SALVINI, UN UOMO SOLO ALLO SBANDO! BUFERA SUL MINISTRO DOPO IL CAOS DEI TRENI:
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DA FDI E FORZA ITALIA NESSUNA MOSSA PER DIFENDERE IL VICEPREMIER DALLE ACCUSE DELL’OPPOSIZIONE.
12.5.2024 dagospia.com lettura4’
PER MELONI, CHE LO HA STRONCATO SUL RIMPASTO, IL CAPITONE CONTA MENO DEL DUE DI BRISCOLA - GLI ALLEATI GLI IMPUTANO “UNA CERTA DISTRAZIONE MINISTERIALE", "I FASCICOLI INEVASI SONO TANTI”, E VANNO DALLE CONCESSIONI AUTOSTRADALI AI PORTI. LE CONTESTAZIONI RIGUARDANO SOPRATTUTTO UNA “PERSONALIZZAZIONE” DEL MINISTERO DI CUI SI SCORGE TRACCIA ANCHE NELL’IMMINENTE TORNATA DI NOMINE AI VERTICI DI RFI CON LA SOSTITUZIONE DI STRISCIUGLIO CON L’AD DI ANAS ALDO ISI - SALVINI SI DIFENDE DALLE ACCUSE CHIAMANDO IN CAUSA LA SFIGA E I LAVORI PER IL PNRR… -
Francesco Malfetano per la Stampa - Estratti
«Se Milano brucia e Roma tace non è mai casuale». Matteo Salvini, ieri, è stato a lungo un uomo solo. Mentre lo Stivale è impazzito assieme alla linea elettrica della rete ferroviaria italiana, dal centrodestra non si è levata alcuna voce a suo sostegno. A fare da scudo al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti dagli attacchi dell’opposizione e dalle rimostranze degli utenti bloccati nelle stazioni da ritardi lunghi ben oltre l’umana sopportazione, si è levata solo la voce delle truppe leghiste, adeguatamente sollecitata dal tam-tam delle chat del Carroccio.
Nell’ora più buia dal fronte alleato non è arrivato neanche un elmetto. Anzi. A sollecitare un po’ Fratelli d’Italia e forzisti, dietro le lenti da spettatori distaccati si scorge il cipiglio attento di chi sente l’odore del sangue. «In quel ministero non ci sono nostri esponenti» spiega a taccuini chiusi uno dei colonnelli meloniani, malignando sulla possibilità che non fosse poi «una circostanza così fortuita» la scelta della presidente del Consiglio di non riempire in fretta il seggio lasciato vacante dall’uscita dell’ex viceministro Galeazzo Bignami, ormai da un mese nominato capogruppo FdI alla Camera dei deputati.
(...) Chi segue da vicino la partita per conto degli alleati gli imputa una «certa distrazione» ministeriale dettata dai tanti impegni politici. Conciliare l’attività da titolare dei Trasporti con quella da vicepremier e, soprattutto, da leader di un partito che pare sull’orlo della crisi di nervi non è un gioco da ragazzi.
«I fascicoli inevasi sono tanti» aggiunge un’altra fonte ai vertici della maggioranza, e vanno dalle concessioni autostradali alla riforma dei porti e del sistema autostradale. Nessuno, insomma, condivide il messaggio del Mit che «spiega i fatti delle ultime ore» come dovuti ad un’Italia «con una grave carenza di infrastrutture» motivata da «decenni di disinteresse, mancati investimenti e no ideologici».
Da FdI e Forza Italia non c’è possibilità che al Capitano sia calata una scialuppa per salvarlo dalle accuse dell’opposizione di aver «limitato un diritto costituzionale» o di essere troppo preso dal tentativo di sbarcare al Viminale. Neanche una più modesta ciambella. Si rimarca, al contrario, la sua indisponibilità a farsi aiutare. Le contestazioni riguardano soprattutto una supposta «personalizzazione» del Mit, di cui si scorgerebbe qualche traccia anche nell’imminente tornata di nomine.
