1-MA QUALE “BANDA MUSICALE DI SEMIPENSIONATI”, DITE A ‘GNAZIO LA RUSSA CHE I SOLDATI DEL REGGIMENTO “BOZEN”

UCCISI A VIA RASELLA DAI PARTIGIANI ERANO PARTE DI “UN REGGIMENTO DI POLIZIA ARMATO FINO AI DENTI”-2 Sputa sui partigiani..
2.4.2023 Dagospia.com lettura2’ lettura5'

 LO STORICO ALESSANDRO PORTELLI SBUGIARDA LA RUSSA: “MOLTI SONO MORTI PERCHÉ SONO SCOPPIATE LORO LE BOMBE CHE PORTAVANO ALLA CINTURA. NON ERANO UNA BANDA MUSICALE, MA SFILAVANO CANTANDO - LA RUSSA E GLI ALTRI DELLA DESTRA NON ACCETTANO COME SONO ANDATE LE COSE PERCHÉ...”

Estratto dell’articolo di Luca Monticelli per “la Stampa”

Roma A pochi giorni dalle parole della premier Giorgia Meloni sulle Fosse Ardeatine, la destra italiana ci ricasca. A Ignazio La Russa, che dice che via Rasella è stata «una delle azioni meno gloriose della resistenza perché ha innescato la rappresaglia nazista», risponde lo storico Alessandro Portelli, che ha studiato e raccontato cosa successe a Roma nel marzo del ‘44: «Non c'era nessuna relazione automatica tra resistenza e rappresaglia nazista, ci furono massacri nazi-fascisti in assenza di qualunque azione partigiana», spiega.

Professore, La Russa definisce i soldati del reggimento Bozen «una banda musicale di semi pensionati». E' vero?

«Il Bozen era un reggimento di polizia aggregato alle SS che dopo la liberazione di Roma ha continuato le azioni di repressione rendendosi colpevole di svariati omicidi nell'Italia settentrionale. Erano armati fino ai denti, i sopravvissuti altoatesini hanno raccontato che in via Rasella molti sono morti perché sono scoppiate loro le bombe che portavano alla cintura.

Non erano una banda musicale, ma sfilavano cantando, erano obbligati dai loro superiori a farlo, perciò alcuni testimoni hanno raccontato di una banda militare. Se lo dice un superstite che il 23 marzo del ‘44 era un bambino è un conto, che lo dica la seconda carica dello Stato è di una gravità inaudita».

Su via Rasella si sono spesso spacciate delle fake news. Si è detto che i partigiani sapevano che sarebbero state uccise dieci persone per ogni soldato tedesco morto e che i nazisti avessero invitato gli autori dell'attacco a costituirsi per evitare la rappresaglia.

«Non esisteva la regola del 10 a 1, tanto che ci fu una complessa trattativa per arrivare alla lista delle 330 persone, il primo ordine di Hitler fu di 50 morti italiani per ogni soldato tedesco. Se guardiamo le altre stragi, a Civitella val di Chiana ad esempio, ammazzarono 156 persone per 3 tedeschi. […]».

Pensa che Fratelli d'Italia voglia assolvere il fascismo?

«La Russa e gli altri della destra non accettano come sono andate le cose perché se ne vergognano, non possono ammettere neanche a se stessi che se ne vergognano. […]».

2-- Il presidente del Senato 'sputa' sui partigiani: mandatelo via

La Russa, la banda di pensionati e la strategia del vecchio fascismo: la seconda carica dello Stato è un attivista del Msi
Piero Sansonetti — 1 Aprile 2023

La Russa, la banda di pensionati e la strategia del vecchio fascismo: la seconda carica dello Stato è un attivista del Msi

Il Presidente del Senato Ignazio La Russa ha rilasciato al quotidiano Libero una dichiarazione delirante sull’attentato di via Rasella (marzo 1944), eseguito da un gruppo di partigiani gappisti romani. Ha detto che è stata un’azione tutt’altro che nobile, ha detto che l’obiettivo dei partigiani era sbagliato e ha detto che i partigiani sapevano che avrebbero innescato una ritorsione da parte dei tedeschi.

L’obiettivo, secondo La Russa, era sbagliato perché fu colpita una “banda di semi-pensionati musicisti”. Ha detto esattamente così. Però non è vero. La Russa ha confuso un battaglione di polizia nazista integrato nelle SS – il battaglione Bozen – con una banda musicale. Son cose diverse. E nessuno di loro era sulla via della pensione: il più vecchio aveva 42 anni. Non so se La Russa ha sbagliato apposta o se conosce poco le cose. Però ogni tanto dovrebbe ricordarsi di essere la seconda carica dello Stato, non un attivista del Msi.

