Giorgia Von der OrbanLa vera contraddizione è quella tra le due anime della Meloni

Non si può stare contemporaneamente con il leader ungherese e con la presidente della Commissione europea. O forse invece sì, come dimostra il caso del Movimento 5 stelle

Francesco Cundari, 19.9.2023 linkiesta.it lettura3’

Si è parlato molto dello spettacolo contraddittorio offerto dal governo in questi giorni: nelle stesse ore in cui Matteo Salvini accoglieva Marine Le Pen sul pratone di Pontida, Giorgia Meloni volava a Lampedusa insieme a Ursula Von der Leyen. Un fatto che non poteva passare inosservato, e infatti è stato variamente analizzato e commentato, come segnale inequivocabile di una crescente divaricazione tra Lega e Fratelli d’Italia, nonché tra i rispettivi leader, in una competizione inevitabilmente destinata a inasprirsi con l’avvicinarsi delle elezioni europee.

Ma la contraddizione tra la posizione di Salvini, abbracciato all’esponente più rappresentativa della destra antieuropeista, contrarissima a qualunque forma di solidarietà europea sui migranti, e la posizione di Meloni, al fianco della presidente della Commissione europea, è nulla in confronto alla contraddizione tra la posizione di Meloni e quella della stessa Meloni di appena due giorni prima, quando la nostra presidente del Consiglio volava in Ungheria a omaggiare Viktor Orbán.

Insieme al governo polacco (altro alleato-chiave di Meloni), Orbán è infatti il principale avversario di qualunque accordo sulla redistribuzione dei migranti, e più in generale di ogni passo avanti nel processo di integrazione europea. Non a caso è anche il principale cavallo di Troia a disposizione di Vladimir Putin all’interno dell’Unione, almeno a fino a quando Le Pen non dovesse vincere le elezioni presidenziali in Francia (i rapporti, anche economici, tra la Russia di Putin e il partito di Le Pen sono ampiamente documentati, così come il pieno sostegno dei nazional-populisti francesi alle posizioni di Mosca, a cominciare dall’annessione della Crimea).

Da tempo la sfida tra le «due anime» del nostro governo appassiona i giornali, non solo italiani (l’editoriale che apriva l’ultimo numero dell’Economist, dedicato alla minaccia dell’estrema destra in Europa, portava proprio il governo italiano a esempio di una destra radicale che una volta al governo tenderebbe a moderare le proprie posizioni). Forse però sarebbe più utile concentrarsi sulla lotta tra le due anime di Giorgia Meloni, oggi fermamente schierata dalla parte dell’Ucraina, ieri non meno convinta nel chiedere il ritiro delle sanzioni alla Russia, all’indomani dell’annessione della Crimea.

Prima di accreditare evoluzioni di scarsa consistenza e conversioni di dubbia affidabilità, bisognerebbe ripensare a un caso assai simile, quello del Movimento 5 stelle, che ha già fatto lo stesso percorso, in entrambe le direzioni: antieuropeista e filo-russo prima (dai tempi dell’opposizione fino al primo governo Conte compreso), europeista e atlantista poi (dal secondo governo Conte fino al governo Draghi), adesso sostanzialmente rifluito sulle posizioni iniziali, specie per quanto riguarda la Russia, giusto con un po’ di ipocrisia in più per salvare le apparenze. Oggi, ad esempio, nessun esponente del M5s si sognerebbe di partecipare al congresso del partito di Putin e tantomeno di definire l’Ucraina uno «stato fantoccio della Nato» (del resto, non ne hanno bisogno, per questo bastano gli analisti del Fatto quotidiano).

Il problema non è dunque la qualità o la coerenza della presunta evoluzione di Meloni e di Fratelli d’Italia, quanto la sua totale reversibilità. Proprio come nel caso di Conte e del M5s, la mancanza della benché minima autocritica è la spia di una reticenza più profonda. Il punto è che non si può accreditare una svolta che i diretti interessati sono i primi a negare, con le parole e con i fatti, decisi come sono a lasciarsi tutte le porte aperte, pronti a tornare in un attimo alle posizioni di un tempo, con la stessa disinvoltura con cui le hanno abbandonate: senza una parola di spiegazione. Un rischio che non andrebbe sottovalutato, né in Italia né nel resto d’Europa.

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