Dati per vincere. Il mondo scivola verso il tecnofascismo, ma l’opposizione si balocca con i soliti slogan
- Dettagli
- Categoria: Italia
Le critiche tradizionali al governo su salari, pensioni e rincari energetici sono temi validi, ma insufficienti di fronte alla trasformazione globale in atto.
Mario Lavia 10-1-2025 linkiesta.it lettura2’
La sinistra e il centrosinistra continueranno con i minuetti su campi larghi e federatori, perdendo il solito appuntamento con la storia?
Il clima di unità nazionale per la liberazione di Cecilia Sala è evaporato il giorno dopo, cioè ieri. Il clima politico è già tornato a surriscaldarsi e non c’è ragione di credere che non sia destinato a divampare, e pertanto è facilmente ipotizzabile che il 2025 sarà un anno politicamente durissimo, complice il fatto che nei prossimi mesi si terranno diverse elezioni regionali e che nessuno può escludere che si vada al voto politico l’anno successivo.
L’aria è di nuovo pesante, come si è visto nelle parole e nell’atteggiamento aggressivo di Giorgia Meloni alla conferenza stampa d’inizio anno: da lei non un briciolo di dialogo e neppure di rispetto o di attenzione per le opposizioni. Le quali, da Elly Schlein a Matteo Renzi a Carlo Calenda, hanno a loro volta commentato molto negativamente i discorsi della presidente del Consiglio. Le solite polemiche: la sanità e il salario minimo per Schlein; la norma anti-Renzi per il diretto interessato; più in tema Calenda sulle (pessime) risposte di Meloni su Elon Musk.
Il problema delle opposizioni è che si sono svegliate in questo inizio anno in un mondo nuovo, la cui grammatica è sciorinata da Donald Trump insieme al fido Elon Musk. Qui sta cambiando tutto in un volgere di un tempo troppo breve per una sinistra da sempre lenta ad afferrare i cruciali passaggi storici come quello che stiamo vivendo. O la sinistra e il centrosinistra riescono a dare una loro autonoma lettura della colossale trasformazione che sta avvenendo nella politica internazionale con l’inedito sviluppo delle tecnologie e dei suoi usi, oppure perderà l’appuntamento con la storia. Insomma, il mitico programma e le parole d’ordine tradizionali non reggono più.
Ecco come Arturo Scotto, esponente vicino a Schlein, ha commentato la conferenza stampa della presidente del Consiglio: «Nulla su salari, nulla su pensioni, nulla su rincari energetici. Tutti guardano il dito, ma la luna dice che nel 2025 Meloni non ha uno straccio di idea sulla questione sociale che attraversa il paese. E il popolo italiano non campa soltanto dei salamelecchi con Trump e Musk».
Ora, è ovvio che parlare delle liste d’attesa non è sbagliato. Ma qui in gioco c’è qualcosa di molto più gigantesco: il rischio di un ordine mondiale che scardina il concetto stesso di democrazia. Se un miliardario può influire sugli eventi con i dati in suo possesso e una inusitata capacità di manipolazione del consenso, la democrazia così come la conosciamo è finita.
Tutto questo cambia l’agenda politica mondiale. E cambia anche la nozione stessa di atlantismo: che significa, in purezza, difesa della democrazia e della società aperta quando a guidare gli Stati Uniti c’è un democratico, ivi compresi i repubblicani classici, ma intende un’altra cosa se alla Casa Bianca c’è un gruppo di miliardari reazionari che muove alla conquista di pezzi di mondo spartendolo con Vladimir Putin e Xi Jinping in una tragica riedizione delle lotte ottocentesche tra Asburgo, Borboni e Romanoff, in cui al posto delle fanterie e dei cannoni si usano i dati e la manipolazione delle coscienze.
Se il governo italiano si metterà in questa scia, come sembra dalle parti di Roma-a-Lago, le opposizioni dovranno essere all’altezza della sfida non limitandosi a balbettare slogan buoni per i talk show. Insomma, è il trumpismo, con il suo codazzo internazionale di fascisti di nuovo conio, che sta dettando la linea. La sinistra e il centrosinistra invece ragionano e parlano come se fossimo negli anni Settanta: più soldi ai lavoratori – che va bene, figuriamoci – con i cattolici democratici che chiedono più spazio, gli stessi riformisti attardati in polemiche novecentesche o in schemi politicisti o peggio ancora in ripicche personalistiche.
Così, dalla stagione del populismo si potrebbe passare direttamente a una forma inedita di tecno-fascismo, e in fondo sarebbe una drammatica replica del copione novecentesco. Ne discuteranno, le opposizioni? Aggiornerà le sue letture, il Pd? O si continuerà con i minuetti su campi larghi e federatori, mentre il mondo brucia? Questo è l’esame di coscienza che i dirigenti del centrosinistra devono fare se non vogliono finire come quelli evocati trent’anni fa da Nanni Moretti, quelli con cui «non vinceremo mai».