Sui giornali La destra ha bisogno del nemico anche nel momento del trionfo
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Una furbizia tattica legata forse anche alla consapevolezza di quali siano i sentimenti di una parte almeno del proprio elettorato,
Francesco Cundari, 9.1.2025 linkiesta.it lettura2’
scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
Lapresse
Oggi è il giorno dell’esultanza per la liberazione di Cecilia Sala, e tutti i giornali, le tv, i siti internet vi prendono giustamente parte, ciascuno a suo modo. Si va dall’incipit mistico di Antonio Polito sul Corriere della sera («Anche chi non crede nei miracoli deve ammettere che il governo di Giorgia Meloni, la nostra diplomazia e i nostri apparati di sicurezza ne hanno appena compiuto uno…») alla vera e propria estasi politico-religiosa della prima pagina del Riformista (una grande emme composta delle foto di Giorgia Meloni in vari incontri internazionali che sormonta le parole: «La figlia del secolo. Cecilia Sala torna in Italia dopo il blitz da Trump, ennesimo successo internazionale di Meloni»). Per il resto, i giornali di sinistra presentano tutti titoli ugualmente esultanti, i giornali di destra offrono tutti una qualche variazione sul tema «La vittoria di Meloni e la sinistra rosica» (il Tempo), «Trionfo della Meloni, sinistra sotto un treno» (Libero), «Riportata a casa, rimessi a cuccia», con foto di Sala da un lato e dei leader della sinistra dall’altro (La Verità).
Si tratta di una reazione piuttosto curiosa, considerato il coro di giubilo e il profluvio di riconoscimenti alla presidente del Consiglio di cui traboccano i giornali di sinistra (come tutti gli altri). Una reazione curiosa ma anche ricorrente, ormai da qualche tempo, di cui si possono dare diverse spiegazioni.
La prima è una sorta di subalternità psicologica, nascosta dietro l’accanimento, dietro questo irrefrenabile desiderio di maramaldeggiare sull’avversario, tanto più incomprensibile nel momento del più completo trionfo, quando è lo stesso avversario ad applaudirti (altra questione, di cui si occupa Mario Lavia, è quanto poi questo trionfo sia davvero completo, senza ombre e senza conseguenze). La seconda è forse una specie di furbizia tattica, legata alla consapevolezza di come almeno una parte del proprio elettorato, in questo come in tanti altri casi in cui Meloni è stata lodata per capacità e responsabilità dimostrate, soprattutto in politica internazionale, sia in realtà su posizioni ben diverse. Additargli «la sinistra che rosica» e infierire su avversari plaudenti sarebbe dunque il modo più efficace di indorargli la pillola, allontanando il sospetto di un tradimento che proprio quel coro di elogi, invece, rischia di alimentare.