Tra gli azzurri, ad esempio, c’è chi legge «un’ammissione di colpa» nell’ormai annunciata sostituzione di Giuseppe Strisciuglio, attuale ad di Rfi. Alla società che gestisce le reti ferroviarie italiane - quella cioè a cui parrebbero ascrivibili le responsabilità dei fatti di ieri, come quelle del celebre chiodo che ha paralizzato il Paese a ottobre scorso – era arrivato a metà 2023, su indicazione precisa dello stesso Salvini. Salvo rimescolamenti dell’ultima ora, entro fine mese Strisciuglio saluterà per passare al vertice di Trenitalia, lasciando che a prendere le redini dell’azienda che gestisce una fetta molto ampia di Pnrr sia Aldo Isi, attuale amministratore delegato di Anas su indicazione draghiana.
È solo una piccola parte del risiko delle poltrone che andrà in scena a giorni, ma per i detrattori-alleati del Capitano è sintomo evidente del fatto che il leghista «non gode di buona salute», politica ovviamente.
«Chi cambia un ad di un’azienda pubblica quando c’è ancora così poco tempo per spendere i soldi del Pnrr?» ci si interroga anche a via della Scrofa, con la certezza che un passaggio di questo tipo provocherà «ulteriori ritardi» nella messa a terra del Recovery. Porta Pia, insomma, è quasi sotto assedio. Una sensazione che Salvini avverte da un po’, al punto da circondarsi di fedelissimi e “barricarsi”. Per dire, a luglio è approdato a Ferrovie Giuseppe Inchingolo, a lungo tra i burattinai della “Bestia” che fece grande il Capitano.
SALVINI E LA RECIDIVA SUI TRENI - VIGNETTA BY ROLLI - IL GIORNALONE - LA STAMPA
Marco Cremonesi per Corriere.it - Estratti
Il buongiorno si vede dal mattino, proprio come le giornatacce. Il cellulare di Matteo Salvini comincia a ronzare pochissimi minuti dopo le 7 del mattino. Il disastro, a quell’ora, non è ancora conclamato: il pantografo di un primo treno ad alta velocità ha già danneggiato la linea aerea che fornisce l’energia a tutta la tratta.
Il rischio per la circolazione, però, è già ben presente. Praticamente da subito. E quando un secondo treno completa il danno ai cavi sospesi, la mobilità ferroviaria è compromessa. Da Nord a Sud e per lunghissime ore. Complice anche «l’imbuto di Firenze» che non consente di smaltire i ritardi con la velocità necessaria. E «proprio per questo — sottolineano persone vicine al ministro — è stato aperto un cantiere 2.7 miliardi».
Alla fine, Salvini condivide con i suoi un’analisi sintetica che si può riassumere così: «La rete è fragile, il Pnrr ha imposto tappe forzate» e soprattutto ha giocato un ruolo decisivo il «nemico invincibile», la jella. Che in realtà il ministro dei Trasporti con i suoi ha indicato con la parola ben più comune: «Sfiga».
Commenti
Storia di Lorenzo Costantino • msn.com 12.1.2025
Dibattito acceso sulla gestione di Matteo Salvini ai ministeri dell’Interno e dei Trasporti, con critiche di Marco Travaglio e difese da Italo Bocchino.
La frase di Meloni e la reazione degli ospiti
Nella puntata di Accordi&Disaccordi sul Nove, condotta da Luca Sommi, si è discusso delle parole di Giorgia Meloni, che durante la conferenza stampa di inizio anno aveva definito Matteo Salvini un “ottimo ministro dell’Interno e dei Trasporti”. Una dichiarazione che ha scatenato le risate di Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, e dell’ex sindaca di Torino Chiara Appendino.
“La giornata nera per i treni rende queste parole fuori fuoco,” ha osservato Sommi, introducendo il tema. Travaglio, riprendendo le sue critiche al leader della Lega, ha attaccato: “Salvini non è un ottimo ministro di niente, è un politicante. È stato un bravo segretario della Lega per un paio di anni, quando l’ha portata dal 4% al 34% delle Europee. Poi, chi parla tanto e combina poco finisce per avere il fiato corto.”
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