L’unica Costituzione che ANM ha nel cuore è quella ante-riforma dell’art. 111 e la riforma Vassalli
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del processo penale (1988), cioè l’epocale passaggio dal modello inquisitorio a quello accusatorio
8.12.2025 Giandomenico Caiazza alle 13:14 ilriformist.it lett2’
La riforma Vassalli del processo penale (1988), cioè l’epocale passaggio dal modello inquisitorio a quello accusatorio, è stata dal primo giorno avversata dalla magistratura italiana. Questa storia della parità processuale tra accusa e difesa, e del giudice non solo “imparziale”, ma anche “terzo”, non è mai piaciuta. È diffuso tra le toghe lo struggente rimpianto per quella tossica commistione tra inquirente e giudice, quella esaltata “cultura della giurisdizione” che li vorrebbe accomunati, secondo la quale cioè il PM sarebbe già il primo giudice della fondatezza dell’accusa che egli stesso, insieme alla polizia giudiziaria, sta laboriosamente costruendo. Perciò oggi, di fronte alla riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario oggetto dello scontro referendario, sentiamo ammonirci: “State costruendo un mostro”, cioè il PM isolato e deprivato – appunto – della leggendaria “cultura della giurisdizione”, che altro non è che la vulgata elegante, appunto, del rimpianto modello inquisitorio.
La parte pubblica – quante volte ce lo sentiamo ripetere – persegue la “Verità”, mentre il difensore difende gli interessi privati dell’imputato; così grossolanamente (o furbescamente, scegliete voi) confondendo la diversità dei ruoli con il diritto alla parità degli strumenti processuali nella formazione della prova davanti al giudice terzo. La parità delle parti, mi ha obiettato in un confronto televisivo il Prof. Grosso, presidente del Comitato per il NO di ANM, nonché ordinario – si badi – di diritto costituzionale, “è una caricatura”. Con queste premesse, Voi comprendete bene come la riforma costituzionale del 1999, che inserì addirittura in Costituzione – a larghissima e trasversale maggioranza parlamentare – i princìpi del modello processuale accusatorio, sia percepito dai pertinaci nostalgici del modello processuale (e quindi ordinamentale) fascista come il fumo negli occhi. Ed allora, per porre rimedio a questa sciagura, si sceglie la strada della invisibilità del nuovo articolo 111.
Occorre ragionare, con il supporto di un po’ di costituzionalisti di complemento, come se quella riforma del 1999, semplicemente, non fosse mai esistita, riducendola a null’altro che ad una accorata manifestazione di generico impegno, una specie di afflato costituzionale: sia il giudice quanto più possibile imparziale, il diritto di difesa sia per quanto possibile garantito; ma il PM “parte imparziale” quello no, quello non si tocca. Solo questo spiega come si possa sostenere decentemente che questa riforma della separazione delle carriere sia “incostituzionale” (così va ripetendo in giro, imperterrita, una professoressa anch’essa di diritto costituzionale (!!), della quale ANM si è ovviamente invaghita, sicché la invita alle proprie manifestazioni referendarie ad ogni piè sospinto). L’unica Costituzione che ANM ha nel cuore è quella ante-riforma dell’art. 111, allo stesso modo in cui si pensò immediatamente di avversare la riforma Vassalli, subissandola di interpretazioni giurisprudenziali tutte protese ad allontanarla dallo schema del processo accusatorio che l’aveva ispirata.
Ecco perché abbiamo dedicato questo numero di PQM a rievocare la storia e la ratio di quella riforma del 1999, nata sotto il governo D’Alema, con un Ministro di Giustizia parlamentare di Rifondazione comunista, e votata praticamente dal Parlamento unanime. Non vi pare, a tal proposito, che la sinistra odierna dovrebbe almeno riflettere sulla scelta di campo in questa contesa referendaria? Un Paese che consacra addirittura in Costituzione il modello processuale accusatorio, che fissa cioè in Costituzione il principio della parità processuale tra le parti e della terzietà (oltre che imparzialità) del giudice, deve adeguare per conseguenza il proprio ordinamento giudiziario, come d’altronde avviene in tutto il resto del mondo. Sempre che, naturalmente, quell’art. 111 non sia reso invisibile agli occhi dei cittadini elettori. Noi, nel nostro piccolo, ci adoperiamo perché questo non avvenga. Buona lettura.


