IL DOSSIER La difficile, ed errata, gestione dei migranti. Non siamo nel 2019

La sentenza di un magistrato di Md impedisce di respingere in Slovenia gli irregolari

19.9.2023 C. Cerasa, M. Leandri ilfoglio.it lettura 3’

IL DOSSIER La difficile, ed errata, gestione dei migranti. Non siamo nel 2019

CLAUDIO CERASA 19 SET 2023

L’approccio duro c’è e gli errori anche. Ma finora sull’immigrazione Meloni ha scelto una strada europeista. Le acrobazie del governo e quel mistero da illuminare: come rendere componibile ciò che invece appare incompatibile

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Il punto in fondo è tutto lì ed è tutto in un gioco di parole: come si rende componibile ciò che appare incompatibile? La faticosissima gestione del dossier sull’immigrazione, in Italia, può essere studiata concentrandosi su tre dettagli importanti relativi all’azione del governo. Il primo dettaglio riguarda una questione di metodo e in particolare l’approccio scelto da Giorgia Meloni per tentare di risolvere i problemi generati da una crescente spinta dei flussi migratori. Il metodo di Meloni, nonostante le sbavature, nonostante i risultati che tardano ad arrivare, nonostante le contraddizioni con le proprie idee del passato, è un metodo che meriterebbe di essere definito per quello che è: positivo. Positivo perché Meloni, finora, ha scelto di non cedere troppo alla demagogia sovranista. Ha scelto di non offrire eccessivamente il fianco alla retorica nazionalista. E ha scelto in fondo di considerare l’Europa non come un ostacolo alla risoluzione dei problemi ma come un alleato essenziale per poter ottenere qualche risultato. “La presenza dell’Europa ai confini più esposti all’immigrazione illegale di massa sottolinea che quelli di Lampedusa non sono solo confini italiani ma anche europei”, ha detto ieri il premier in Consiglio dei ministri. Il giorno prima, a Lampedusa, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, aveva ribadito un concetto simile: “L’immigrazione irregolare è una sfida per l’Europa e quindi necessita di una risposta europea”.

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La sentenza di un magistrato di Md impedisce di respingere in Slovenia gli irregolari

19 Settembre 2023 - 09:29 di Marco Leardi

«La Francia ce li rimanda indietro e la Slovenia fa altrettanto con la Croazia. Da noi invece è tutto fermo: abbiamo le mani legate». L'Italia si ritrova suo malgrado in un vicolo cieco, impossibilitata a respingere i migranti entrati illegalmente sul suo territorio. E stavolta a creare l'emblematico stallo non sono le farraginose politiche di Bruxelles sul tema immigrazione, ma alcuni pronunciamenti giudiziari di casa nostra. A testimoniare questo ostacolo sono gli uomini delle forze dell'ordine che operano alla frontiera di Trieste, lungo il confine attraversato dalla rotta balcanica. Il loro è un vero e proprio sfogo. «I francesi hanno annunciato ulteriori respingimenti verso l'Italia, noi invece le riammissioni verso la Slovenia non le facciamo praticamente più e questo perché un'ordinanza del tribunale di Roma le ha dichiarate illegittime», spiega al Giornale Lorenzo Tamaro, segretario provinciale del sindacato di polizia Sap a Trieste. Il riferimento è a un pronunciamento del tribunale ordinario di Roma, che nel 2021 aveva dichiarato illegittima la riammissione di un profugo pakistano dall'Italia verso la Slovenia. Il dispositivo portava la firma del giudice Silvia Albano, oggi componente del comitato direttivo centrale dell'Anm vicina a magistratura democratica. «Da quel momento si è bloccato tutto o quasi», racconta Tamaro, spiegando come adesso i respingimenti delle nostre autorità si siano ridotti ormai a poche decine. Intanto come attestano i numeri del dipartimento di polizia di Capodistria - gli sloveni rispediscono centinaia di profughi in Croazia, Paese da poco entrato nell'area Schengen. Il dettaglio non è trascurabile: stando alla denuncia dei poliziotti triestini, infatti, nella suddetta zona «senza frontiere» siamo gli unici a essere limitati nelle riammissioni dei profughi. A frenare ulteriormente queste procedure è stata anche una sentenza del 9 maggio scorso che aveva condannato il ministero dell'Interno a risarcire un richiedente asilo respinto dall'Italia alla Slovenia proprio con una riammissione. In questo caso a decidere era stato il giudice Damiana Colla, non nuova a pronunciamenti «pro migranti» e rimasta agli annali per aver considerato non diffamatori sei articoli che definivano l'ex premier Berlusconi «delinquente, terrorista, malavitoso». Secondo quanto ci riferiscono gli stessi poliziotti, inoltre, le già limitate riammissioni dall'Italia sono rese ancor più difficoltose da una certa riluttanza slovena nel riprendersi i profughi. «Per accettarli ci chiedono prove documentali del fatto che fossero già passati sul loro territorio. Ma visto che non hanno quasi mai i documenti con sé, dobbiamo cercare scontrini, biglietti dell'autobus o pacchetti di sigarette per dimostrarlo. E a volte nemmeno questo basta», ci viene raccontato. Così i nostri uomini già messi alla prova dalla consistenza del fenomeno migratorio e dalla gestione del suo conseguente impatto si ritrovano a svolgere anche queste incombenze. E a evidenziare l'ulteriore paradosso, stavolta tutto interno all'Ue, è ancora il Sap di Trieste: «Perché a Lampedusa, che è luogo di primo ingresso in Europa, i nostri colleghi devono espletare le pratiche di riconoscimento, mentre questo non sempre avviene in Croazia? E perché i profughi della rotta balcanica chiedono lo status di rifugiati in Italia, che su quel fronte non è la prima nazione dell'area Schengen?».

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