Tre super tecnici per sostituire Fitto? Giallo Salvini che diserta il Cdm-lampo,
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ipotesi Cassese, Cingolani e Terzi per il rimpastino. Santanchè via? C’è Moratti
Aldo Torchiaro 30.11. 2024 alle 08:38 ilriformista.it lettura4’
L’agenda istituzionale ieri ha subìto scossoni imprevisti. A Palazzo Chigi il Consiglio dei ministri è stato differito prima di mezz’ora, poi di un’ora e mezza. Insolito. Alla fine si è tenuto un Cdm-lampo durato un quarto d’ora. Ma è bastato per approvare un decreto di grande peso come quello sulla Giustizia, mentre le attese norme sulla cybersicurezza, già slittate due volte, sono state posticipate ancora «per un approfondimento tecnico necessario». Ohibò. Se la mattina, fino alle 12, ne era prevista la discussione, di quale ulteriore, ennesima precisazione si sono accorti i tecnici del legislativo della Presidenza del Consiglio?
C’è anche stato, nel mentre, il giallo di Matteo Salvini. Il vicepresidente del Consiglio e ministro dei Trasporti era atteso, naturalmente, a Palazzo Chigi. Ma all’ultimo minuto ha fatto sapere di non partecipare ai lavori: è partito per Milano per non meglio precisate «ragioni personali». Nella parte approvata da questo singolare Cdm troviamo la proroga del termine per le elezioni dei Consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione. Le «misure urgenti in materia di giustizia» avrebbero potuto essere più consistenti, inserendo le attese – e da molti, auspicate – linee-guida per la separazione delle carriere.
Per Giorgia Meloni, alle prese con la crisi di nervi degli alleati di coalizione, la mediazione richiede doti di straordinaria pazienza. «Ricuciamo, tessiamo e ricuciamo», si è lasciato sfuggire il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro ieri. C’è da ricucire parecchio, a quanto pare, e da tessere la maglia per l’inverno di una maggioranza che si fa sempre più litigiosa. Maurizio Lupi, che ieri ha aperto la due giorni di Noi Moderati a Roma, avverte: «Tutte le maggioranze sono cadute per implosione, per problemi interni, mai a causa delle opposizioni». E se quello di ieri era l’ultimo Cdm con il ministro Raffaele Fitto, che Meloni ha ringraziato e applaudito per il nuovo incarico europeo, la sua sostituzione non sarà facile, né scontata. Prende piede – su tutte – l’ipotesi dello spacchettamento del suo ministero. Lo stesso portavoce di Forza Italia, Nevi, lo aveva detto al Riformista: «Vanno ridefinite le deleghe». Dopo Fitto, non ci sarà un altro Fitto. Affari europei, Affari regionali e Pnrr non staranno più sotto lo stesso cappello.
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La premier deve valutare un insieme di elementi, non ultima la spada di Damocle che la Procura di Milano tiene sospesa su Daniela Santanchè. Il calendario delle decisioni giudiziarie collima con quello della politica. Se Santanchè fosse rinviata a giudizio, la premier Meloni potrebbe chiederle di fare il passo indietro. Lei non ci sta e lo fa sapere. Ma alla fine deciderà la presidente del Consiglio. A Meloni serve un salto di qualità: deve entrare nel terzo anno di governo con una squadra rinnovata che al contempo certifichi la continuità istituzionale. Tra le voci, anche quella della chiamata di tecnici super partes, sui cui nomi c’è il massimo riserbo. Si parla di un tecnico di straordinaria carriera diplomatica come l’ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, ma anche di un giurista del calibro di Sabino Cassese per gli Affari regionali e si torna a fare il nome di Roberto Cingolani per l’attuazione del Pnrr.
Tre nomi di peso, tre super tecnici che farebbero del governo Meloni l’invidia d’Europa. Tutto da vedere, ma se il colpaccio dei tre super tecnici riuscissse il segnale – anche per gli alleati – sarebbe forte. I tre passi avanti per l’esecutivo Meloni corrisponderebbero a tre passi indietro per i partiti della coalizione. Ma quelle del totonomi rimangono carte coperte. I profili ricercati devono corrispondere a una attenta selezione. E i partiti premono perché dal tavolo del rimpastino possano uscire tutti soddisfatti. C’è poi l’ipotesi Letizia Moratti, che molti considerano “sprecata” in un ruolo non proprio di primo piano in Europa: l’ex sindaca di Milano, fautrice dell’Expo 2016, potrebbe avvicendare Santanchè. Se Forza Italia occupasse quella casella – affidarla alla Moratti sarebbe molto gradito anche da Tajani – il Pnrr e gli Affari regionali potrebbero allora tornare sotto l’ala di FdI. Anche riallocando le deleghe tra più ministri. In pole position c’è Nello Musumeci, ministro per il Sud che potrebbe prendere le politiche di Coesione, mentre le competenze degli Affari europei potrebbero andare alla Farnesina, mettendole in capo a un viceministro di peso come Edmondo Cirielli. II Pnrr, con i fondi in massima parte già allocati o in via di perfezionamento, potrebbe andare in dote alla Lega con il sottosegretario Freni oppure assunto con l’interim dalla presidente del Consiglio, che se ne occuperebbe con il tramite dei sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari.
Ancora fermo un turno Luca Zaia, che qualche voce accredita in arrivo a Roma, ma alla presidenza del Coni. Perché per accettare di stare fermi un giro, arrivato a poter toccare da vicino l’avvicendamento a Salvini, bisogna saperla prendere sportivamente.
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