Vocazione proPal. L’attacco a Delrio sull’antisemitismo è l’ennesima miseria per regolare i conti nel Pd
- Dettagli
- Categoria: Italia
La proposta di legge presentata al Senato per rendere più facile la rimozione dei contenuti d’odio
Mario Lavia 5.12.2025 linkiesta it. Lettura3’
è stata criticata dal gruppo dirigente di Schlein, ma in realtà è un pretesto per mostrare i muscoli all’area riformista
Un modo obliquo per attaccare i riformisti del Pd, ormai perennemente nel mirino, è venuto ieri alla luce con gli anatemi contro la proposta di legge Delrio di contrasto all’antisemitismo. I ProPal di sinistra, evaporate le proteste su Gaza, arrotolati gli striscioni, conclusi gli scioperi landiniani, sono usciti dal letargo. E hanno trovato sponde nel gruppo dirigente del Pd.
Il capogruppo Francesco Boccia ha preso le distanze dalla proposta di legge presentata al Senato da Graziano Delrio e firmata tra gli altri da Pierferdinando Casini, Simona Malpezzi, Filippo Sensi, Walter Verini, Sandra Zampa, Andrea Martella che segue quelle di altri gruppi sulle misure da adottare per combattere l’antisemitismo che dilaga, per esempio sulla Rete e che è alla base di atti vergognosi non solo contro il popolo ebraico ma contro la civiltà democratica. Apriti cielo.
«Non rappresenta la posizione del gruppo né quella del partito», ha sentenziato Boccia, che da un po’ di tempo ha a che fare con un gruppo abbastanza vivace. Boccia ha prima chiesto a Delrio di ritirare la proposta di legge e poi, dopo il suo rifiuto, ha ottenuto che Andrea Martella, Valeria Valente e Antonio Nicita togliessero le loro firme. Non una bella scena, dietro le quinte.
L’accusa che è stata rivolta dal Manifesto con un pezzo di Roberto Della Seta al mite Delrio è di voler equiparare l’antisemitismo alle critiche a Israele e al suo governo, come se lui non fosse un severissimo critico di Netanyahu: sono critiche esterne al Pd che si sposano con un orientamento ProPal ben presente nel partito.
«Il disegno di legge – premette il testo – si pone l’obiettivo di adattare la disciplina vigente in ambito digitale e formativo, recando misure volte a prevenire e contrastare le nuove forme di antisemitismo nonché a rafforzare efficacemente l’attuazione della “Strategia nazionale per la lotta contro l’antisemitismo” elaborata nel quadro di quella europea dal Coordinatore nazionale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri» e a questo fine si rifà «alla definizione operativa di antisemitismo approvata dall’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA)».
Nulla che non sia già agli atti, per così dire. Naturalmente si dà mandato al Governo di varare provvedimenti per l’attuazione della norma.
Quello che colpisce è la virulenza di certi attacchi alla proposta di legge. Laura Boldrini nella chat 25 aprile non ha esitato a fare girare il durissimo articolo di Della Seta. Commenta Pina Picierno: «Il testo non sanziona nessuno e non limita il dibattito, anzi, invita le università a essere luoghi di confronto libero; rende più efficace la rimozione di contenuti razzisti e d’odio già prevista dal Digital Service Act; richiama la definizione IHRA assunta dal Parlamento europeo e dal governo Conte nel 2020».
Si è criticato il fatto che la proposta interverrebbe sul libero insegnamento nelle università (laddove cioè le infamie antisemite hanno particolare corso), ma Simona Malpezzi ribatte che «nessun “controllore” viene inserito: semplicemente di tratta di una figura che, nell’ambito dei meccanismi già esistenti e previsti, consenta l’esercizio delle libertà democratiche e che gli ebrei non debbano nascondersi».
Ma il punto non è la legge. Il punto è il Pd. Dal 7 ottobre in poi la faglia interna si è allargata: da una parte chi vede solo la Palestina, dall’altra chi prova a tenere insieme il diritto dei palestinesi e quello d’Israele a non sparire sotto i colpi del terrorismo islamista. Quando Piero Fassino, parlando alla Knesset, si azzarda a dire che Israele è una democrazia – un’ovvietà in qualunque manuale di scienze politiche – il responsabile Esteri Peppe Provenzano lo fulmina: non parla a nome del partito, dice, e ricorda che il Pd denuncia le derive del governo israeliano e i crimini a Gaza. Come se Fassino avesse fatto un elogio alla destra israeliana e non semplicemente notato che le istituzioni democratiche, nonostante tutto, lì esistono ancora. Questo mentre dal Nazareno continua a non levarsi una voce chiara contro Francesca Albanese e la sua frase sul “monito ai giornalisti” dopo l’assalto squadristico alla redazione della Stampa.
In conclusione, l’attacco a Delrio e i consensi che trova nel gruppo dirigente è un altro capitolo in cui vengono fuori i due Pd, così come accade sull’attacco imperialista della Russia all’Ucraina. Tutto questo succede alla vigilia dell’Assemblea nazionale del 14, lo “Schlein day”, dove non ci sarà – malgrado le voci – alcuna riscrittura dello statuto per blindare il ruolo della segretaria nelle primarie. Qualche ordine del giorno di circostanza, qualche acclamazione prevedibile. Ma il clima resta quello di una comunità nervosa, divisa, pronta a litigare su ogni parola. Un partito che non pare avere la capacità di discutere senza sbranarsi, e che affronta l’antisemitismo, una delle questioni più serie del nostro tempo, come un’altra occasione per mostrare muscoli e regolare i conti



Commenti
Zampa: “Non ritiro la mia firma dal ddl Delrio. Scioccata da Boccia: il Pd come Mélenchon su Israele”
La deputata Pd ed ex portavoce di Romano Prodi difende la proposta di legge sull'antisemitismo disconosciuta dal capogruppo dem al Senato: "Sta accadendo qualcosa di più di un problema su un ddl: sta passando l'idea che non si può più parlare di Israele e antisemitismo. O c'è codardia o è un cedimento culturale gravissimo" estratto ilfoglio.it Gianluca De Rosa
RSS feed dei commenti di questo post.