Referendum giustizia, Pigi Battista: “Battere i vecchi intrecci, ho visto cronisti giudiziari arrivare con faldoni
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giganteschi, più voluminosi di Guerra e pace” "Dire che siano tutti sul “orlo del fascismo” è inconcepibile"
Aldo Torchiaro" 5 Novembre 2025 alle 11:10 ilriformista.it
Già vicedirettore del Corriere della Sera, garantista doc e liberale puro, Pierluigi Battista è stato editorialista di punta nel dibattito pubblico italiano. Ha aderito da co-fondatore al Comitato Si Riforma. «Mi sembra una battaglia civile, anche di insofferenza verso il cumulo di bugie, insinuazioni e mala fede che già si manifestano nei primi vagiti della campagna per il No. Si usano argomenti opposti senza coerenza, riducendo tutto ad arma di propaganda. Non puoi dire insieme che “non cambia nulla” perché la separazione delle carriere esisterebbe già e, nello stesso tempo, che saremmo a una sterzata autoritaria, l’anticamera del fascismo. Bisogna decidersi».
Chi sostiene che la riforma sia “autoritaria” sbaglia il bersaglio?
«È un’obiezione pretestuosa. La riforma ci allinea ai paesi democratici, altro che deriva. Il principio della separazione tra chi giudica e chi esercita l’accusa vale in Germania, Spagna, Gran Bretagna, Olanda, Stati Uniti, fino alla Nuova Zelanda. Dire che siano tutti sul “orlo del fascismo” è inconcepibile».
Aggiungerei una battuta: la separazione più difficile è tra le carriere dei magistrati e quelle di certi giornalisti…
«Perché l’intreccio è radicato. In oltre trent’anni di lavoro nei giornali, dal 1992 in poi, ho visto cronisti giudiziari arrivare con faldoni giganteschi, più voluminosi di Guerra e pace, pieni di intercettazioni—anche a strascico—che coinvolgevano persone neppure indagate. Le carte spesso arrivavano con post-it sulle “parti principali”. Chi li metteva quei post-it? Naturalmente non ho prove, ma è curioso pensare che li preparasse qualcuno estraneo alla catena. È questa la libertà di stampa? È difesa dell’indipendenza dell’informazione? È un’abitudine deleteria».
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Nel pantheon dei garantisti lei richiama Vassalli, Viviani, Barbera. Cosa contesta al fronte del No?
«Colpisce che persone intellettualmente oneste, anche a sinistra, ricordino come questa sia una battaglia storica del garantismo, non di una parte sola. Parlare di “pericolo fascista” davanti alla figura di Giuliano Vassalli—partigiano, che aiutò Saragat e Pertini a fuggire da Regina Coeli, torturato a via Tasso—è assurdo. Agostino Viviani, nonno di Elly Schlein, socialista, fu sostenitore di questa causa. La Bicamerale con Berlusconi? Tra i promotori c’era Augusto Barbera, oggi presidente della Corte costituzionale, insieme a riformisti dell’area PD e ai radicali. Ridurre tutto a schema pro/contro governo è un travisamento».
Vede una sproporzione di potere tra ANM e partiti nella battaglia pubblica?
«Sì. Ormai la contesa è tra l’Associazione nazionale magistrati—un sindacato—e il resto del sistema.L’ANM dispone perfino della sede nel “Palazzaccio”, presso la Cassazione: tutto lecito, ma il confine tra istituzione e associazione si confonde. I partiti stanno in coda: la politicizzazione della magistratura coincide con la subordinazione della politica, che ha abdicato al proprio ruolo».
Nel centrosinistra c’è incertezza: che giudizio dà di quelle posizioni altalenanti?
«Le ragioni del Sì aggregano larghe componenti della società civile; il No si accoda spesso alle posizioni dell’ANM e di segmenti della sinistra. Vedo esitazioni, tra cui quella di Renzi che mi stupisce: calpestare un principio che è stato una bandiera, solo per “dare una spallata” al governo, finisce negli annali dell’ipocrisia politica. Delude, perché i partiti si fanno burattini nelle mani dei burattinai: l’Associazione nazionale magistrati».
Comunicazione del Sì: cosa evitare e cosa fare?
«Personalizzare è un errore. Ho trovato inopportuna la manifestazione con la gigantografia di Berlusconi. I referendum aggregano consensi e dissensi: Berlusconi è stato popolare e osteggiato, tirarlo fuori non è il massimo dell’intelligenza politica. Non va “cancellato”, ma non si può intestare la battaglia come “il suo sogno realizzato”. Questa riforma appartiene anche a Vassalli, a Gian Domenico Pisapia, ai radicali, a Giovanni Falcone. Augusto Barbera—ministro per pochi giorni nel PDS nel governo Ciampi—è persona intellettualmente onesta; lo stesso Di Pietro fu alleato organico del PD nel 2008. Il Sì deve parlare a un mondo più ampio delle appartenenze».