Quanto alla seconda parte della sua dichiarazione, quella sulla consapevolezza della ritorsione da parte dei partigiani, La Russa ha implicitamente alluso a una responsabilità dei Gap (si chiamavano così i membri della resistenza romana) nella strage delle Fosse Ardeatine, e cioè nella fucilazione di 335 detenuti (in gran parte militanti di partiti di sinistra e della Dc, in parte ebrei, in parte anche prigionieri comuni) che avvenne per ritorsione il giorno dopo l’attentato, sotto il comando del colonnello Herbert Kappler e del tenente Erich Priebke. La dichiarazione di La Russa ha sollevato la ragionevole indignazione di molti esponenti della sinistra, prima fra tutti la nuova segretaria del Pd, Elly Schlein, che ha definito inaccettabili le parole di La Russa, e poi il capogruppo dei dem in Senato, Francesco Boccia, e poi Nicola Fratoianni e molti altri parlamentari dell’opposizione.

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La dichiarazione più aspra, una vera frustata, è probabilmente quella di Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica romana. La quale ha detto: «Non erano musicisti, erano soldati delle SS che occupavano il paese con la complicità dei fascisti e che deportavano gli ebrei nei campi di sterminio. Viva i partigiani che hanno messo a rischio la propria vita per restituire libertà e sovranità all’Italia». La Russa, quasi per attenuare la violenza delle sue affermazioni antipartigiane – che sono in perfetta armonia con le linee politiche della Repubblica di Salò, e cioè dello Stato organizzato da Mussolini nel Nord Italia dopo l’8 settembre 1943, con la protezione dell’esercito tedesco – ha poi aggiunto che lui tuttavia rispetta tutti i combattenti, anche i partigiani e persino i partigiani rossi, cioè i comunisti che però – secondo lui – non combattevano per liberare l’Italia ma per realizzare una dittatura comunista.

Anche qui ci sono alcune serie lacune in materia storica. I partigiani rossi, innanzitutto, non erano una appendice eversiva e folkloristica della Resistenza, ma ne erano la spina dorsale. I partigiani rossi furono la grande maggioranza dei combattenti. Il mistero dell’enorme consenso popolare che il Pci raccolse, soprattutto nell’Italia settentrionale, dopo la caduta del fascismo, si spiega soprattutto così: come conseguenza del grande peso che i comunisti ebbero nella lotta di liberazione. E poi non è vero che il Pci partecipava alla Resistenza con spirito scissionista. Tutt’altro. Fu Togliatti in persona – cioè il più comunista dei comunisti – quando rientrò dall’esilio in Russia e sbarcò a Salerno, nell’autunno del 1943, a chiedere che fosse riconosciuta addirittura la monarchia – litigando coi socialisti e coi liberali – e fu lui a partecipare direttamente a un governo giurando nelle mani del re Vittorio Emanuele Terzo.

Ora, qual è il problema? Esiste o no il diritto per un leader politico di destra, o per chiunque altro, di disprezzare la Resistenza, probabilmente sotto l’influenza della propria storia politica e anche della propria passione? Io penso assolutamente di sì. Esiste e guai se non esistesse. Però se la seconda carica dello Stato, fosse pure per errore, rilascia dichiarazioni di disprezzo per la Resistenza, addirittura attribuendo ai partigiani delle responsabilità per le Fosse Ardeatine, sicuramente si pone un serissimo problema di opportunità. Si era già posto, il problema, per la gaffe di Giorgia Meloni, quando disse giorni fa che le vittime delle Fosse Ardeatine furono uccise dai nazisti solo perché italiani. Cosa non vera. Furono uccisi in quanto antifascisti ed ebrei, non in quanto italiani. E tutti hanno interpretato quella frase storta della Meloni come prova della sua difficoltà a pronunciare la parola “antifascisti”.

Questo scivolone, intenzionale o no, di La Russa, però è molto più grave. Peraltro non sembra causale. Sembra piuttosto il risultato di una strategia, che punta a sdoganare frasi, idee, suggestioni, parole, tipiche del vecchio fascismo per spostare all’estrema destra l’asse della attuale maggioranza. Questo non vuol dire che oggi in Italia ci sia un rischio fascista. Chiaro che non c’è. Come diceva il saggio Marx, nella storia i fenomeni si presentano due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. E oggi siamo, appunto, alla ripetizione come farsa.

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