta acqua per la produzione, ma se l’elettricità viene da fonti di energia rinnovabili gli e-fuel possono essere considerati a zero emissioni. Nel caso dei biocarburanti c’è invece un abbattimento delle emissioni di circa l’88 per cento rispetto a quelli tradizionali: una quota rilevante, che in fase di transizione può essere vantaggiosa, ma che è considerata poco ambiziosa per gli obiettivi ambientali dell’Europa nel 2035. Tuttavia, mentre per avviare la produzione dei carburanti sintetici su scala industriale ci vorrà auspicabilmente il 2025, secondo l’eFuel Alliance, quella di biocarburanti è già realtà, con Eni, tra gli altri, impegnata con successo nella ricerca su quelli di seconda generazione. “Ci sono delle tecnologie sulle quali l’Italia, e dunque anche l’Europa, sono potenzialmente un’avanguardia”, ha sottolineato Meloni. Ed è soprattutto su questo argomento che continuerà a fare leva la premier per tentare di portare a casa anche solo una dichiarazione d’intenti che non chiuda la porta ai biocarburanti.
-AL CONSIGLIO UE L'Europa spiega a Meloni perché è finita la pacchia
DAVID CARRETTA 23 MAR 2023
Mes, balenari, Green deal e migranti. Sta svanendo la luna di miele tra Roma e Bruxelles. Gli europei vogliono evitare una rottura con l’Italia, ma la premier deve rispettare gli impegni
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Bruxelles accontenta la Germania sugli e-fuel dopo il 2035. L'Italia tagliata fuori
Bruxelles. La luna di miele di Giorgia Meloni con l’Unione europea sta per finire. Dopo la fase iniziale di rassicurazioni e pragmatismo, ricambiati dai partner con aperture di credito e ampia disponibilità a cooperare, i prossimi mesi dovrebbero trasformarsi in un periodo più conflittuale. I primi segnali sono già visibili. Le politiche migratorie hanno avuto uno spazio molto limitato nella discussione e nelle conclusioni del Consiglio europeo. L’Italia è fortemente penalizzata dal potenziale accordo che la Commissione intende concludere con la Germania sui carburanti sintetici per sbloccare il regolamento che mette fine all’immatricolazione di auto con motore a combustione nel 2035. Le misure del Green deal europeo sembrano destinate a diventare uno dei bersagli privilegiati della maggioranza Meloni in vista della campagna per le elezioni europee. Nel frattempo, dal Mes ai balneari, il governo Meloni non sta rispettando i patti firmati dall’Italia. L’Ue è pronta a dare, ma vuole anche ricevere. Si moltiplicheranno le occasioni di scontro, potenzialmente esplosive con un governo nazionalista.
-RIFORMISMO DIMEZZATO Il baco del Pnrr è nel rapporto tra governo e comuni. Tre guai
MARCO LEONARDI 24 MAR 2023
Quel che conta ora è che l'esecutivo non torni indietro per paura di affrontare le riforme. Il Piano europeo è sempre stato un processo di apprendimento continuo delle difficoltà e del loro superamento attraverso interventi successivi
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Un decreto che accentra la governance del Pnrr a Palazzo Chigi con tutti i ritardi che questo comporta, una richiesta seppur mai precisata di spostare alcuni progetti Pnrr sui fondi strutturali europei o sui fondi di coesione nazionali e soprattutto la narrazione generale che è passata da “dobbiamo far di tutto per rispettare i tempi del Pnrr” a “non ce la faremo mai, bisogna rivedere tutto”. Tre iniziative che possono generare qualche preoccupazione. Rinnegare i vincoli del Pnrr spostando i progetti sulla programmazione ordinaria dei fondi di coesione (che però richiede un cofinanziamento nazionale) può essere una iniziativa popolare presso i comuni che si sentono oberati di responsabilità però non può voler dire rassegnarsi ai soliti ritardi e inconcludenze tipici degli investimenti finanziati sui fondi di coesione. Quel che conta ora è che il governo Meloni non torni indietro sul Pnrr per paura di affrontare le riforme in esso contenute (balneari e molte altre) e le difficoltà che i comuni dovranno affrontare per spendere le risorse del Piano.